Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2247 del 30/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2247 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 14157-2012 proposto da:
AREA UNO SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e

difeso dall’Avvocato SALVATORE LA BELLA giusta delega
in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE
CENTRALE DI ROMA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI
MIRANDOLA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE
DI MODENA;

Data pubblicazione: 30/01/2018

-

intimati

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

– controricorrente incidentale contro

AREA UNO SRL, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE
DI ROMA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MIRANDOLA
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MODENA;

intimati

avverso la sentenza n. 40/2011 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 18/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale e del ricorso
incidentale;
udito per il ricorrente l’Avvocato LA BELLA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento del ricorso incidentale.

STATO, che lo rappresenta e difende;

Fatti rilevanti e ragioni della decisione.
§ 1.

La Area Uno srl propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione

della sentenza n. 40/18/11 del 18 aprile 2011 con la quale la commissione tributaria
regionale dell’Emilia Romagna, a conferma della prima decisione, ha ritenuto
legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione notificato il 13 febbraio 2007 dall’agenzia
delle entrate – per imposta di registro, ipotecaria e catastale – sull’atto 25 febbraio
2005. Atto con il quale era stato ad essa conferito, in sede di aumento del capitale

Panaro, di valore dichiarato di euro 60.000,00 al netto di un mutuo ipotecario;
successivamente rettificato dall’ufficio in euro 4.703.000,00 ed infine, in esito ad
autoannullamento parziale, rideterminato dall’amministrazione finanziaria, al netto
delle passività, in euro 2.500.000,00 (euro 1.630.000,00 ai fini dell’imposta di
registro).
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: correttamente il giudice di primo grado si era pronunciato sul ‘merito’ della pretesa
tributaria, come risultante dall’autoannullamento parziale; – corretta era la rettifica
operata dall’amministrazione finanziaria, dovendosi nella specie tenere conto: della
stima Ute richiamata nell’iniziale avviso opposto, congruamente motivato; degli atti
di trasferimento comparativi indicati in tale stima; dell’esistenza sul terreno di un
mutuo con iscrizione ipotecaria per un importo a sua volta attestante la congruità del
valore rettificato; dei valori delle aree edificabili accertati dal Comune, ai fini Ici, per
l’anno 2005.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate, la quale formula altresì un
motivo di ricorso incidentale condizionato.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
§ 2.

Con il motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce, con indistinto

richiamo all’art. 360, 1^ co. nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. -: “difetto di motivazione;
contraddittorietà ed illogicità; violazione dell’articolo 51 d.P.R. 131/86; violazione e
falsa ed errata applicazione della normativa applicata con connessi vizi di
motivazione, omessa pronuncia; violazione dell’articolo 17 della legge 765/67;
violazione dell’articolo 2 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 che individua le ‘zone territoriali
omogenee’ ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17 della legge 765/67; omessa
pronuncia”.
Nello sviluppo della censura si lamenta, in sostanza, che la commissione
tributaria regionale abbia ritenuto fondata la pretesa dell’amministrazione finanziaria,
senza considerare che: – il terreno in oggetto, per quanto inserito in un piano di
lottizzazione con opere di urbanizzazione già autorizzate, doveva considerarsi solo
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Ric.n.14157/12 rg. – Ud.del 21 novembre 2017

Il

sociale, un terreno edificabile non urbanizzato sito in Comune di San Felice sul

potenzialmente edificabile, fino ad avvenuta urbanizzazione; – esso rientrava in
‘categoria C’ ai sensi dell’articolo 2 DM 1444/68 citato, vale a dire in zona di
espansione destinata a nuovi complessi insediativi ma ancora inedificata, non già in
zona territoriale omogenea di completamento, perché già urbanizzata; – il valore
tabellarmente stabilito dal Comune non poteva essere utilizzato nella stima, perché
riferito all’Ici e, per giunta, perché determinato con delibera GC (n. 127/06)
successiva al trasferimento in oggetto; – all’avviso di rettifica e liquidazione opposto

apoditticamente indicati dall’agenzia delle entrate; – l’avvenuto parziale
autoannullamento disposto in data 6 agosto 2007, prodotto in giudizio dall’agenzia
delle entrate, attestava esso stesso l’illegittimità della pretesa iniziale (risultando, pur
tuttavia, a sua volta ancora illegittimo per difformità dal reale valore venale del
terreno).

