Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22497 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/09/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 09/09/2019), n.22497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15767-2017 proposto da:

ANAS S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.G., S.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA EMILIO DE CAVALIERI 7, presso lo studio dell’avvocato FLAVIA

BRUSCHI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5487/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/12/2016, R. G. N. 70/2014.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

S.M. e T.G. convenivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Roma l’ANAS s.p.a. al fine di ottenere la dichiarazione giudiziale di conversione dei contratti di lavoro a termine stipulati con la convenuta in un solo contratto a tempo indeterminato, con la conseguente riammissione nel posto di lavoro e la condanna della società al pagamento delle retribuzioni maturate oltre all’indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32.

A sostegno della domanda hanno riferito di avere prestato servizio in favore dell’ANAS sulla base di un contratto a termine con la causale “picco di lavoro…che ha riguardato l’attività di intervento, sgombero neve, manutenzione, cura e ripristino delle condizioni del manto e pertinenze stradali, in relazione alla particolare esigenza di garantire la regolare circolazione dei veicoli e la sicurezza degli utenti della stradà, con decorrenza 15.12.08 e sino al 14.3.09, poi prorogati due volte; contestavano la legittimità del contratto (e delle proroghe) per difetto di specificità, deducendo di avere sempre lavorato nell’ambito dell’ordinaria attività aziendale; lamentavano inoltre la violazione del diritto di precedenza nelle nuove assunzioni.

Nella resistenza di ANAS spa, il Tribunale dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dal 13.4.2009, ordinando alla società di riammettere i ricorrenti in servizio, con condanna al versamento, a favore di ciascuno a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a 7,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre alle spese di lite.

A sostegno della decisione il Tribunale, sull’accertata circostanza che i rapporti a termine erano stati oggetto di tre proroghe, mentre il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, ne legittima solo una, ha ritenuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla seconda proroga.

Il Tribunale, inoltre, disattendeva espressamente la tesi difensiva ANAS che, a giustificazione delle impugnate proroghe, ed in deroga al citato art. 4, aveva invocato il disposto della L. n. 225 del 1992, art. 5, richiamando lo stato di emergenza generato dal terremoto verificatosi nell'(OMISSIS).

Al riguardo la gravata sentenza osserva che nessuna deroga alla limitazione in materia di proroga del contratto a termine (di cui al detto D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4) era prevista nell’ordinanza della Protezione civile n. 3753 del 2009, pure invocata dall’Anas, nè una tale deroga poteva ritenersi implicitamente desumibile dal richiamo in detta ordinanza al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, non applicabile al rapporto di lavoro privato dei ricorrenti.

Avverso detta decisione ha proposto tempestivo appello l’ANAS spa, lamentando l’errata interpretazione ed applicazione della normativa in materia di cui alla L. n. 225 del 1992, art. 5.

Con sentenza depositata il 23.12.16, la Corte d’appello di Roma.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’ANAS s.p.a., affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria, cui resistono i lavoratori con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

L’ANAS s.p.a. denuncia la falsa applicazione “di norme di diritto relative allo stato di emergenza decretato a seguito del sisma de L’Aquila del 6.4.09”.

Il motivo, già formulato in modo irrituale ex art. 360 c.p.c., tende a sostenere nuovamente, come già esposto nelle precedenti fasi di merito (che rigettarono la doglianza), che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, sarebbe stato derogato dalla L. n. 225 del 1992, art. 5, con riferimento al sisma de L’Aquila del 6.4.09, come da ordinanza n. 3753/09 della Protezione Civile.

La tesi, come accennato, è già stata respinta da entrambi i giudici di merito che hanno accertato che la citata normativa non derogava minimamente alla disciplina della proroga dei contratti a termine stabilita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, ritenendo quindi illegittima la seconda proroga nella specie disposta dall’ANAS s.p.a. in contrasto col ridetto art. 4.

Questa Corte, del resto, ha più volte affermato che a seguito della trasformazione dell’ANAS da azienda in ente pubblico economico, operata dal D.Lgs. n. 143 del 1994, il rapporto di lavoro del relativo personale dipendente è regolato dalle norme di diritto privato, oltre che dalla contrattazione collettiva, sicchè deve escludersi che ad esso si applichi la disciplina dei contratti a termine prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, ritenendo illegittima, come nella specie, la seconda proroga di un contratto a termine disposta sempre dall’ANAS s.p.a. in base alla presunta deroga al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, (in tesi autorizzata da ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri adottata, in occasione del sisma abruzzese del 2009, ai sensi della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 2), cfr. Cass. n. 26166/16, Cass. n. 29443/17.

Questa Corte ha quindi osservato che una diversa interpretazione dell’art. 3 (dell’Ordinanza n. 3753/2009 della Protezione Civile), nel senso di un travalicamento dei limiti formali di appartenenza soggettiva all’Amministrazione pubblica, quale legislativamente definita, a vantaggio di una concezione di essa lata e funzionalistica (che ingloberebbe, tra i destinatari della norma, anche ANAS, in ragione delle finalità di rilievo pubblico che, pur in una mutata veste soggettiva, essa continua a perseguire), implicando una ricomposizione del fenomeno organizzatorio ben al di là di ogni opzione interpretativa di carattere “estensivo”, non sarebbe coerente con la natura di norma “eccezionale” della L. n. 225 del 1992, art. 5, comma 2, il quale conferisce, per la realizzazione degli interventi da attuare durante lo stato di emergenza, un potere di ordinanza “in deroga ad ogni disposizione vigente”, nel solo rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, e cioè un potere il cui esercizio induce nel sistema, in correlazione con fatti e situazioni di portata straordinaria, elementi di antinomia e di frattura nella consequenzialità applicativa. Nè potrebbe la seconda proroga del contratto a termine legittimarsi sulla scorta della disposizione di cui all’art. 10, comma 1, seconda parte, dell’Ordinanza n. 3755/2009 (ove è previsto che, per finalità legate alle attività di emergenza, il Dipartimento della protezione civile sia “autorizzato ad avvalersi di personale dipendente da società a totale o prevalente capitale pubblico, ovvero da società che svolgono istituzionalmente la gestione di servizi pubblici, previo consenso delle medesime società, per collaborazioni a tempo pieno e con rimborso degli emolumenti corrisposti al predetto personale, nonchè degli oneri contributivi ed assicurativi”), non risultando affatto che fra il Dipartimento e l’ANAS sia intervenuto un accordo per il distacco, presso il primo, di personale della società nè che l’impiego dei ricorrenti in forza della seconda proroga sia, in ogni caso, avvenuto su richiesta e alle dipendenze del Dipartimento stesso.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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