Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22467 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14676-2015 proposto da:

D.A.S., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato

ROBERTO BRAIDA che la rappresenta e difende giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO

23, presso lo studio dell’avvocato PIERGIORGIO VILLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANILO DELLA ROSA

giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 26/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

emessa il 25/11/2014 e depositata il 26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI;

udito l’Avvocato ROBERTO BRAIDA per la ricorrente che chiede la

rimessione alla Pubblica Udienza;

udito l’Avvocato Vanda Vincenzo (delega Avvocato Danilo Della Rosa)

che chiede che sia dichiarato il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.;

“Ritenuto che:

– la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Tolmezzo, che, in accoglimento della domanda proposta da D.P.G., ha condannato D.A.S. ad arretrare fino alla distanza legale le opere (una terrazza e una rampa di scale) edificate sul fondo limitrofo a quello attoreo e a corrispondere all’attrice la somma di Euro 10 mila a titolo di risarcimento del danno;

– per la cassazione di tale sentenza ricorre D.A.S. sulla base di quattro motivi;

– resiste con controricorso D.P.G., che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo;

Atteso che:

– i prime due motivi di ricorso (con i quali si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 871, 872 e 2909 c.c. e artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione alla ritenuta violazione delle distanze legali anche con riferimento alle vedute, non lamentata da parte attrice) appaiono inammissibili, in quanto il ricorrente – che deduce nella sostanza la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sub specie di vizio di extrapetizione (art. 112 c.p.c.) avrebbe dovuto censurare la sentenza impugnata ex art. 360, n. 4 (e non ex art. 360, n. 3), dovendosi peraltro rilevare che i motivi in esame implicano una critica all’interpretazione della domanda, la quale è incensurabile in sede di legittimità avendo la Corte territoriale espresso il suo motivato convincimento sul punto (Sez. 1, Sentenza n. 5876 del 11/03/2011, Rv. 617196);

– il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di Appello accolto la domanda di risarcimento del danno nonostante avesse ritenuto violate solo le distanze relative alle vedute) appare manifestamente infondato, in quanto la Corte territoriale ha ritenuto anche la violazione delle distanze prescritte tra le costruzioni (art. 873 c.c.) (cfr. pp. 5-6 della sentenza impugnata);

– il quarto motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di Appello disposto la demolizione delle opere, anzichè l’adozione di accorgimenti per eliminare le vedute) appare manifestamente infondato, avendo l’attrice chiesto secondo l’interpretazione della domanda da parte del giudice di merito anche l’osservanza delle distanze tra costruzioni;

Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato”;

Considerato che:

– entrambe le parti hanno depositato memorie;

– tutte le censure mosse col ricorso – ivi compreso il vizio di ultrapetizione – si risolvono in una critica all’interpretazione delle domande attoree data dai giudici di merito, interpretazione che risulta esente da manifesta illogicità e da errori di diritto, con conseguente infondatezza del ricorso, risultando così ininfluente il problema della qualificazione della censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o del n. 4;

– il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato;

– il ricorso incidentale condizionato rimane assorbito;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile catione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis;

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la parte ricorrente in via principale al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta – 2 Sezione Civile, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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