Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22468 del 27/10/2011
Cassazione civile sez. VI, 27/10/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 27/10/2011), n.22468
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19308/2010 proposto da:
B.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA MONTE DELLE PICHE 26, presso lo studio dell’avvocato PECORA
Giuseppe, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
F.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA SEBINO 29, presso lo studio dell’avvocato GENTILE Massimo,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FUMEL GIAMPIERO
giusta procura a margine del ricorso;
– controricorrente –
e contro
UGF ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) (società nata dalla fusione
incorporazione della Compagnia Assicuratrice Unipol spa con Aurora
Assicurazione spa) in persona del procuratore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio
dell’avvocato CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controrcorrente –
avverso la sentenza n. 404/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
12/01/10, depositata il 02/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
05/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione:
“1 – La sentenza impugnata, confermando quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, rigettato l’appello principale proposto dall’odierna ricorrente, ritenendo inammissibile la domanda di risarcimento del danno esistenziale perchè proposta solo in appello ed infondate le censure della B. avverso le congrue e corrette valutazioni del Tribunale in ordine all’inclusione del danno estetico in quello biologico (in assenza di prova dell’appellante circa il danno patrimoniale conseguente a quello estetico), al mancato riconoscimento del danno patrimoniale, nulla vendo provato l’interessata al riguardo e non essendo emersa dalla CTU una totale perdita della sua capacità lavorativa, nonchè all’adeguata valutazione del danno morale ex art. 2059 c.c., in rapporto alle modalità del sinistro, alla natura colposa della responsabilità del danneggiante ed alle presumibili sofferenze dell’istante, la quale non aveva adeguatamente chiarito le ragioni che avrebbero dovuto indurre a differente valutazione (ed emergendo dalla CTU che la dedotta perdita dell’olfatto non era comunque totale).
2 – Ricorre per cassazione la B. con cinque motivi; la compagnia assicuratrice e il danneggiante resistono con controricorso. Le censure articolate dalla ricorrente in ordine ai descritti punti della sentenza di appello sono manifestamente prive di pregio, perchè:
2.1. quanto alla valutazione in via equitativa ex art. 1226 c.c., del danno morale, non sussiste il dedotto vizio d’insufficiente e contraddittoria motivazione su punto controverso. La sentenza impugnata è in armonia con il principio secondo cui la liquidazione del danno morale (Cass. Sez. 3^, n. 29191 del 2008) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravita del fatto e risarcire la persona delle sofferenze subite. Dal complesso della motivazione della sentenza impugnata, risulta che le argomentazioni spese dalla danneggiata per ottenere una liquidazione più elevata del danno morale implicano esame degli atti e valutazioni di merito non consentite nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. 3^, 3. 19 gennaio 2010 n. 702);
2.2. in relazione alla ritenuta inammissibilità della domanda di danno esistenziale, la doglianza di pretesa violazione dell’art. 345 c.p.c., è inammissibile, in quanto l’interpretazione della domanda è frutto di un tipico giudizio di fatto riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (Cass. 18 maggio 2005 n. 10423); nè, in rapporto al dedotto vizio motivazionale, la ricorrente ha fornito specifici elementi circa l’illogicità della motivazione sul punto, non potendosi invocare un ristoro, a detto titolo, “al di là del nomen iuris” impiegato, specialmente ove non si indichi se e come in primo grado sia stato dedotto il pregiudizio alla propria sfera esistenziale;
2.3. quanto all’asserito vizio di motivazione nella liquidazione del danno biologico, perchè, come nel caso del danno morale ex art. 2059 c.c., le argomentazioni spese dalla danneggiata per ottenere una liquidazione più elevata del danno biologico implicano esame degli atti e valutazioni di merito non consentite nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. 3^, 3. 19 gennaio 2010 n. 702; si veda anche quanto osservato al successivo punto 2.5:); senza contare che la doglianza risulta formulata in violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo specificato se e come la questione della “personalizzazione” della quantificazione di tale componente del risarcimento sia stata prospettata nei precedenti gradi;
2.4. quanto alla violazione dell’art. 2043 c.c., e vizio di motivazione su punto decisivo per la mancata liquidazione del danno patrimoniale, perchè la questione della mancata prova della perdita totale della capacità lavorativa non è prospettabile sotto il profilo della violazione di legge (art. 360, n. 3), trattandosi di censura volta a contestare la valutazione delle risultanze di causa (art. 360 c.p.c., n. 5) congruamente e correttamente apprezzate nella specie dal giudice di appello, con conseguente mancanza di pregio anche della parte del motivo incentrata sul vizio motivazionale;
2.5. quanto alla pretesa violazione dell’art. 2059 c.c., e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento del danno estetico, oltre a non essere specificati profili di illogicità della motivazione impugnata, circa l’inclusione del danno alla capacità lavorativa generica e del danno estetico nel danno biologico, la sentenza impugnata ha fatto buon governo – anche in rapporto ai precedenti motivi, specie a quello sub 2.3. – dei principi enunciati da questa S.C. nelle sentenze delle Sezioni Unite da 26972 a 26975 del 2008 che hanno innanzitutto ribadito che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); e quella in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Le sentenze quindi esaminano il contenuto della nozione di danno non patrimoniale, stabilendo che quest’ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva.
4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c., ed il rigetto dello stesso”.
La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.
Il ricorrente ha presentato memoria che si limita a ribadire le argomentazioni contenute nel ricorso.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato;
le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorario in favore di ciascuna parte costituita, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011