Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22467 del 27/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 27/10/2011), n.22467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18109/2010 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato MARIANI LUCIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTI Fedele giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VESPASIANO 17-A, presso lo studio dell’avvocato INCANNO’ Giuseppe,

che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.G., D.V.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 14/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

24/11/09, depositata il 07/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

è presente il presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA

CARESTIA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione:

“1 – La sentenza impugnata, riformando parzialmente quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, rideterminato l’importo del risarcimento dovuto al P., sottraendo da quello stabilito dal Tribunale l’acconto versato dalla Compagnia assicuratrice il 27.12.1997, per L. 150.000.000 (di cui non si era tenuto conto nella sentenza di prime cure) ed ha rigettato l’appello incidentale dell’odierno ricorrente, il quale veniva condannato a sostenere le spese del grado. L’eccezione del P., volta a vedere applicati interessi e rivalutazione sull’importo dell’acconto, veniva respinta sul presupposto che il pagamento risaliva al 27 dicembre 1997 e che il Tribunale aveva riconosciuto sia la rivalutazione del risarcimento all’atto della decisione, sia gli interessi dal fatto, sicchè il danno da ritardo subito dal creditore doveva già ritenersi risarcito.

2 – Ricorre per cassazione il P. con due motivi; la compagnia assicuratrice resiste con controricorso gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

3.1. – Il primo motivo denuncia, sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo e contrasto tra dispositivo e motivazione in ordine alle modalità di calcolo degli accessori (interessi e rivalutazione) sulla somma liquidata, a titolo di risarcimento dei danni. La censura è manifestamente priva di pregio.

La trattazione del motivo non mette in grado la Corte d’individuare quale sia stato l’effettivo parametro temporale adottato nella liquidazione del danno dal giudice di merito (in modo complementare con la motivazione di primo grado, perchè la Corte territoriale si è limitata a ridurre l’importo in considerazione dell’acconto non considerato dal primo giudice). Proprio con riguardo alla rivalutazione ed ai fini dell’ammissibilità dei motivi di ricorso, questa Corte ha affermato che, poichè l’interesse processuale all’impugnazione deve essere concreto – e non teorico – e va provato dal ricorrente, questi deve necessariamente indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere correttamente effettuata, solo così potendo dimostrare che quella operata dal giudice sia quantitativamente inferiore e, quindi, far risaltare il suo interesse alla censura (argomento desumibile da Cass. n. 376 del 2005, in motivazione). Il criterio ribadito dalla Corte territoriale è peraltro conforme alla consolidata giurisprudenza in materia (Cass. S.U. n. 1712 del 1995 e successive conformi).

3.2. Manifestamente infondato si rivela anche il secondo motivo – con cui il ricorrente deduce omessa motivazione sulla propria condanna alle spese di appello e violazione dell’art. 92, comma 2, sul medesimo punto – dato che, tenuto conto dell’esito del grado, non risulta violato il criterio della soccombenza e l’iter argomentativo è facilmente ricostruibile attraverso la considerazione globale dei motivi della decisione impugnata.

4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso”.

La relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite. Le parti non hanno presentato memorie.

A seguito della discussione in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato. Le spese seguono la soccombenza;

Visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorario in favore della parte costituita, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011

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