Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22488 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 23/11/2017, dep. 24/09/2018), n.22488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(ai sensi degli artt. 375, co. 5, e 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 10021/’14) proposto da:

A.I., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in forza di

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Tommaso Savito ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Orazio

Castellana, in Roma, v. Appiano, n. 8;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato e presso i suoi uffici, in Roma, v. dei

Portoghesi, n. 12, elettivamente domiciliato;

– intimato –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 359/2013,

depositata il 4 marzo 2013.

Fatto

RILEVATO

che:

il sig. A.I. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Agrigento, avverso l’ordinanza-ingiunzione del 3 aprile 2001 emessa dal Dirigente generale del Ministero delle Politiche agricole e forestali con cui gli era stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di Lire 834.598.040 in relazione alla violazione di cui alla L. n. 898 del 1986, art. 3, commi 1 e 2, consistita nell’aver indebitamente percepito un aiuto comunitario al consumo dell’olio di oliva;

che, nella costituzione dell’opposta P.A., il suddetto Tribunale – con sentenza del 28 ottobre 2002 – rigettava l’avanzata opposizione;

che, impugnata la suddetta decisione con ricorso per cassazione da parte dell’Agrò, questa Corte di legittimità, con sentenza n. 18343/2006, l’annullava in ordine al solo quarto motivo del proposto ricorso (concernente il difetto di motivazione della sentenza del Tribunale agrigentino in relazione alla valutazione della prova sulla ritenuta responsabilità del contravventore), rinviando la causa allo stesso Tribunale in persona di altro magistrato;

che il Tribunale di Agrigento (quale giudice di rinvio), con sentenza n. 297 del 2007, dichiarava l’inefficacia dell’ordinanza-ingiunzione originariamente opposta con compensazione delle spese giudiziali;

che, pronunciandosi sui gravami formulati da entrambe le parti nei confronti di quest’ultima sentenza, la Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 359/2013, in accoglimento del gravame (esaminato con precedenza per ragioni di priorità logica) avanzato dal suddetto Ministero ingiungente, rigettava l’opposizione proposta dall’ A. con il richiamato ricorso del 3 aprile 2001, respingendo anche l’appello dello stesso A., che veniva condannato al pagamento delle spese del complessivo giudizio di rinvio, nel mentre erano dichiarate interamente compensate quelle relative al primo giudizio ed al susseguente giudizio di legittimità.

Diritto

CONSIDERATO

che:

avverso la suddetta Corte di appello palermitana il soccombente A.I. ha proposto ricorso per cassazione riferito a due motivi;

che, con il primo di essi, il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 Reg. CEE n. 389/78 e dell’art. 2727 c.c. e della L. n. 689 del 1981, art. 23 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia attinente alla valutazione – da parte della Corte territoriale sulla idoneità o meno degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza e degli altri elementi di prova ai fini dell’affermazione della sussistenza della sua responsabilità in ordine alla violazione ascrittagli (come precedentemente richiamata);

che, con la seconda censura, ha prospettato l’asserita violazione dell’art. 91 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sul presupposto della conseguente errata applicazione del principio della soccombenza nella regolazione delle spese giudiziali di tutti gli svolti gradi del giudizio;

che il difensore del ricorrente ha ritualmente e tempestivamente depositato (in data 9 novembre 2017) memoria conclusiva ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., con la quale ha eccepito la formazione del giudicato interno costituito dalla richiamata sentenza n. 297/2007 emessa dal Tribunale di Agrigento, sul presupposto che la stessa era stata inammissibilmente appellata dinanzi alla Corte di appello di Palermo anzichè essere ritualmente impugnata direttamente con ricorso per cassazione (dovendosi applicare “ratione temporis” – pur trattandosi di giudizio di rinvio – il regime impugnatorio vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 per come stabilito, recentemente, dalla sentenza delle Sezioni unite n. 11844/2016 e ribadito con sentenza di questa Sezione n. 773/2017, con riferimento ad altro giudizio intercorso tra lo stesso Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e i il medesimo A.I.);

