Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22476 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 09/09/2019), n.22476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17164-2018 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE

MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE COLETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA RUOPPOLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7067/17/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

P.C. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza in data 5 dicembre 2017 con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2010, 2011 e 2012. Rilevava la CTR che dall’esame del Modello unico degli anni in contestazione emergeva che il contribuente, promotore finanziario con un elevato volume di affari, era il responsabile diretto dell’attività, in quanto titolare dello studio professionale, e non dipendente da strutture esterne riferibili ad altrui responsabilità; rilevava che dall’anno 2012 si era avvalso per l’esercizio della professione di studi professionali e negli anni in considerazione aveva sostenuto spese per lavoro dipendente, funzionale all’espletamento di incombenze connesse all’esercizio dell’attività, potendo altresì contare su beni strumentali per valori consistenti, idonei a potenziare l’attività del promotore.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, art. 3, comma 1, lett. c) e artt. 4 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la CTR ritenuto, in contrasto con gli elementi addotti dal contribuente,

la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione in conseguenza del fatto che il professionista si fosse avvalso di studi professionali, di lavoro dipendente funzionale all’esercizio valore.

Il ricorso è fondato. Va premesso che di IRAP, l’attività promotore finanziario non è qualificabile automaticamente come attività di impresa, di per sè assoggettata ad imposta, ma, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, richiede una valutazione complessiva, da parte del giudice di merito, degli elementi di fatto offerti dalla fattispecie concreta, poichè essa, a norma del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, può essere svolta “in qualità di dipendente, agente o mandatario” e, quindi, può assumere connotati variabili tra la figura del lavoro subordinato dipendente, esente da imposta, quella del lavoro autonomo, assoggettabile ad imposta solo in presenza di un’autonoma organizzazione, e quella dell’attività d’impresa, pacificamente sottoposta ad imposizione (Cass. n. 8120 del 2012).

Nel caso di specie, la CTR ha omesso di valutare gli specifici elementi addotti dal contribuente al fine di dimostrare l’insussistenza del presupposto impositivo, riportati in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, volti a dimostrare che egli non si era avvalso di lavoratori dipendenti, che le fatture relative all’anno 2012 non concernevano la collaborazione con studi professionali riguardando invece i compensi del commercialista che teneva la sua contabilità e dell’architetto che aveva svolto le pratiche amministrative per la sistemazione del proprio ufficio; il ricorrente ha altresì dettagliatamente riportato i valori inerenti i beni strumentali.

A fronte di tali specifiche deduzioni, la CTR si è limitata ad esprimere considerazioni del tutto generiche, prive dell’indicazione di dati e valori, facendo altresì riferimento ad un dato (l’elevato volume di affari del professionista) che risulta eccentrico rispetto al fondamento normativo dell’imposizione.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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