Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22490 del 06/08/2021

Cassazione civile sez. I, 06/08/2021, (ud. 05/05/2021, dep. 06/08/2021), n.22490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27864/2020 proposto da:

O.O., elettivamente domiciliato in Roma Viale G. Mazzini,

6 presso lo studio dell’avvocato Manuela Agnitelli che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 957/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

5/05/2021 dal cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.O., cittadino nigeriano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Venezia, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego pronunciato in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a) e art. 14, lett. c), degli artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 27, comma 1-bis avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza accertare a mezzo dei poteri di indagine officiosi attribuitigli dall’ordinamento il rischio del richiedente di essere esposto ad un trattamento inumano e degradante in caso di rientro nel paese di provenienza e ciò sul presupposto che nel paese di provenienza non esista una situazione di pericolo generalizzato; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e b) e art. 14 e degli artt. 3 e 7 CEDU avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria sul visto presupposto senza tuttavia procedere ad un effettiva valutazione della situazione interna del paese di provenienza che si mostra tale da avallare il rischio di un danno grave per il richiedente in caso di rientro in esso; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3, lett. c) e art. 4, nonché del vizio di illogica, contraddittoria ed apparente motivazione avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria senza operare uno specifico esame della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese di provenienza.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono parimenti inammissibili.

Oltre a non poter trovare seguito con riguardo alla fattispecie del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), stante la ritenuta inattendibilità della narrazione del richiedente, i predetti motivi sono infatti espressione di un mero dissenso motivazionale ed in questa ottica intendono solo sollecitare una rimodulazione del giudizio in ordine alla situazione interna del paese di provenienza, in ragione del quale, localizzate in base alle informazioni ritratte dalle fonti internazionali le ragioni di conflitto armato rilevanti ai fini della valutazione dovuta ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nelle aree nord-orientale del paese, si è per contro ritenuto, riguardo alla regione di provenienza del richiedente (Imo State), che le tensioni sociali ed economiche che interessano il sud del paese non si manifestano in grado talmente elevato e diffuso da far ritenere verosimile che la sola sua presenza sul territorio esporrebbe il richiedente alla minaccia individuale di un danno grave.

3. Inammissibile, poiché anch’esso inteso alla rivalutazione in fatto della controversia, risulta pure il terzo motivo di ricorso.

La Corte d’Appello ha invero motivato il rigetto qui contestato sul rilievo che l’inattendibilità del richiedente esclude che le vicende personali del medesimo possano essere fonte per stimare la sussistenza di una condizione di vulnerabilità ed in pari tempo ha osservato che l’utile percorso di integrazione sociale non è di per sé fattore a tal fine dirimente. Ha chiosato queste considerazioni osservando poi che nell’ottica di una compromissione dei diritti umani fondamentali, che la misura intende impedire, “occorre un accertamento rigoroso della situazione di partenza per verificare l’allontanamento da una condizione di vulnerabilità e tale accertamento risulta pregiudicato quando (come nel caso in esame) la persona fornisca informazioni non credibili sui motivi che lo hanno indotto a lasciare il paese di origine”.

Rispetto a questo quadro di giudizio, che mette, dunque, in chiaro la mancata allegazione di specifici fattori di vulnerabilità, il motivo non colma la rilevata lacuna istruttoria non offrendo alla cognizione alcuna ulteriore ragione di valutazione in grado di orientare diversamente il responso sul punto, di talché, venendo meno all’onere di allegazione che, anche in un procedimento fortemente connotato dall’attenuazione del principio dispositivo, pur sempre compete al richiedente (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808), la perorazione persegue finalità puramente meritali.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1 Sezione civile, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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