Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22492 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 25/05/2017, dep.27/09/2017),  n. 22492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9356-2012 proposto da:

COMUNE DI FORMIA, elettivamente domiciliato ROMA VIA L. ANGELONI 4,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALZONE, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

POGGIO DI MOLA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2011 della COMM.TRIB.REG. EZ.DIST. di

LATINA, depositata l’08/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il Comune di Formia propone ricorso, svolgendo tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 93/40/11 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che aveva accolto l’appello proposto dalla società Poggio di Mola s.r.l. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina, con cui era stata dichiarata la legittimità dell’avviso di accertamento ICI n. 778/06, anno di imposta 2004, riguardante il maggiore valore accertato di una area edificabile sulla base di una perizia di stima, in quanto adeguatamente motivato. Ha resistito con controricorso la società Poggio di Mola s.r.l.. Il Comune di Formia ha presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che la CTR, nell’impugnata decisione, dopo aver trascritto il disposto del D.Lgs. n. 504 delò 1992, art. 5 laconicamente statuisce che la motivazione dell’atto impugnato non riporta alcuno dei criteri enunciati dalla predetta norma (art. 5) che, in base all’art. 11, comma 2 bis, D.Lgs. cit. devono essere obbligatoriamente riportati nell’avviso dell’ente impositore, e che a tale atto non è stato allegato il documento in esso richiamato. Ritiene parte ricorrente che nella specie ricorre, pertanto, il dedotto vizio motivazionale, atteso che il giudice di appello ha omesso di valutare gli elementi esposti dall’ente comunale nel giudizio di secondo grado, riguardanti sia la circostanza che non vi era obbligo di allegare la perizia di stima, in quanto conosciuta dalla società contribuente, essendo stata resa nota in sede di tentativo di bonario componimento già nel 2001, come rilevabile da nota prot. N. 21592 del 2001, sia la completezza della motivazione dell’atto impugnato con riferimento ai criteri dettati dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5.

2. Con il secondo motivo del ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che la motivazione dell’atto impugnato fa espresso riferimento alla perizia di stima dell’arch. P., ed essa era perfettamente conosciuta dalla Poggio di Mola, come evidenziato dall’Amministrazione nei giudizi di merito, con la conseguenza che l’Ente non aveva alcun onere, nè obbligo, di allegarla all’avviso di accertamento.

3.Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, atteso che la CTR, pur essendo stato eccepito dall’Amministrazione, nella propria memoria illustrativa, il giudicato esterno relativo ad altre annualità ICI, anni di imposta 1995, 1996, 1997, con le sentenze emesse dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nn. 7093, 7094 e 7095 del 2010, ha omesso di pronunciarsi sul punto.

4. I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per connessione logica, sono inammissibili ed infondati.

4.1. Le censure sono inammissibili per totale carenza di autosufficienza, atteso che parte ricorrente, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente in ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda, è tenuto a trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, oltre che a specificare, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili (fascicolo d’ufficio o di parte), provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Cass. n. 16900 del 2015), senza necessità di fare rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso (Cass. n. 14784 del 2015).

Onere processuale a cui non si è ottemperato, non essendo stato riportato in ricorso il contenuto della perizia di stima dell’arch. P., parte integrante del provvedimento impugnato, di cui si contesta la motivazione (Cass. n. 2928 del 2015); non essendo sufficiente, ai fini della valutazione delle censure, che la stessa sia illustrata in ricorso in forma riassuntiva.

4.2. Le censure sono, altresì, infondate.

In tema di ICI, la motivazione dell’atto di accertamento non può limitarsi a contenere le indicazioni generiche sul valore del terreno, ma, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7 deve specificare, a pena di nullità, a quale presupposto la modifica del valore dell’immobile debba essere associata, così delimitando l’ambito delle ragioni deducibili dall’Amministrazione finanziaria nell’eventuale fase contenziosa e consentendo al contribuente di valutare l’opportunità dell’impugnazione.

L’obbligo di allegazione degli atti, a cui l’avviso di accertamento rinvia, ha la finalità di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, e, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur. Il contribuente deve avere contezza delle ragioni dell’Amministrazione, e quindi messo in grado di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al procedimento e, in caso di ricorso, di approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonchè per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate.

Nella specie, tale condizione non risulta soddisfatta, non essendo contestata in atti l’omessa allegazione della perizia di stima redatta dell’arch. P., a cui l’atto impugnato, quanto ai presupposti motivazionali, fa espresso e totale rinvio.

Invero, questa Corte è a conoscenza del fatto che sono esclusi dall’obbligo di allegazione sia gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento di detta funzione (per avere un contenuto meramente narrativo e non effettivamente integrativo della motivazione), sia gli atti che al contribuente sono già noti (con riferimento alle delibere o i regolamenti comunali, vedi Cass. n. 25731 del 2008, Cass. n. 2749 e n. 26683 del 2009). A tale riguardo, questa Corte ha precisato che la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già “integrale e legale conoscenza”, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando però lo stesso “ne riproduca il contenuto essenziale”, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto, destinatari) dell’atto e del documento necessarie e sufficienti a sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass. n. 9323 del 2017). Nella specie, la società contribuente contesta di avere avuto conoscenza legale ed integrale della consulenza con riferimento all’atto impugnato e dalla lettura del contenuto dell’atto impugnato, per come trascritto in ricorso, non emerge alcun specifico elemento della perizia di stima dell’arch. P., nè i dati essenziali ai fini della valutazione della congrua motivazione del provvedimento.

5. Il terzo motivo, oltre ad essere inammissibile è, altresì, infondato.

5.1.E’ inammissibile per carenza di autosufficienza, atteso che questa Corte ha precisato come nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena di inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (Cass. n. 2617 del 2015, v. anche Cass. S.U. n. 1416 del 2004). Onere processuale a cui non si è ottemperato.

5.2. Il motivo è, altresì, infondato, non ravvisandosi, nella specie il denunciato vizio di omessa pronuncia.

Va evidenziato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice e, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti, comunque, la reiezione anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo della domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia (ex multis Cass. n. 20311 del 2011).

6.Sulla base dei rilievi espressi, il ricorso va rigettato.

La parte soccombente è tenuta alla rifusione delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida a favore delle parti costituite in Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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