Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22482 del 06/08/2021

Cassazione civile sez. I, 06/08/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 06/08/2021), n.22482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17216/2019 proposto da:

N.I., elettivamente domiciliato in Roma V. Luigi Pirandello

67 Pal A presso lo studio dell’avvocato Belmonte Sabrina che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fedeli Bruno;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2065/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/05/2019.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame proposto da N.I., cittadino nigeriano (Edo State), avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato alla richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che il padre non l’aveva mai conosciuto perché era fuggito dalla nascita e stante la sua assenza era stato destinato, quale primogenito, a succedere al nonno paterno nella carica di sacerdote dell’idolo. Il richiedente dichiarava di non avere accettato tale carica e per ritorsione i fratelli del padre si erano rifiutati di continuare a pagargli la scuola e così aveva deciso di partire e raggiungere un amico di famiglia nel Delta State. Rintracciato dai suoi familiari, era stato dagli stessi minacciato e difeso con un coltello dal suo amico che però era morto nella colluttazione.

A supporto della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha ritenuto il ricorrente non credibile sia perché la narrazione era vaga e generica, in particolare, sul movente dell’aggressione da parte dei propri familiari determinata dal rifiuto del ricorrente di divenire sacerdote dell’idolo e sia perché il ricorrente, in sede giudiziale, aveva modificato la versione dei fatti resa in precedenza. La Corte distrettuale non ha, quindi, riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione internazionale. In particolare, la Corte d’appello ha accertato l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata in Nigeria per l’assenza di conflitti armati. Infine, la Corte d’appello non ha ravvisato la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (1) sotto un primo profilo, per erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda e per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 3 e 14, per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, in combinato disposto con l’art. 4 paragrafo 3 d) della dir. 2004/83/CE e dell’art. 13, paragrafo 3 a) della dir. 2005 della dir. 2005/85/CE; (2)sotto un secondo profilo, per erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda e per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto solleva censure sull’accertamento di fatto, condotto dalla Corte d’appello sulla base delle fonti consultate, della situazione generale della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente, che il ricorrente contesta contrapponendovi altre fonti, ma in termini di mero dissenso.

Il secondo motivo sull’umanitaria è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dalla Corte d’appello che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione (in particolare, la Corte d’appello ha accertato – v. p. 7 della sentenza – che la documentazione prodotta del 20.3.2019 non si riferisce all’effettivo svolgimento di attività lavorativa ma a una mera disponibilità del richiedente a svolgere prestazioni occasionali nel settore del cd. food delivery, predisposta poche settimane prima dell’udienza davanti alla stessa Corte d’appello).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Rigetta il ricorso.

Condanna il richiedente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

 

 

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