Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22500 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 16/10/2020), n.22500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22650-2014 proposto da:

CM COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA SEVERINI N. 54,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che lo rappresenta

e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 1128/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato RIDOLFI per delega dell’Avvocato

TINELLI che si riporta agli atti.

 

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. La srl CM Costruzioni impugnava l’avviso rettifica della base imponibile e di liquidazione di maggiori imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale, su atto di acquisto di un terreno edificabile ed impugnava altresì, separatamente, il diniego di rimborso delle medesime imposte per la differenza tra quanto pagato e quanto riteneva fin dal principio avrebbe dovuto pagare, in misura fissa, in ragione della applicabilità dell’agevolazione di cui alla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5.

2. Nella controversia sul diniego di rimborso, la commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza 24 febbraio 2014, n. 1128, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda della contribuente con la motivazione per cui, essendo l’avviso di rettifica e di liquidazione delle maggiori imposte proporzionali ancora sub judice, “non poteva darsi corso al rimborso richiesto”.

3. La società contribuente ricorre per la cassazione della suddetta sentenza con tre motivi.

4. L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria di costituzione tardiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i tre motivi di ricorso, la contribuente, evocando diversi parametri normativi – D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 19 e 49, artt. 323 e 324 c.p.c., D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 51,52, 57, (primo motivo); artt. 295,323 e 324 c.p.c., D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1 e 39, art. 2909 c.c., (secondo motivo); art. 112 c.p.c., (terzo motivo) – lamenta che la commissione tributaria regionale abbia erroneamente ritenuto di condizionare il rimborso alla definizione della controversia inerente l’avviso di rettifica del valore del terreno e di liquidazione di maggiori imposte proporzionali.

2. Il ricorso è fondato. La commissione ha ravvisato un nesso di pregiudizialità tra la definizione della controversia relativa all’atto con cui l’Agenzia, sul presupposto che il terreno acquistato dalla ricorrente avesse un valore superiore al prezzo dichiarato, ha liquidato imposte proporzionali maggiori di quelle versate dalla contribuente, e la proponibilità non soltanto del ricorso avverso il diniego di rimborso delle somme versate dalla contribuente in più rispetto a quanto, a dire della medesima contribuente, dovuto in applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5, ma della domanda stessa di rimborso. Tale nesso di pregiudizialità non è ravvisabile. Dal punto di vista logico, ove sussistessero i presupposti per l’applicazione della cit. L. n. 168 del 1982, art. 5, e le imposte fossero dovute in misura fissa, perderebbe di rilevanza stabilire la correttezza o non correttezza della stima di maggior valore del terreno. Dal punto di vista giuridico, il richiamo fatto dalla commissione tributaria regionale alla sentenza di questa Corte n. 2272 del 2004 non è conferente dato che quest’ultima sentenza, resa in controversia su diniego di rimborso per il quale era stata presentata istanza dopo che era trascorso il termine per l’impugnazione dell’avviso di liquidazione, trova la propria ratio nell’esigenza di rispetto dei termini di impugnazione degli atti impositivi (come emerge chiaramente dalla massima che qui si riporta: “In tema di imposta di registro, l’esercizio del diritto al rimborso, nel termine previsto dalla norma transitoria contenuta nel D.P.R. 26 aprile 1981, n. 131, art. 79, comma 1, o, in generale, dal cit. D.P.R., art. 77, è condizionato alla mancanza di un atto impositivo o alla pendenza di una controversia sull’atto impositivo adottato (anche quando non sia possibile un versamento diretto dell’imposta e la quantificazione della stessa è rimessa ad apposito avviso di liquidazione, da emettersi in un momento successivo a quello della registrazione dell’atto, come avveniva, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, e art. 26, comma 8, per le deliberazioni societarie di emissione di prestiti obbligazionari), atteso che il processo tributario, nel sistema regolato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, (art. 16), e dalla successiva disciplina dettata dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, (art. 19), deve essere necessariamente introdotto attraverso un meccanismo impugnatorio di specifici atti impositivi o di riscossione – tra i quali è compreso l’avviso di liquidazione – essendo esclusa la possibilità di azioni di mero accertamento, onde, in difetto di rituale e tempestiva impugnazione, il rapporto tributario viene fissato, in modo definitivo e non più contestabile, dall’atto impositivo, salvo l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione finanziaria”).

3. Il ricorso merita quindi di essere accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata alla commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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