che, ad avviso del Collegio ed in conformità alle pronunce da ultimo riportate, nel caso di specie deve ritenersi che si sia effettivamente venuto a formare il giudicato interno sulla sentenza (di accoglimento dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione) del Tribunale di Agrigento n. 297/2007, così come eccepito nell’interesse del ricorrente;

che, infatti, come autorevolmente chiarito dalla citata sentenza delle Sezioni unite n. 11844 del 9 giugno 2016 con riguardo all’individuazione del mezzo di impugnazione di una sentenza resa in sede di rinvio, nel caso in cui sia mutata la disciplina dell’impugnabilità rispetto al tempo in cui è iniziato il giudizio previsto dagli artt. 392 c.p.c. e segg. (sia pure in relazione al diverso, per quanto analogo, ambito delle opposizioni ex art. 615 c.p.c., comma 1), essendo intervenuta pronuncia di cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo ed unico grado, la sentenza del giudice di rinvio (salvo il caso di rinvio c.d. restitutorio) è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, senza che rilevi la sopravvenuta modifica, nelle more, del regime di impugnabilità della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario;

che, di conseguenza, applicando il richiamato principio stabilito dalle Sezioni unite al presente procedimento oggetto di decisione, deve affermarsi che, in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione per sanzione amministrativa, proposta, “ex lege” n. 689 del 1981, anteriormente al D.Lgs. n. 40 del 2006, la sentenza pronunciata dal tribunale quale giudice di primo ed unico grado, individuato a seguito di cassazione con rinvio (c.d. prosecutorio), seppur pubblicata dopo il 2 marzo 2006 – e, cioè, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 citato – non è soggetta ad appello, ma a ricorso per cassazione, senza che rilevi (salvo il caso di rinvio cd. restitutorio) l’intervenuta modifica, nel corso del giudizio di rinvio, del regime di impugnabilità della decisione cassata (cfr., in termini, anche la successiva citata sentenza n. ì 773/2017);

che, solo “per incidens”, appare opportuno considerare che, al momento della proposizione dell’appello da parte del controricorrente Ministero avverso la sentenza (emanata in sede di rinvio) n. 297/2007 del Tribunale di Agrigento, non si era formato alcun consolidato orientamento giurisprudenziale in ordine all’individuazione del regime impugnatorio applicabile al provvedimento decisorio del giudice di rinvio, in ipotesi di “ius superveniens”, sicchè non si ravvisa una idonea ragione per tutelare l’incolpevole affidamento dell’appellante sulla soluzione ermeneutica della questione opposta a quella poi risolutivamente affermata con la più volte menzionata sentenza n. 11884/2016 delle Sezioni unite;

che, per effetto del suddetto percorso logico-argomentativo, discende che la sentenza n. 297/2007, resa dal Tribunale di Agrigento quale giudice di rinvio, avrebbe dovuto essere impugnata, entro il termine prescritto per legge, non mediante appello ma con ricorso per cassazione, ragion per cui l’adita Corte di appello avrebbe dovuto rilevare la formazione del giudicato interno medio tempore configuratosi, del quale, perciò, deve essere, in via pregiudiziale, dato atto – per come eccepito anche dal ricorrente – in questa sede;

che, in definitiva, la sentenza impugnata è da ritenersi inficiata dall’omessa rilevazione del predetto giudicato interno e, quindi, dall’omessa pronuncia di inammissibilità dell’appello nel processo a quo, vizio dal quale deriva la cassazione senza rinvio della stessa sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3 (seconda parte), in quanto la causa non poteva essere proseguita;

che, alla stregua della peculiarità della lunga vicenda processuale e della incidenza sulla sua risoluzione di un nuovo orientamento della giurisprudenza di questa Corte solo recentemente intervenuto, si ravvisa la sussistenza di giuste ragioni per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione e del precedente grado di merito (svoltosi in sede di rinvio dinanzi alla Corte di appello di Palermo).

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa, per intero, tra le parti le spese del giudizio di cassazione e del giudizio (in sede di rinvio) davanti alla Corte di appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 23 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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