Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2249 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/02/2021, (ud. 20/11/2020, dep. 02/02/2021), n.2249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. DORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30206/2018 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

la “Fondazione Anni Sereni Treviglio, Caravaggio e Fara Gera d’Adda –

ONLUS”, con sede in Treviglio (TV), in persona del presidente del

consiglio di amministrazione pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Andrea Bergami, con studio in Bergamo, ove elettivamente

domiciliata (indirizzo p.e.c.:

andrea.bergami.bergamo.pecavvocati.it), giusta procura in calce al

controricorso di costituzione nel presente procedimento, domiciliato

in Roma, p.zza Cavour presso la Canceleria della Corte di

Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

della Lombardia – Sezione Staccata di Brescia il 16 aprile 2018 n.

1787/23/2018, non notificata;

letto il parere reso dal P.M., nella persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. De Matteis Stanislao, il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso e la cassazione con rinvio;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, con le modalità stabilite

dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed

Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del

20 novembre 2020 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione Staccata di Brescia il 16 aprile 2018 n. 1787/23/2018, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di classamento e attribuzione di rendita catastale a seguito di procedura “DOCFA”, ha respinto l’appello proposto dalla medesima nei confronti della “Fondazione Anni Sereni Treviglio, Caravaggio e Fara Gera d’Adda – ONLUS” avverso la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo il 5 luglio 2016 n. 381/04/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure, evidenziando l’imprescindibilità dell’attività svolta dal proprietario dell’immobile ai fini della classificazione catastale. La “Fondazione Anni Sereni Treviglio, Caravaggio e Fara Gera d’Adda – ONLUS” si è costituita con controricorso. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione della Legge 11 agosto 1939, n. 1249, art. 10, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 4,6, 8 e 10, del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la qualifica di “ONLUS” dell’ente proprietario influenzi la classificazione catastale dell’immobile, senza valutarne le caratteristiche oggettive e tipologiche.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la qualifica dell’ente proprietario sia idonea ad operare il corretto accatastamento dell’immobile.

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del secondo motivo;

1.1 Secondo l’assunto della ricorrente, ai fini del classamento rileva la destinazione ordinaria permanente e le caratteristiche oggettive di un immobile, anche in riferimento all’attività che vi viene svolta, e che vanno inseriti nelle categorie speciali quegli immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività, senza che abbia alcuna rilevanza la qualifica soggettiva del soggetto che esercita l’attività e la presenza o meno del fine di lucro

1.2 In particolare, si controverte se l’immobile appartenente alla contribuente, pacificamente adibito a casa di cura privata, sia censibile nella categoria ordinaria “B/2” (case di cure ed ospedali senza fine di lucro) come proposto dalla contribuente o in quella speciale “D/4” (case di cure ed ospedali con fine di lucro) secondo quanto determinato dall’amministrazione finanziaria.

1.3 Il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 61 stabilisce che: “Il classamento consiste nel riscontrare, con sopraluogo per ogni singola unità immobiliare, la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l’unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria a norma dell’art. 9 che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe. Le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria ed alle caratteristiche che hanno all’atto del classamento”.

Ai sensi del successivo del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 62, poi: “La destinazione ordinaria si accerta con riferimento alle prevalenti consuetudini locali, avuto riguardo alle caratteristiche costruttive dell’unità immobiliare”.

1.4 La giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche dalla ricorrente, ha avuto modo di precisare che il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto tributario che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo “reale”, riferita alle caratteristiche oggettive (costruttive e tipologiche in genere), che costituiscono il nucleo sostanziale della c.d. “destinazione ordinaria”, sicchè l’idoneità del bene a produrre ricchezza va ricondotta, prioritariamente, non al concreto uso che di esso venga fatto, ma alla sua destinazione funzionale e produttiva, che va accertata in riferimento alle potenzialità d’utilizzo purchè non in contrasto con la disciplina urbanistica (Cass., Sez. 5, 30 aprile 2015, n. 8773; Cass., Sez. 5, 10 giugno 2015, n. 12025); ed ancora che, in tema di rendita catastale, nell’ipotesi in cui l’immobile per le proprie caratteristiche strutturali rientri in una categoria speciale, non assume rilevanza la corrispondenza rispetto all’attività in concreto svolta all’interno dello stesso che può costituire, ove ricorrente, mero elemento rafforzativo della valutazione oggettiva operata fine di lucro (Cass., Sez. 6″, 11 settembre 2018, n. 22103; Cass., Sez. 5″, 3 luglio 2020, n. 13666).

E stato ancora precisato in un recente arresto di questa Corte che non rileva, quindi, nè il carattere pubblico o privato della proprietà dell’immobile, nè eventuali funzioni latamente sociali svolte dal proprietario, mentre il fine di lucro merita di essere preso in considerazione, in quanto espressamente previsto come criterio di classificazione per numerose categorie, ma in termini oggettivati, nel senso che se ne richiede una verifica che ne ricerchi la sussistenza desumendola dalle caratteristiche strutturali dell’immobile, irreversibili se non attraverso modifiche significative, e non si arresti quindi al tipo di attività che in un determinato momento storico vi viene svolta, che può costituire un criterio complementare, ma non alternativo o esclusivo ai fini del classamento (Cass., Sez. 5″, 6 febbraio 2019, n. 34002 – analogamente: Cass., Sez. 5″, 3 luglio 2020, n. 13666).

1.5 Omettendo ogni accertamento sulle caratteristiche intrinseche dell’immobile e fondando il giudizio di sussistenza o meno del “fine di lucro” esclusivamente sulle qualità soggettive del proprietario del fabbricato, e segnatamente sulle finalità statutarie della “Fondazione Anni Sereni Treviglio, Caravaggio e Fara Gera d’Adda – ONLUS”, la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati.

2. Dunque, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo motivo, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di rigetto del ricorso originario della contribuente.

3. Possono essere compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito, tenuto conto dell’andamento dei medesimi e della progressiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte sulla questione trattata. Viceversa, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, liquidandole nella somma complessiva di Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

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