§ 3. Con il motivo di ricorso incidentale, definito ‘condizionato’, l’agenzia delle
entrate deduce – ex art.360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione
degli articoli 100 cod.proc.civ. e 46 d.lgs. 546/92. Per non avere la commissione
tributaria regionale rilevato, anche d’ufficio, la sopravvenuta carenza di interesse del
contribuente, il quale aveva insistito per l’annullamento dell’originario avviso di
rettifica, nonostante che quest’ultimo fosse stato sostituito – con la citata nota n.
53/07, prodotta in giudizio – da altro atto di rettifica (non contestato con motivi
aggiunti ex art.24 d.lgs. 546/92) che aveva tenuto conto delle passività esistenti sul
terreno.

§ 4.1 Il

motivo di ricorso principale, contrariamente a quanto eccepito

dall’agenzia delle entrate, deve ritenersi ammissibile sulla base del principio secondo
cui (SSUU n. 9100 del 06/05/2015): “in materia di ricorso per cassazione, il fatto che
un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe
potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé,
ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini
dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con
chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato
esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state
articolate in motivi diversi, singolarmente numerati”.
Nel caso di specie, se è vero che ci si trova di fronte ad un motivo composito e
cumulativo, altrettanto indubbio è che tali caratteristiche si riscontrano
essenzialmente nella sua rubricazione; non anche nell’illustrazione argomentativa
delle singole doglianze, la quale permette in maniera sufficientemente chiara di

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Ric.n.14157/12 rg. – Ud.del 21 novembre 2017

non erano stati allegati gli atti traslativi comparativi presi a riferimento, ed

individuare i distinti e separati profili di censura mossi alla sentenza impugnata,
secondo quanto si è poc’anzi evidenziato (§ 2).
§ 4.2 Va poi ancora premesso che, a seguito dell’autoannullamento parziale,
l’oggetto del contendere deve essere individuato nella minor pretesa impositiva così
espressa dall’amministrazione finanziaria (rideterminazione del valore dell’area in
euro 2.500.000,00, di cui euro 1.630.000,00 ai fini dell’imposta di registro).
L’autoannullamento è stato dichiaratamente disposto dall’agenzia delle entrate

esaminato i documenti prodotti dalla parte, rivedeva la propria valutazione con nota
protocollo n. 3770/2007 del 7 maggio 2007, pervenuta a quest’ufficio il 14 maggio
2007 (…)”;

esso ha comportato non già la sostituzione dell’atto impositivo

originariamente opposto dalla contribuente (il n. 20051V00016000-001 notificatole il
13 febbraio 2007, e recante la maggior determinazione di valore pari ad euro
4.703.000,00), bensì la sua mera riduzione quantitativa, a seguito del parziale
accoglimento di talune osservazioni documentate dalla contribuente stessa.
Ciò esclude che ci si trovi di fronte ad un caso di vera e propria autotutela
sostitutiva (ipotesi alla quale, soltanto, si riferisce l’orientamento di legittimità
invocato dall’agenzia delle entrate: Cass. 17119/07), ravvisandosi piuttosto un’ipotesi
di mera autoriduzione quantitativa della originaria pretesa impositiva; fermi restando
i presupposti costitutivi del rapporto tributario, così come evincibili dall’atto di
conferimento societario del terreno oggetto di accertamento.
Senonchè, in presenza di una semplice rettificazione in riduzione della pretesa
iniziale – e non di una maggior pretesa basata su un nuovo atto impositivo che tenga
in tutto luogo del precedente – correttamente il giudice regionale ha ritenuto di dover
verificare comunque la fondatezza di tale pretesa, sebbene con riguardo all’importo
diminuito in autotutela.
Si tratta di decisione conforme al principio secondo cui

“in tema di

accertamento delle imposte, la modificazione in diminuzione dell’originario avviso non
esprime una nuova pretesa tributaria, limitandosi a ridurre quella originaria, per cui
non costituisce atto nuovo, ma solo revoca parziale di quello precedente”

(Cass.

