Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22479 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 27/04/2017, dep.27/09/2017),  n. 22479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3533-2012 proposto da:

I.D.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

MANLIO GELSOMINI 4, presso lo studio dell’avvocato CARLO ALBERTO

TROILI MOLOSSI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEL TEMPIO DI

GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato ANGELA RAIMONDO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FIAMMETTA LORENZETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 228/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 20/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. A seguito di rivelazione, ai fini ICI, della posizione tributaria di I.D.F.A., il Comune di Roma accertava una differenza a debito relativa agli anni di tassazione 2000, 2001, 2002 e 2003 comunicata con avvisi di accertamento, che il contribuente impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. La CTP di Roma, accoglieva parzialmente il ricorso, rilevando la prescrizione della debenza erariale limitatamente all’anno 2000. La sentenza veniva impugnata dal Comune di Roma, che ne chiedeva la riforma con riferimento alla parte in cui veniva accolto il gravame, ritenendo erronea la valutazione delle risultanze dell’attività istruttoria compiuta dal giudice di primo grado, atteso che lo stesso aveva dedotto la prescrizione del termine quinquennale, ex art. 15, comma 4 del Regolamento ICI Comunale, dal timbro apposto sulla distinta di consegna alle poste dell’avviso di accertamento riportante la data del 3.1.2006, il quale non indicava la data di consegna del plico, ma il momento in cui l’Agente postale aveva materialmente spedito l’atto. La CTR del Lazio accoglieva l’appello, osservando che avuto riguardo alla documentazione in atti risultava che la consegna del plico all’Ufficio Postale era avvenuta in data 31.12.2005 e, tenuto conto che la notifica per il soggetto notificante si perfeziona con la consegna dell’atto all’Ufficio Postale, non era decorso il dedotto termine di prescrizione. Propone ricorso per la cassazione della sentenza I.D.F.A. svolgendo due motivi, illustrandolo con memorie. Roma Capitale, già Comune di Roma, ha presentato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 148 e 156 c.p.c. – vizio di motivazione “. Il ricorrente lamenta che la CTR fonda la sua decisione sulla scorta di elementi indiretti (cfr. distinta di spedizione dell’avviso di accertamento) in virtù dei quali si ritiene assolta la prova dell’avvenuta notifica dell’atto impugnato, laddove nel plico di ricevimento non si rinviene la data del 31.12.2005, riportata sulla distinta di spedizione.

3. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 2700 c.c. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio- vizio di motivazione – erronea valutazione della prova – avvenuta prescrizione dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) ex art. 15, comma 4, del Regolamento ICI del Comune di Roma”. Il ricorrente lamenta che il Comune di Roma, al fine di dimostrare la tempestività della notifica dell’avviso di accertamento e quindi l’efficacia dell’atto interruttivo, ha esibito in appello la copia della distinta di spedizione, dove al lato destro appare evidente il timbro tondo ed ove al centro si legge con chiarezza la data del 2.1.2006. Deduce che la CTR erroneamente afferma, mal valutando la prova offerta dal Comune di Roma, la coincidenza fra la data apposta nell’epigrafe della distinta e quella di consegna del plico all’Ufficio Postale e non con quella delimitata dal timbro postale tondo, apposto in basso a destra della distinta stessa.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per connessione logica, sono inammissibili sotto vari profili, oltre che infondati, nei sensi di cui alle seguenti considerazioni:

a) I motivi sono inammissibili atteso che la rubrica di entrambi individua contestualmente un vizio di violazione di legge e un vizio di motivazione, con inammissibile mescolanza di censure e di questioni che non consentono di cogliere con chiarezza gli argomenti prospettati. Anche nell’esposizione di tali censure, le argomentazioni sono formulate in guisa tale da non consentire di riferirle specificamente all’uno o all’altro dei profili sollevati. Questa Corte ha più volte affermato che: “In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi di impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 19443 del 2011; conf. Cass. n. 18021 del 2016; Cass. n. 21611 del 2013).

b) I motivi sono, altresì, inammissibili, posto che il ricorrente pur avendo ricondotto le censure sotto il paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in sostanza formula al giudice di legittimità una inammissibile revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo resa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. S. U. n. 24148 del 2013). Non è ravvisabile, nella specie, una motivazione omessa e insufficiente, configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento: ” ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati” (Cass.S.U. n. 24148 del 2013).

c) Invero, la sentenza impugnata non merita censure, avendo il giudice del merito dato rilievo, ai fini dell’accertamento della data di spedizione dell’avviso di accertamento da parte dell’Agente postale, alla copia della distinta delle raccomandate presentate presso il CMP di S.Lorenzo dalla quale risulterebbe chiaramente che la consegna del plico all’ufficio postale è avvenuta in data 31.12.2005.

5. I motivi sono, altresì, infondati, in ragione dell’indirizzo espresso da questa Corte, che ha statuito, con riferimento alla notifica a mezzo posta dell’atto di appello, l’equipollenza del timbro apposto sulla distinta agli altri atti contenenti lo stesso timbro, ed in particolare affermando che: ” Nel processo tributario, per la notificazione a mezzo posta dell’appello secondo le modalità fissate dall’art. 20, comma 2, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, la data di presentazione delle raccomandate, consegnate all’ufficio postale, risultante dal timbro apposto sulla distinta-elenco predisposta dall’Avvocatura Generale dello Stato (e allegata agli atti) è certa e validamente attestata, risultando da atto equipollente a quelli pure contenenti lo stesso timbro, sia che questo sia stato apposto sul piego postale, sia che lo sia stato sulla busta della raccomandata, secondo una prassi adottata dagli uffici postali, di notoria conoscenza, e riconducibile ad una nozione costituzionalmente adeguata delle dette disposizioni, anche in rispondenza della nozione ristretta delle inammissibilità processuali, posta a cardine interpretativo del processo tributario, dalla Corte costituzionale (sent. n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002)” (Cass. N. 7312 del 2006; conf. 13942 del 2011; Cass. n. 24568 del 2014).

6. Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso, condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente che liquida in complessivi Euro 800,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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