Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2249 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2249 Anno 2014
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 3830-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
1951

contro

SANPELLEGRINO SPA in persona del Procuratore Speciale
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA
D’ARACOELI l, presso lo studio dell’avvocato CERRATO
MARCO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MAISTO GUGLIELMO giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 03/02/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 43/2007 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata 1’11/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/06/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;

riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato CERRATO che
si riporta alla memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che si

SVOGLIMENTO DEL PROCESSO
1. La società San Pellegrino Spa acquistava, nell’anno 1996, dalla Azienda speciale per la gestione
delle Terme del comune di Fiuggi- di seguito ASTIF- varie quantità di acqua di marca Fiuggi,
fatturate dalla cedente.
2. Nel periodo successivo -e precisamente fra il luglio 1997 ed il febbraio 1998- la Sanpellegrino
contestava la qualita’ della fornitura ed emetteva alcune note di credito. Nel maggio 1998 i due
contraenti raggiungevano un accordo transattivo che ripristinava la situazione di debito e credito in
debito a favore della ASTIF dello stesso importo delle note di credito precedentemente emesse
nell’anno 1996.
3.Successivamente alle verifiche svolte, l’Agenzia delle Entrate di Milano emetteva nei confronti
della Sanpellegrino Spa un avviso di accertamento, rilevando che la società contribuente non aveva
diritto a portare in detrazione il credito IVA per £.4.025.514.000, in quanto la rettifica era stata
eseguita oltre l’anno previsto dall’art.26 comma 3 d.p.r. n.63311972.
4. La società contribuente proponeva ricorso innanzi alla CTP di Milano che annullava l’atto
impugnato.
5. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla CTR della Lombardia veniva rigettato
con sentenza depositata 1 1 11 giugno 2006.
5.1 Secondo la CTR l’esame dei fatti accaduti aveva dimostrato che, dopo una prima fase, in cui la
Sanpellegrino aveva ricevuto nell’anno 1996 dalla ASTIF acqua regolarmente fatturata, fra il luglio
1997 ed il Febbraio 1998 era seguita l’emissione di note di credito da parte della Sanpellegrino, la
quale aveva contestato la qualità della fornitura(c.d.fase 2). La successiva intervenuta transazione
fra le parti (c.d.terza fase) aveva riportato la situazione a quella esistente nell’anno1996, sicché la
Sanpellegrino aveva emesso delle note di debito a favore della Agfa’ dello stesso importo delle
note di credito emesse nella seconda fase che erano corrispondenti alle fatture della c.d. fase 1.
5.2 Evidenziava che l’appello dell’Amministrazione era infondato, in quanto il divieto di cui
all’art.26 DPR n.633172 riguardava esclusivamente le note di credito – con variazione in
diminuzione dell’IVA gravante sull’acquirente- e non le note di debito che la Sanpellegrino aveva
emesso con conseguente variazione in aumento dell’IVA. In sostanza, il limite dell’anno valeva solo
per le variazioni in diminuzione dell’imposta, ma non riguardava le ipotesi in cui l’Ufficio
pretendeva nuovamente l’IVA, come se si fosse realizzata una nuova fornitura. Nel caso concreto
vi era stata un’unica operazione di vendita di acqua alla S. Pellegrino sulla quale era stata calcolata
l’imposta che la parte acquirente aveva regolarmente anticipato, alla quale erano seguite il
successivo storno, da parte della Sanpellegrino, della fornitura ricevuta ed in epoca ancora

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dipendenza della originaria fatturazione, in esito al quale la Sanpellegrino emetteva delle note di

