Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22499 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 16/10/2020), n.22499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22542-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERIGO II

33, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DAMASCELLI, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 787/2014 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 01/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CHIAPPINIELLO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE BONIS per delega orale

dell’Avvocato DAMASCELLI che si riporta agli atti.

 

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. In controversia relativa alla legittimità di un avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 421, per il recupero di crediti di imposta per investimenti in agricoltura, di cui al D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 11, conv. con L. 8 agosto 2002, n. 178, utilizzati da parte di F.L. negli anni 2003-2006, in misura, secondo l’Agenzia, maggiore di quella consentita ed anche, in parte, a fronte di debiti inesistenti con conseguente creazione di un diritto al rimborso da far valere oltre i termini di utilizzo dei crediti stessi, la commissione tributaria regionale della Puglia, con sentenza 1 aprile 2014, n. 787, decidendo dell’appello dell’Agenzia contro la pronuncia di primo grado favorevole alla contribuente, dopo avere osservato che l’ufficio avrebbe potuto essere dichiarato decaduto dal potere impositivo ma che, “al fine di rispettare l’art. 112 c.p.c., e non violare il principio di ultrapetizione”, occorreva passare oltre, al merito della controversia, in quanto la contribuente non aveva sollevato la questione della decadenza, affermava che il primo motivo dell’appello dell’ufficio, con cui era stato riproposto il tema dell’utilizzo del credito di imposta in misura eccedente i limiti di legge, doveva essere respinto avendo l’ufficio omesso di indicare la normativa di riferimento ed avendo invece richiamato soltanto “circolari e risoluzioni in modo alquanto impreciso”, e che il secondo motivo di appello, con cui l’ufficio era tornato a sostenere che la contribuente avrebbe usato i crediti d’imposta a fronte di debiti inesistenti allo scopo di precostituirsi un diritto al rimborso da far valere eludendo i termini di utilizzo dei crediti stessi, era infondato in quanto la contribuente non aveva mai avanzato alcuna domanda di rimborso talchè nessuna condotta elusiva poteva essere ravvisata.

3. Per la cassazione della sentenza suddetta, l’Agenzia delle entrate propone ricorso sulla base di tre motivi.

4. La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è indirizzato alla preliminare osservazione fatta dai giudici dell’appello. L’Agenzia lamenta trattarsi di osservazione contrastante con l’art. 112 c.p.c.. Il motivo è inammissibile perchè la ricordata affermazione non costituisce la ratio decidendi. I giudici di appello hanno evidenziato trattarsi di osservazione relativa a circostanza -l’intempestività dell’esercizio del potere impositivo rispetto ai relativi termini di decadenza- che, non essendo stata oggetto di eccezione della contribuente, non era possibile valorizzare (proprio “al fine di rispettare l’art. 112 c.p.c., e non violare il principio di ultrapetizione”).

2. Il secondo motivo di ricorso è indirizzato alla affermazione dei giudici dell’appello secondo la quale il motivo di impugnazione con cui l’ufficio aveva riproposto il tema dell’utilizzo del credito di imposta in misura eccedente i limiti percentuali di legge, doveva essere respinto per non avere l’ufficio indicato la normativa di riferimento. La ricorrente lamenta trattarsi di affermazione contrastante con l’art. 113 c.p.c.. Il motivo è fondato. In linea generale, mentre per il giudizio di fatto vige il principio per cui occorre pronunciare “iuxta alligata et probata” (art. 115 c.p.c.), per il giudizio di diritto, vige il principio “iura novit curia” (art. 113 c.p.c.). Conseguentemente, il giudice di secondo grado non può dichiarare il motivo infondato per mancata indicazione della legislazione di riferimento. La pronuncia della commissione contrasta con l’art. 113 c.p.c., e si risolve in diniego di giustizia.

3. Il terzo motivo di ricorso è indirizzato alla affermazione dei giudici dell’appello secondo cui doveva escludersi che la contribuente avesse usato i crediti d’imposta a fronte di debiti inesistenti allo scopo di precostituirsi un diritto al rimborso da far valere eludendo i termini di utilizzo dei crediti stessi posto che la contribuente non aveva mai avanzato alcuna domanda di rimborso. Il motivo in parola, al di là della relativa rubrica (“In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Debiti inesistenti utilizzati in compensazione – Abuso dello strumento della compensazione)”; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), veicola una censura di omissione di una pronuncia coerente. Il motivo è fondato. L’affermazione suddetta non è logicamente correlabile a ciò che l’ufficio aveva sostenuto e che si trattava di verificare: se, cioè, la contribuente avesse “utilizzato il credito di imposta per compensare debiti di imposta inesistenti” ed avesse con “tale comportamento ottenuto l’effetto di evitare le limitazioni temporali di utilizzo previste dalla normativa”. Il passaggio motivazionale espresso da tale affermazione non rispecchia il requisito “minimo costituzionale” di validità della sentenza prescritto dall’art. 111 Cost..

4. In ragione di quanto precede, il secondo ed il terzo motivo di ricorso devono essere accolti, il primo deve essere dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione a motivi accolti, la causa va rinviata alla commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, per nuovo esame.

5. Il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero processo.

PQM

la Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti rinvia la causa, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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