11699/16, richiamante Cass. 22019/2014; Cass.937/2009).
Dal che consegue al contempo – quand’anche lo si ritenga suscettibile di
valutazione prioritaria indipendentemente, trattandosi di questione di ammissibilità o
procedibilità del ricorso rilevabile anche d’ufficio, dalla natura condizionata che la
parte gli ha espressamente attribuito (Cass. 23531/16; 23271/14) – l’infondatezza
del motivo di ricorso incidentale dell’agenzia delle entrate.

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Ric.n.14157/12 rg. – Ud.del 21 novembre 2017

“in seguito alla revisione di stima dell’agenzia del territorio di Modena che, dopo aver

Ciò perché il solo parziale accoglimento, da parte dell’ufficio impositore, delle
osservazioni mosse dal contribuente non determinava affatto la cessazione della
materia del contendere, né travolgeva del tutto l’atto impugnato; con la conseguente
permanenza dell’interesse oppositivo del contribuente, volto ad ottenere conferma
del valore venale dichiarato nell’ atto di conferimento. Da ciò, l’effettiva necessità che
il giudice territoriale si pronunciasse – ponendosi, in tal modo, pur sempre nell’ambito
della tipica cognizione di impugnazione/merito sui limiti di legittimità dell’atto

§ 5.1 Il motivo di ricorso principale è fondato nei termini che seguono.
Per quanto concerne il carattere edificabile del terreno, il ragionamento
decisorio della commissione tributaria regionale risulta adeguatamente argomentato
e, inoltre, basato sulla corretta applicazione della normativa di riferimento.
Sul punto, è lo stesso ricorrente ad osservare come si trattasse di terreno già
dedotto in un piano di lottizzazione, ancorché ancora privo di convenzione attuativa
ed urbanizzazione. Questi ultimi elementi non escludevano tuttavia che il terreno
fosse appunto assoggettabile a rettifica con attribuzione ad esso del valore venale,
quale terreno considerato edificabile secondo le previsioni del PRG. Ciò è conforme a
quanto stabilito da Cass.SSUU 25505/06 in tema di imposta di registro
(successivamente più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità), secondo cui,
“a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 36, comma secondo, del decreto legge 4
luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,
che ha fornito l’interpretazione autentica del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131,
l’edificabilità di un’area, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione
automatica previsto dall’art. 52, comma quarto, del d.P.R. n. 131 cit., dev’essere
desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato
dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della
Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi”. Ciò in ragione del fatto che
“l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far
lievitare il valore venale dell’immobile (…)”.
Non vale obiettare che l’area in questione dovesse essere ricompresa in zona
di espansione per insediamenti produttivi e non di completamento di aree già
edificate ed urbanizzate, poto che tale diversa qualificazione non avrebbe escluso,
come detto, l’edificabilità dell’area ai fini dell’imposta di registro; salvo rilevare in
sede di valutazione dell’effettiva incidenza economica dei costi di urbanizzazione sul
valore venale del bene al momento del conferimento.

§ 5.2 La commissione tributaria regionale è invece incorsa nelle censure
lamentate proprio per quanto concerne i criteri di quantificazione del v ore
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Ric.n.14157/12 rg. – Ud.del 21 novembre 2017

impositivo opposto – sulla fondatezza della (residua) pretesa erariale.

attribuibile al terreno edificabile in questione (valore che il contribuente, pur dopo
l’autoannullamento parziale, insiste nel ritenere congruo con riguardo al dichiarato).
Va in proposito osservato che la decisione del giudice territoriale si è basata
sui seguenti elementi: – la stima Ute e gli atti comparativi; – i valori stabiliti dal
Comune ai fini Ici; – la sussistenza sul fondo di un’ipoteca di valore presumibilmente
doppio del mutuo bancario erogato (euro 1.740.000,00).
Nessuno di tali parametri valutativi – così come esposti dalla commissione