successiva, dopo la transazione, l’accettazione definitiva dell’originaria fornitura di acqua da parte
della Sanpellegrino mediante l’emissione delle note di debito.
5.3 E poiché l’amministrazione non aveva provato forniture diverse da quella dell’anno 1996 la
stessa non poteva limitarsi a disconoscere le scritture contabili della società contribuente.
5.4 Peraltro, malgrado l’aliquota IVA fosse variata in aumento rispetto a quella dell’ anno 1996 la
Sanpellegrino, ad ulteriore conferma che la fornitura era quella originaria, aveva mantenuto la
vecchia aliquota.
resistito la società contribuente con controricorso e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
7.Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art.26 DPR
n.633/72, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
7.1 Lamenta che la CTR, ponendosi nell’ottica del cedente e non del cessionario, non aveva
considerato che l’emissione, nell’anno 1998, delle note di credito relative alla identica operazione
fatturata nell’anno 1996 avevano determinato l’insorgenza di un nuovo credito di imposta, di
importo pari alla detrazione originaria del 1996 e, conseguentemente, una diminuzione dell’IVA a
debito per l’anno 1998. In definitiva, la società contribuente aveva operato una variazione in
diminuzione dell’IVA a debito nel corso dell’anno 1998 oltre il termine annuale, decorrente dal
1996 ai sensi dell’art.26 c.3 d.p.r. n.633/1972. il quesito di diritto prospettato dall’Agenzia ha il
seguente tenore:Dica la S. C. se, in relazione alla fattispecie, le note di credito del 1998(con cui a
seguito dell’accordo transattivo del 22.5.1998- sono state ripristinate, ai fini IVA, le operazioni
imponibili del 1996) abbiano o meno determinato per la cessionaria (Sanpellegrino) una
variazione in diminuzione dell’IVA a debito per l’anno 1998, soggetta al termine annuale di cui
all’art.26 comma 3 D.P.R. n.633/72; in caso positivo, dica la S. C. se tale variazione in diminuzione
(effettuata, come si è visto, con note di credito emesse nel 1998 e relative ad operazioni imponibili
del 1996) abbia o meno rispettato il termine annuale di cui al terzo comma dell’art.26 da ultimo
citato”

8. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art.19 dpr
n.633/72, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che la società contribuente aveva già
portato in detrazione l’IVA sugli acquisti nell’anno 1996, sicché l’ulteriore detrazione dell’IVA per
l’anno 1998 scaturente dalle note di credito di cui si è detto aveva determinato in favore della
società contribuente una indebita duplicazione della detrazione della quale aveva già fruito
nell’anno 1996. E’ stato quindi formulato il seguente quesito di diritto:Dica la S.C. se, in relazione
alla fattispecie, la detrazione dell ‘IVA per £4.025.514.000 per l’anno 1998 (detrazione scaturente

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6. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale ha

dalle note di credito della “terza fase’) costituisca o meno una indebita duplicazione di una
detrazione della quale la cessionaria aveva già beneficiato nel 1996”.
8.1 La società contribuente, nel controricorso, ha dedotto l’inammissibilità delle censure, tendenti
ad ottenere una nuova indagine di merito inammissibile in sede di legittimità e, peraltro, infondate
nel merito. Affermava, infatti, che i documenti emessi dalla società contribuente nel periodo luglio
1997-febbraio 1998, impropriamente chiamati fatture, rappresentavano contabilmente delle note di
variazione in diminuzione dell’imponibile evidenziato nelle fatture di vendita emesse dalla AS’I a ,
in aumento- regolata dall’art.26 comma 1 dpr n.633/72- per la quale non era prevista alcuna
scadenza. Errava, pertanto, l’Agenzia nel ritenere che la CTR aveva applicato a documenti di
variazione in aumento le regole delle variazioni in diminuzione di cui al secondo comma dell’art.26
dpr n.6333/72.
9. Anche in ordine al secondo motivo la società contribuente deduceva l’inammissibilità ed
infondatezza della censura che, pur formulata come censura di diritto, integrava una contestazione
della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito tendente ad un nuovo esame del merito non
consentito in sede di legittimità. In ogni caso precisava che le note di debito emesse a seguito delle
contestazioni alla società cedente avevano determinato una minore IVA sugli acquisti da portare in
detrazione, come pure aveva ammesso l’Agenzia a pag.3 del ricorso per Cassazione. Ciò che
impediva la prospettata duplicazione di imposta.
9.1 I due motivi, che vanno trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono
infondati.
9.2 Colgono, anzitutto, nel segno, le prospettazioni in ordine all’inammissibilità delle due censure
che, per come sintetizzate nei due quesiti di diritto sopra riportati, appaiono in effetti non solo ben
lungi dall’identificare la violazione di legge che avrebbe commesso la CTR, ma si propongono
come contenenti affermazioni in punto di fatto divergenti rispetto all’accertamento compiuto dal
giudice di merito che minano, alla radice, la ritualità del quesito stesso.
9.3 Ed invero, quanto al primo quesito, l’Agenzia ha richiesto a questa Corte di statuire sulla
applicabilità del termine annuale di cui al terzo comma dell’art.26 dpr n.633172 alla vicenda
connessa alle note di credito del 1998, chiedendo alla Corte di verificare se tali note avessero o
meno determinato una “variazione in diminuzione dell’IVA a debito per l’anno 1998”, e solo in
caso di verifica positiva, di verificare se sia applicabile il termine annuale previsto dall’art.26 cit.
9.4 In definitiva, la ricorrente tende a sollecitare a questa Corte un’inammissibile verifica in ordine
ad un elemento di fatto per giungere, all’evidenza, a risultati antitetici rispetto a quelli ai quali è
giunta la CTR, ha quale ha testualmente qualificato la vicenda connessa all’operazione di
variazione della Sanpellegrino nella c.d. terza fase- quella cioè successiva alla transazione- come
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mentre le “note di accredito” emesse dalla società nell’anno 1998 certificavano solo una variazione

