Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22499 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 28/06/2017, dep.27/09/2017),  n. 22499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22834-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA LUNG.RE A. DA

BRESCIA 9-10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA FIORETTI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 23/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RITENUTO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 98/26/2010, depositata il 23/6/2010, che ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto soggetta a imposta di registro in misura fissa la sentenza n. 11496/05 con cui il Tribunale di Milano, ai sensi della L. Fall., art. 67, ha dichiarato l’inefficacia di pagamenti eseguiti per Euro 2.426.730,00 in favore di Capitalia s.p.a., già Banca di Roma, con conseguente condanna dell’Ufficio a rimborsare alla Banca, la somma versata a titolo di imposta in misura proporzionale, nonchè accolto l’appello incidentale proposto dalla contribuente e disposto, in favore di quest’ultima, la condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio;

che UNICREDIT s.p.a., e per essa la mandataria UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, e dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, giacchè la CTR ha dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello dell’Ufficio senza minimamente considerare le deduzioni svolte nell’atto di gravame per contrastare la tesi della contribuente, fatta propria dal giudice di prime cure, ed il puntuale richiamo ai precedenti giurisprudenziali in forza dei quali la sentenza di revocatoria fallimentare, che impone alla Banca il pagamento al Fallimento (OMISSIS) di una considerevole somma di denaro, costituisce una pronuncia di condanna la quale sconta l’imposta di registro nella misura del 3%, trovando applicazione l’art. 8, lett. b), e non già l’art. 8, lett. e), della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, che riguarda invece gli atti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, i quali anche se portano ad una condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto sono soggetti a tassa fissa;

che con il secondo motivo deduce, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 67 e dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, giacchè la CTR ha dichiarato ammissibile, ed ha accolto, l’appello incidentale della contribuente nonostante la genericità dei motivi di gravame;

che con il terzo motivo deduce, violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la CTR, in accoglimento dell’appello incidentale della contribuente, ha condannato l’Ufficio all’integrale rifusione delle spese del giudizio, dal primo giudice integralmente compensate, senza considerare che, in caso di soccombenza reciproca, ipotesi qui sussistente avuto riguardo al parziale accoglimento del ricorso introduttivo, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese di lite tra le parti;

che il primo motivo è fondato e va accolto per le ragioni dí seguito esposte;

che la CTR non ha fatto corretta applicazione del principio, affermato da questa Corte, secondo cui, “In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’atto di appello che, limitandosi a riprodurre le argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, senza il minimo riferimento alle statuizioni di cui è chiesta la riforma, non contenga alcuna parte argomentativa che, mediante censura espressa e motivata, miri a contestare il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata” (Cass. n. 1461/2017);

che, infatti, “la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi le quali, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello, benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco (Cass. 6473/2002), per cui anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza” (Cass. n. 14908/2014);

che, com’è dato ricavare dalla mera lettura del gravame, riprodotto in maniera autosufficiente nel ricorso per cassazione, l’appellante Agenzia delle Entrate aveva contestato la motivazione della decisione della C.T.P., in larga parte favorevole alle prospettazioni della contribuente, non limitandosi a riprodurre le argomentazioni già espresse nel ricorso introduttivo in ordine alla legittimità dell’atto impositivo, ma contrastando “l’assunto espresso dalla Commissione tributaria provinciale, la quale afferma testualmente di non essere convinta di quanto espresso dalla Cassazione per avere ignorato gli effetti propri e sostanziali dell’azione revocatoria fallimentare che rende inopponibili alla massa determinati atti di disposizione fatti dal fallito ancora in bonis”, mediante il richiamo all’indirizzo giurisprudenziale, formatosi in tema di imposta di registro (Cass. n. 21160/2005, n. 4537/2009, n. 24954/2013), in forza del quale, l’art. 8, comma 1, lett. b), Parte Prima, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori, di per sè stessi, e non in quanto determinino il trasferimento di beni o la attribuzione di diritti, ricomprendendo trai suddetti provvedimenti la sentenza revocatoria fallimentare, che impone ad un istituto di credito di versare nelle casse del fallimento una somma di denaro, assoggettabile ad imposta proporzionale, in quanto recante la “condanna al pagamento” di tale somma e non una mera dichiarazione di inefficacia nei confronti dei creditori dell’atto pregiudizievole (pagamento effettuato dal fallito mentre era ancora in bonis);

che, l’accoglimento del primo motivo di doglianza rende vano l’esame delle ulteriori censure, per cui la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa, per nuovo esame, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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