Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22480 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 27/04/2017, dep.27/09/2017),  n. 22480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6191-2012 proposto da:

ALFA CAR SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI TRASONE 8,

presso lo studio dell’avvocato CIRIACO FORGIONE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ERCOLE FORGIONE;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI

GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO BARONI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO MAGGIORE;

– controricorrente –

e contro

ROMA CAPITALE UO GESTIONE PROCEDIMENTI LOTTA EVASIONE &

CONTENZIOSO, S.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 203/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 21/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. S.P. impugnava innanzi alla CTP di Roma gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Roma con cui si accertava una maggiore imposta ICI, con riferimento agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, concernenti alcuni immobili e, per 50%, anche un terreno riportato in catasto al foglio (OMISSIS) su cui era edificato un capannone. Nel giudizio interveniva volontariamente la società Alfa Car s.r.l., con intervento adesivo autonomo, alla quale erano stati notificati avvisi di accertamento per gli stessi anni per il restante 50% in relazione al suddetto terreno, quale titolare di un contratto di affitto. La CTP dichiarava inammissibile l’intervento proposto da Alfa Car, non essendo la società il soggetto passivo degli atti impugnati, accogliendo parzialmente il ricorso principale proposto dal contribuente. Il Comune di Roma appellava la sentenza, chiedendo di ritenere legittimi gli avvisi di accertamento de quibus, concernenti i cespiti immobiliari di S.P., compreso quello affittato alla società Alfa Car s.r.l., alla quale però non veniva notificato l’atto di appello. Nel giudizio di impugnazione la società Alfa Car spiegava intervento volontario, eccependo l’inammissibilità dell’appello e/o l’improcedibilità, per omessa notifica dell’atto di impugnazione. La CTR del Lazio accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando la validità degli avvisi di accertamento relativamente al 50% dell’immobile condotto in affitto dalla predetta società, distinto in catasto al foglio (OMISSIS).

La società Alfa Car s.r.l. propone ricorso per cassazione, svolgendo due motivi. Roma Capitale, già Comune di Roma ha presentato controricorso, illustrato con memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 – 4, art. 112 c.p.c.”, atteso che, poichè il Comune di Roma ha suddiviso l’imposta ICI in misura del 50% a carico di S.P. e del restante 50% a carico dell’intervenuta, la mancata notifica a quest’ultima dell’atto di appello costituisce un’indubbia violazione del contraddittorio, non essendo stata in grado la società Alfa Car s.r.l. di difendersi adeguatamente, con violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per il mancato esame del motivo del merito.

3. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 – 5 con riferimento all’art. 934 c.c., in merito ad un punto decisivo per la controversia”. La parte ricorrente lamenta che la mancata notifica dell’atto di appello, il mancato esame nel merito del motivo della censura e la contraddittorietà della motivazione non avrebbero consentito l’integrazione del contraddittorio, indispensabile e necessario per l’accertamento del destinatario dell’intera pretesa impositiva, atteso che a carico di S.P., proprietario del terreno e del capannone, pertinenza che ivi insiste, era stato accertato e richiesto solo il 50% dell’importo impugnato a titolo di ICI.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per connessione logica, sono inammissibili ed infondati, nei sensi di cui alle seguenti considerazioni:

a) Il primo motivo è inammissibile, atteso che il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito (Cass. 6-1, ord. n. 13716 del 2016), mentre parte ricorrente censura l’omessa integrazione del contraddittorio;

b) Anche il secondo motivo è inammissibile, atteso che la rubrica individua contestualmente un vizio di violazione di legge e un vizio di motivazione (contraddittorietà), con mescolanza di censure e di questioni che non consentono di cogliere con chiarezza gli argomenti prospettati. Anche nell’esposizione di tali censure, le argomentazioni sono formulate in guisa tale da non consentire di riferirle specificamente all’uno o all’altro dei profili sollevati. Questa Corte ha più volte affermato che: “In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi di impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 19443 del 2011; conf. Cass. n. 18021 del 2016; Cass. n. 21611 del 2013).

c) I motivi sono, altresì, infondati, in quanto questa Corte, con sentenza n. 10934 del 2015 ha affermato che: “In tema di contenzioso tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità della causa anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio in sede di legittimità”, laddove la parte non si sia costituita in giudizio con una anticipata e spontanea integrazione del contraddittorio. Nella specie, pertanto, non può essere condivisa la doglianza di parte ricorrente relativa alla dedotta inammissibilità dell’appello per la mancata notifica dell’impugnazione della sentenza di primo grado, ciò in quanto l’omessa notifica del gravame nei confronti di una parte processuale non ne determina l’inammissibilità, ma impone al giudice di integrare il contraddittorio nei confronti della parte pretermessa, e tale ordine, nel caso in esame, non era comunque necessario, in quanto la società Alfa Car era intervenuta nel giudizio, svolgendo un intervento adesivo autonomo ed articolando le proprie deduzioni difensive.

d) Ne consegue che non può ritenersi sussistente una lesione del diritto di difesa della società ricorrente, la quale, essendo interveniente volontaria, aveva assunto formalmente la qualità di parte nel processo di primo grado e, pur essendo legittimata a proporre appello contro la decisione che aveva concluso il giudizio, non aveva ritenuto di proporre il gravame (Cass. n. 1671 del 2015), decidendo di partecipare con un intervento adesivo autonomo.

5. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso, condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per rimborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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