Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22477 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 09/09/2019), n.22477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27253-2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 20,

presso lo STUDIO LICCARDO LANDOLFI & ASSOCIATI, rappresentata e

difesa dall’avvocato TOMMASO MAGLIONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1098/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 6 febbraio 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto da M.R. avverso la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente contro l’avviso di accertamento con il quale, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), era stato rettificato il reddito d’impresa dichiarato per l’anno 2012, con conseguente applicazione di maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA. Disattese le censure relative al difetto di motivazione dell’atto impugnato, affermava la CTR: “Quanto poi agli ulteriori argomenti esposti nell’atto di appello, gli stessi si riferiscono al contenuto dell’atto impugnato e non già al contenuto della sentenza e pertanto sono improponibili”.

Avverso la decisione, con atto del 5 settembre 2018, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente – deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 53 e 56, 112 e 113 c.p.c., dell’art. 111 Cost.; omessa pronuncia, contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) – censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma: “Quanto poi agli ulteriori argomenti esposti nell’atto di appello, gli stessi si riferiscono al contenuto dell’atto impugnato e non già al contenuto della sentenza e pertanto sono improponibili”.

Il motivo è infondato.

Invero, contrariamente all’assunto della ricorrente, la CTR si è pronunciata anche sui motivi diversi da quello concernente il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, rilevandone l’improponibilità, in quanto essi si riferivano al contenuto dell’atto impugnato e non al contenuto della sentenza. Tale statuizione non presenta profili di contraddittorietà o illogicità suscettibili di valutazione in sede di sindacato di legittimità (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014).

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e ss., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, della L. n. 212 del 2007, dell’art. 139 c.p.c. ss., dell’art. 2700 c.c.; errata percezione e interpretazione della causa petendi e del petitum – contraddittorietà e imprecisione della motivazione su punti essenziali della controversia discussi tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Censura la sentenza impugnata per avere la CTR ritenuto legittima la motivazione per relationem dell’avviso di accertamento considerando sufficiente il richiamo al p.v.c. contenuto nell’atto.

Il motivo è infondato, essendosi la CTR Eespressa in modo conforme ai principi di diritto più volte ribaditi da questa Corte in tema di motivazione per relationem degli atti tributari: tra le tante, Cass. n. 407 del 2015, secondo cui la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione;

Cass. n. 2262 del 2018, che ha affermato che la motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio.

In conclusione, diversamente dalla proposta del relatore, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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