Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2248 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30785-2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRA DI TOMMASO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazione di Ancona;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1532/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2019 dal Cons. Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’appello proposto dal cittadino senegalese B.A. avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di L’Aquila aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato nonchè, in via gradata, della protezione sussidiaria o umanitaria;

2. il ricorrente ha impugnato la decisione con due motivi di ricorso per cassazione, rispetto al quale il Ministero non ha svolto difese;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio. Considerato che:

4. con il primo motivo si deduce la nullità del provvedimento della competente Commissione territoriale (e degli atti presupposti) per omessa traduzione integrale in lingua conosciuta al ricorrente, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, nonchè per consegna di copia priva dell’attestazione di conformità all’originale, in violazione della L. n. 15 del 1968, art. 14, e dell’art. 137 c.p.c., ed infine per mancanza di sottoscrizione;

4.1. il motivo è infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte per cui, “in tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale, nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, commi 4 e 5, al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione. Ne consegue che la parte, ove censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un “vulnus” all’esercizio del diritto di difesa ed in particolare, qualora deduca la mancata comprensione delle allegazioni rese in interrogatorio, deve precisare quale reale versione sarebbe stata offerta e quale rilievo avrebbe avuto” (Cass. 11871/2014, Cass. 24543/2011);

4.2. in altri termini, l’eventuale nullità del provvedimento amministrativo emesso dalla Commissione territoriale per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non rileva in sè, ma solo per le eventuali conseguenze sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (Cass. n. 27337/2018, n. 7385/2017), fermo restando in ogni caso l’obbligo del giudice adito di esaminare il merito della domanda, poichè oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale il giudice deve comunque statuire, non potendosi tale giudizio concludersi con una mera declaratoria d’invalidità del diniego amministrativo, ma dovendo esso pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10 (Cass. 26480/2011);

4.3. la stessa sorte spetta agli ulteriori profili censurati con il medesimo motivo, per i quali vale appunto il richiamato principio per cui, “in tema di immigrazione, la nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla Commissione territoriale, non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto dal ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento poichè tale procedimento ha ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, sicchè deve pervenire alla decisione sulla spettanza, o meno, del diritto stesso e non può limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo” (Cass. n. 23472/2017, n. 18632/2014, n. 26480/2011);

5. il secondo mezzo – col quale si denuncia la violazione degli artt. 1 e 2 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 – è invece inammissibile perchè generico e afferente apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito sui vari temi in discussione, che non possono avere ingresso in questa sede, risolvendosi peraltro in censure motivazionali non rispettose dei canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), i quali postulano l’indicazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, di tal che il ricorrente ha l’onere di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf. ex plurúnis Cass. 27415/2018);

6. l’assenza di difese dell’intimato esonera dalla pronuncia sulle

spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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