Per quanto concerne la stima Ute (che, riportata per autosufficienza in ricorso
quale allegato all’avviso di rettifica e liquidazione, non allegava a sua volta, nè
riportava gli estremi, degli atti di comparazione relativi al trasferimento di immobili
similari intercorsi nell’ultimo triennio: v.Cass. 12741/14), la CTR non ha fatto corretta
applicazione del principio secondo cui (Cass. 14418/14 ed altre) “in tema di INVIM e
di imposta di registro, poiché dinanzi al giudice tributario l’amministrazione
finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile,
redatta dall’Ufficio tecnico erariale, prodotta dall’amministrazione finanziaria
costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il
valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche
per quel che riguarda il contenuto. Nondimeno, nel processo tributario, nel quale
esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte
può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento
della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e
convincente”.

Se è dunque vero che anche la perizia UTE (che è, a tutti gli effetti, la

consulenza di una parte paritetica del giudizio) può fondare il convincimento del
giudice, altrettanto vero è che questi deve dare adeguata e completa motivazione
delle ragioni di adesione ad essa; cosa che nella specie non è avvenuta, se non con
richiamo ad ulteriori parametri valutativi a loro volta inficiati.
Per quanto concerne i parametri ai fini Ici, va infatti considerato che il giudice
di merito non esplicita le ragioni per cui gli stessi dovessero considerarsi validamente
dimostrativi del valore venale rettificato dall’ufficio. Segnatamente, non esplicita le
ragioni per cui dovevano essere disattese le contestazioni mosse dal contribuente,
secondo cui si trattava di valutazioni Ici comunque inattendibili allo scopo, perché: relative ad annualità successiva (2006) a quella del conferimento; – riferite
comunque a terreni di completamento già urbanizzati, diversamente (nel 2005) da
quello conferito; – successivamente superate (2007) dalla stessa amministrazione
comunale mediante adozione di una valutazione a mq. nettamente inferiore. Ciò a
maggior ragione nell’osservanza dell’orientamento di legittimità (da ultimo, qass.
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Ric.n.14157/12 rg. – Ud.del 21 novembre 2017

tributaria regionale – poteva di per sé giustificare la fondatezza dell’avviso.

21830/16, con richiamo a Cass. 15078/04 e 7903/16) secondo cui, ferma restando la
possibilità di stima sulla base di indicazioni di diverso tipo provenienti dai Comuni, ex
articolo 51, terzo comma, d.P.R. 131/86: “in tema d’imposta di registro, al fine di
determinare il valore venale del bene, e dunque la base imponibile, non possono
essere utilizzati i criteri di determinazione dell’ICI, attesa l’occasionalità dell’imposta
di registro rispetto alla periodicità, e dunque ripetitività, dell’ICI la cui quantità va
determinata di anno in anno con riferimento al primo giorno del periodo di imposta”.

tributaria regionale assume non trattarsi di “prova certa” del valore venale del bene,
affidandosi piuttosto ad una mera “supposizione” basata su ciò che normalmente
accade (iscrizione per il valore doppio del mutuo). Senonchè, essa non dà poi
logicamente conto del fatto che tale criterio (in presenza di un mutuo dalla stessa
indicato in euro 1.740.000,00, e dunque comportante un’iscrizione per il doppio)
finisse con il trovare smentita nello stesso provvedimento di autoannullamento
dell’amministrazione finanziaria (recante un valore inferiore, di euro 1.630.000,00,
per imposta di registro).
In tale situazione, in definitiva, si impone la cassazione della sentenza
impugnata in accoglimento del ricorso principale. Ne segue il rinvio alla commissione
tributaria regionale dell’Emilia-Romagna la quale, in diversa composizione,
riconsidererà il punto decisivo per il giudizio, rappresentato dal valore venale del
terreno al momento del conferimento, sulla base delle indicazioni che precedono. Il
giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

Pq m
La Corte

accoglie il ricorso principale;

rigetta il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche

Per ciò che attiene all’iscrizione ipotecaria, infine, la medesima commissione

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