”variazione in aumento” dell’IVA, per la quale non sarebbe stato applicabile il termine annuale
fissato dall’art.26 dpr n.633172.
9.5 Le superiori considerazioni rendono, per l’effetto sicuramente inammissibile il sindacato di
questa Corte sulla censura che, in ogni caso, sarebbe infondata.
9.6 Ed invero, nessun errore sembra avere commesso la CTR nel considerare illegittimo l’avviso di
accertamento impugnato. Giova chiarire che nel caso di specie l’Ufficio aveva disposto la ripresa a
tassazione dell’IVA per l’anno 1998 a carico della società Sanpellegrino non riconoscendole il
dopo che era stata conclusa fra le parti una transazione relativa ad una fornitura di acqua avvenuta
nell’anno 1996 e sulla quale erano insorte fra le parti delle contestazioni che avevano indotto la
Sanpellegrino, fra il luglio 1997 ed il febbraio 1998, ad emettere dei documenti con i quali si erano
stornate le fatture emesse dall’azienda venditrice.
9.7 Orbene, fermi gli elementi di fatto come tratteggiati dalla CTR non pare potersi revocare in
dubbio che l’operazione di storno delle fatture originariamente emesse dalla venditrice nell’anno
1996 operata dalla parte acquirente (Sanpellegrino) e della conseguente diminuzione dell’IVA dalla
stessa dovuta per l’acquisto- di cui non è dato dubitare, non avendo l’Ufficio in alcun modo
contestato la regolarità formale delle attività connesse alla c.d. fase due alla quale ha fatto cenno la
CTR- rimaneva soggetta alla disciplina di cui all’art.26 comma 2 d.p.r. n.633172 — che del resto,
pacificamente riconosce al cedente ed al cessionario la possibilità di adottare variazioni in
diminuzione del corrispettivo dei beni oggetto di negoziazione-cfr.Cass.318/2006- -e per le quali
non vi è stata nel corso del giudizio contestazione alcuna.
9.8 Resta il fatto che il termine annuale indicato dall’art.26 cit. per il compimento delle variazioni,
che l’Ufficio assumeva essere scaduto e che avrebbe, perciò, determinato la decadenza del diritto a
detrazione riguarda i casi contemplati esclusivamente dal comma due dello stesso articolo,, se
un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli
articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in
conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in
conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente,- e non quelli di
aumento dell’imponibile determinato dall’emissione di note di variazione in aumento che si è
verificato nel caso di specie, durante la c.d. fase tre. Ciò che dimostra l’infondatezza del rilievo
esposto dall’Ufficio.
9.9 Passando all’esame della seconda censura, la stessa è parimenti affetta da insanabile
inammissibilità, in quanto la stessa prospetta per la prima volta in sede di legittimità una questionequella relativa alla duplicazione di detrazione- che non risulta essere mai stata dedotta nel corso del

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diritto alla detrazione in relazione alle note di credito emesse nei confronti della venditrice ASTIF

giudizio di merito e che, all’evidenza, tenderebbe nuovamente a sollecitare- in modo
inammissibile- una valutazione di elementi di fatto da parte di questa Corte.
9.10 Anche tale censura, in ogni caso, è infondata nel merito, se solo si considera che l’Agenzia non
ha fornito, come già evidenziato, alcun elemento dal quale potere inferire che la Sanpellegrino abbia
compiuto indebite operazioni di detrazione tralasciando di effettuare le operazioni contabili e fiscali
connesse alle variazioni in diminuzione operate nel corso della c.d. fase due. Il che esclude di poter
considerare che la società anzidetta abbia compiuto una duplicità indebita di detrazioni, proprio in
corso del giudizio di merito, per ritenere che la detrazione operata in ragione della variazione in
aumento abbia determinato una indebita detrazione dell’IVA connessa alla variazione stessa.
9.11 Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato e l’Agenzia va condannata al pagamento
delle spese processuali
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che
liquida in favore della controricorrente in euro 25.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi,
oltre accessori come per legge.
Così ciso nella camera di consiglio della V sezione civile il 3 giugno 2013.
Il

assenza di elementi, che l’Agenzia avrebbe dovuto fornire tempestivamente e nelle forme rituali nel

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