Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22482 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 09/09/2019), n.22482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15519-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati FELICE DE SIMONE, GIUSEPPE COLAVITA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9811/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 20/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 20 novembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da P.A., ex dirigente ENEL, avverso la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente contro il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso del maggior importo versato quale ritenuta IRPEF operata dall’Amministrazione finanziaria sulla somme erogate a titolo di incentivo all’esodo in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. La CTR riteneva, contrariamente all’assunto del primo giudice, irrilevante la circostanza che l’istanza di rimborso non fosse stata sottoscritta dal contribuente, dovendosi l’istanza in questione inquadrarsi nello schema giuridico della rappresentanza.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 21 maggio 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il contribuente.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360 bis c.p.c., nonchè del principio di autosufficienza.

Le eccezioni sono infondate, in quanto, per un verso, la decisione impugnata non si inserisce nell’ambito di un orientamento nomofilattico di legittimità e, per altro verso, il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia.

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, per avere omesso la CTR di rilevare la formazione del giudicato interno sul capo della decisione di primo grado relativo alla non configurabilità di un silenzio rifiuto impugnabile, per non essere stata l’istanza di rimborso sottoscritta dal contribuente.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 112 c.p.c., per essersi la CTR pronunciata, dando luogo al vizio di ultrapetizione, sulla questione relativa alla ritualità dell’istanza di rimborso.

I due motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.

Risulta dagli atti processuali – ritualmente riprodotti in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza – che la CTP ha rigettato il ricorso del contribuente poichè “parte ricorrente ha depositato soltanto un’istanza di rimborso non sottoscritta dal ricorrente, tale da non potersi configurare nemmeno un silenzio rifiuto”; tale statuizione non risulta censurata con l’atto di appello, con il quale il contribuente si è limitato a riproporre le questioni formulate in primo grado, di tal che sulla suddetta statuizione, sulla quale si fonda la pronuncia di primo grado, si è formato il giudicato interno, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Alla stregua di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi svolti dal controricorrente anche in memoria, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., u.c., poichè il processo non poteva essere proseguito.

Le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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