Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22500 del 27/10/2011
Cassazione civile sez. III, 27/10/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 27/10/2011), n.22500
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
L.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato SANTAGATI ANTONIO giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
FONDIARIA – SAI SPA (OMISSIS), (già SAI Assicuratrice
Industriale SPA) giusta fusione per incorporazione della Compagnia
“La Fondiaria Assicurazioni spa” nella SAI spa, n.q. di Impresa
Designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso lo studio
dell’avvocato PERILLI MARIA ANTONIETTA, che la rappresenta e difende
giusta mandato speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 215/2009 del TRIBUNALE di GELA del 31/03/09,
depositata il 19/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;
è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, Letti gli atti depositati, osserva:
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 10 giugno 2010 L.S. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 19 giugno 2009 dal Tribunale di Gela che, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace, aveva condannato la Fondiaria – Sai a corrispondergli rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma liquidatagli in primo grado, con compensazione delle spese del grado.
La Fondiaria – Sai ha resistito con controricorso.
2 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, D.M. 22 giugno 1982, art. 4, art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione per la errata conferma da parte del giudice di secondo grado della liquidazione globale forfettaria delle spese e compensi di primo grado in misura inferiore a quelle dovute.
Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 91 c.p.c. e vizio di motivazione per la omessa pronuncia, omesso esame e omessa liquidazione del rimborso spese generali del giudizio di primo grado, omesse dal primo giudice.
Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112 c.p.c. e vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia per la omessa pronuncia sulla chiesta liquidazione delle spese di C.T.P. Le tre censure sono connesse poichè attengono alla liquidazione delle spese e dei compensi relativi al giudizio di primo grado e, quindi, si prestano a trattazione congiunta.
Esse sono inammissibili, sia perchè presentano quesiti di diritto e motivi di sintesi incongrui e non idonei a soddisfare le finalità perseguite dall’art. 366 bis c.p.c., sia perchè il ricorrente, al fine di sfuggire alla sanzione di inammissibilità per novità della questione, aveva l’onere – non adempiuto – di dimostrare di avere sottoposto tali questioni all’esame del Tribunale con la formulazione di idonei e specifici motivi di appello.
Invece il ricorso si limita a riportare la richiesta, del tutto generica e conclusiva, ma non corredata dal necessario tessuto argomentativo, di “liquidare le spese, competenze onorari e il rimborso spese generali del giudizio di primo grado nella totalità e nella giusta misura, ponendo le spese di questo grado del procedimento a carico degli appellati” formula che si attaglia alle ipotesi in cui la sentenza di primo grado viene radicalmente riformata nel contenuto decisorio.
3. – Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 149 C.d.S., dell’art. 2043 c.c., dell’art. 2054 c.c., comma 2, dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e vizio di motivazione per la mancata applicazione della presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza.
Pur formalmente prospettata anche sotto il profilo della violazione di norme di diritto, la censura si articola su considerazioni che attengono al merito. Ne risente il quesito, che non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle numerose norme indicate.
4. – Il quinto motivo ipotizza violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112 c.p.c. e vizio di motivazione per la omessa liquidazione delle spese mediche sostenute e documentale con le ricevute prodotte nel fascicolo di primo grado.
La censura è riconnessa a norme (91 e 92 c.p.c.) che attengono alle spese processuali e non a quelle sostenute al di fuori del giudizio.
Il Tribunale ha affermato che agli atti non risultavano spese mediche documentate. Il ricorrente non ha rispettato, al riguardo, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e ha violato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008). Quesito finale e momento di sintesi non sono idonei.
5.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;
6.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011