Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22495 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 08/03/2018, dep. 24/09/2018), n.22495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7715/2014 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G ANDREOLI

1, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA MANCINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PAOLO FORNAROLA;

– ricorrente –

contro

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TILLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LAURA TETI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PESCARA, depositata il

10/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha chiesto

l’accoglimento del primo di ricorso, con cassazione dell’ordinanza

impugnata e rinvio al Tribunale di Pescara in diversa composizione.

assorbito il secondo motivo.

Fatto

RILEVATO

che, con ordinanza del 28.12.13, il tribunale di Pescara, adito dall’avv. C.S. con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., liquidava a costui l’importo di Euro 6.632,50 – oltre rimborso forfetario, I.v.a. e C.a.p. – a titolo di competenze professionali dovutegli dalla sig.ra L.F. per essere stata ella difesa dal medesimo avv. C. in un giudizio civile;

che la sig.ra L., contumace nel procedimento di merito, ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, sulla scorta di due motivi;

che con il primo motivo di ricorso, riferito al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente censura la violazione dell’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 7, nonchè degli artt. 101,153 c.p.c. e art. 702-bis c.p.c., comma 3, per difetto di regolare vocatio in jus, asserendo che il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione era stato notificato oltre il termine, disposto dallo stesso decreto, di 30 giorni prima della data fissata per la costituzione della convenuta;

che con il secondo motivo di ricorso, anch’esso riferito al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente si duole del fatto che il tribunale abbia deciso in composizione monocratica, anzichè nella composizione collegiale prescritta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 16, lett. a) e art. 14, per le controversie di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, così incorrendo nella violazione anche dell’art. 50-bis c.p.c., comma 2, artt. 50-quater, 131 c.p.c., art. 161 c.p.c., comma 1, artt. 702-ter e 737 c.p.c.;

che l’avv. C. si è costituito con controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 marzo 2018, per la quale il P.G. ed entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata dall’avvocato C. sul rilievo della appellabilità, a mente dell’art. 702 quater c.p.c., dell’impugnata ordinanza, emessa all’esito di un procedimento ex art. 702 bis c.p.c.;

che al riguardo il Collegio rileva che, trattandosi di ordinanza adottata in materia di liquidazione di compensi di avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile, la sua inappellabilità discende dal disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14;

che, in proposito, non può condividersi la contraria argomentazione svolta nel controricorso dell’avvocato C., secondo cui l’ordinanza qui gravata sarebbe stata da impugnare con l’appello, e non con il ricorso per cassazione, in base al principio dell’apparenza, giacchè, essendo stata pronunciata dal tribunale in composizione monocratica, e non collegiale, essa avrebbe l’apparenza di ordinanza adottata secondo il rito sommario disegnato dal codice di procedura civile e non di ordinanza adottata ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14;

che, infatti, il principio dell’apparenza invocato dal contro ricorrente si fonda sulla cristallizzazione della qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice e trova specifico fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (così Cass. 15897/14); nella specie, per contro, il giudizio è stato correttamente introdotto con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., tale essendo la forma prescritta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, nè l’impugnata ordinanza qualifica, anche implicitamente, la domanda dell’avv. C. come una domanda diversa da quella di liquidazione di compensi di prestazioni giudiziali civili (e, pertanto, estranea all’ambito di operatività del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14); cosicchè l’adozione della decisione in forma monocratica non può essere ritenuta indicativa di una scelta del rito effettuata dalla parte e condivisa dal giudice (alla quale effettivamente conseguirebbe l’ultrattività del rito stesso) ma un mero error in procedendo, inidoneo a qualificare il rito seguito dal giudice;

che, nel merito, il primo mezzo di ricorso è fondato;

che al riguardo va disatteso l’assunto del contro ricorrente secondo cui l’espressione “non oltre 10 giorni prima dell’udienza”, contenuta dell’art. 702 bis c.p.c., comma 3, andrebbe intesa come “non prima del decimo giorno anteriore all’udienza”; al contrario, la ratio della disposizione – volta a garantire che all’udienza di comparizione le parti arrivino già preparate sui temi di lite e, quindi, che la parte ricorrente abbia avuto il tempo sufficiente per esaminare approfonditamente le difese della parte intima – impone di interpretare detto disposto normativo nel senso di “non più tardi del decimo giorno anteriore all’udienza”;

che, pertanto, non essendosi l’intimata costituita, il tribunale avrebbe dovuto disporre il rinnovo della notifica del ricorso introduttivo, con la conseguenza che l’impugnata ordinanza va dichiarata nulla, per esser stata emessa contraddittorio non integro, e conseguentemente cassata;

che quindi in definitiva il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, con assorbimento del secondo, e l’ordinanza gravata va cassata con rinvio al tribunale di Pescara in diverse composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo.

Cassa la sentenza gravata e rinvia al Tribunale di Pescara, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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