Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22498 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 09/09/2019), n.22498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26818-2017 proposto da:

ROMEO SPV SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, e

per essa quale mandataria per la riscossione dei crediti DOBANK SPA,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAURO ZANNI;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA 39, presso lo studio dell’avvocato MARCO PASSALACQUA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIO OLIVIERI,

ALESSANDRO MUSELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 883/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

Unicredit Credit Management Bank s.p.a., quale mandataria di Aspra Finance s.p.a., cessionaria di crediti in blocco di Bipop Carire s.p.a. ai sensi dell’art. 58 del T.u.b. per atto notarile dell’8-5-2008, riassumeva dinanzi al tribunale di Brescia la causa civile instaurata a seguito dell’opposizione di P.S. al decreto ingiuntivo notificatogli dalla Bipop Carire;

radicatosi il contraddittorio il tribunale rigettava la domanda di condanna, non essendo stata dimostrata dalla riassumente la titolarità del credito;

Unicredit Credit Management Bank s.p.a. proponeva appello e in corso di causa si costituiva Romeo SPV s.r.l. quale successore di essa, tramite la mandataria Dobank s.p.a.;

nella resistenza del P. la corte d’appello di Brescia rigettava il gravame, osservando che la necessità di fornire la prova della legittimazione attiva – rimasta inadempiuta – derivava dall’oggettiva e formale contestazione mossa dal convenuto, e che il tema della legittimazione inficiava anche la posizione della società qualificata come mandante (Aspra Finance) rispetto al credito di Bipop Carire; per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società Romeo SPV, e per essa, quale mandataria, la Dobank s.p.a.;

P. ha replicato con controricorso;

le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con due motivi tra loro connessi la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 111,113 e 115 c.p.c.) e l’omesso esame di fatto decisivo: censura la sentenza perchè la natura pubblica degli atti sui quali si fondava la titolarità del credito di Aspra Finance e la qualità di mandataria di Unicredit Credit Management Bank s.p.a., da un lato, e la mancanza di una contestazione specifica del convenuto in ordine al contenuto degli atti pubblici richiamati, dall’altro, esoneravano la società dal produrre in giudizio i corrispondenti atti, essendo sufficiente in tal caso, per consolidata giurisprudenza, la mera specifica indicazione giustappunto dell’atto pubblico idoneo a fondare la legittimazione; da questo punto di vista, quindi, il fatto controverso decisivo, che la corte territoriale aveva omesso di esaminare, era costituito dalla pubblicità della cessione dei crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 del T.u.b.;

il ricorso è inammissibile;

contrariamente a quanto presupposto dalla ricorrente, la corte d’appello ha affermato che P. aveva contestato specificamente e formalmente il difetto di legittimazione in capo alla società -Unicredit Credit Management Bank s.p.a. quale mandataria di Aspra Finance s.p.a. – che l’aveva citato in riassunzione, poichè non era stato allegato alcun documento di riscontro alle relative affermazioni; in questo senso la corte d’appello ha soggiunto che la carenza di prova documentale, necessaria a confutare l’eccezione di difetto di legittimazione, “inficia (va) anche il tema della legitimatio ad causam della società qualificata come mandante”, alla quale spettava pur sempre l’onere di fornire la prova “dell’essere stato il credito di cui si controverte compreso tra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco”;

è principio generale e condiviso che il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (v. per tutte Cass. n. 12840-17);

questo basta a giustificare la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., poichè tale contenuto non è stato riportato nel ricorso medesimo;

a ogni modo il buon fondamento della premessa da cui il giudice del merito ha preso avvio – vale a dire che vi era stata una contestazione piena e formale dell’avversa legittimazione – trova riscontro nella trascrizione della parte saliente della comparsa di costituzione riportata a pag. 13 del controricorso;

ne consegue che non giova insistere sulla natura pubblica (in GU, parte II, foglio inserzioni n. 66 del 5-6-2008) dell’atto di cessione dei crediti in blocco, quale titolo della legittimazione della riassumente e, adesso, della ricorrente Romeo SPV s.r.l.;

proprio dalla giurisprudenza richiamata in ricorso (Cass. n. 1747013, mentre è inconferente il rinvio a Cass. n. 14777-16, che attiene al pagamento di assegno bancario non trasferibile a persona diversa dal prenditore) si trae l’insegnamento secondo il quale la possibilità del successore nel diritto controverso di azionare il titolo del dante causa (per es. impugnando la sentenza resa nei di lui confronti) postula la prova del titolo che gli consenta di sostituire quest’ultimo; a tal fine è sufficiente la specifica indicazione del titolo nell’intestazione dell’atto processuale afferente, laddove il titolo sia di natura pubblica e di contenuto quindi accertabile, ma alla sola condizione che esso titolo sia rimasto incontestato o non idoneamente contestato (v. anche Cass. n. 9250-17);

solo la mancanza (o l’inidoneità) della contestazione implica difatti il riconoscimento dell’essere il titolo indicato dall’istante pertinente alla pretesa creditoria;

per converso questa Corte – con principio mutatis mutandis facilmente estensibile al giudizio di appello – ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto da una società che assuma di averne incorporata un’altra, cessionaria di crediti bancari in blocco, ma che non produca, nonostante l’avversa esplicita contestazione, neppure successivamente al deposito del ricorso stesso, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., alcun documento idoneo a dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco ex art. 58 del T.u.b., avendo l’impugnante, che si affermi successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria, l’onere di fornire la prova documentale della propria legittimazione, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (Cass. n. 4116-16, Cass. n. 15414-17); la corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei citati principi, e il ricorso postula un previo assunto in fatto (la mancanza di contestazione dell’idoneità del titolo) smentito dalla sentenza, non risultante in prospettiva di autosufficienza e in vero contrastante con quanto desumibile dal controricorso;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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