Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22466 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14571-2015 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI VILLA

CARPEGNA 43, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO DE PROPRIS, che

lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., C.A., C.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO DE SANCTIS 4, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE TENCHINI, che li rappresenta e difende giusta

procura allegata al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2387/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa l’8/04/2014 e depositata il 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.;

“Ritenuto che:

– R.A. convenne in giudizio C.R., M.M. e C.A., chiedendo – per quanto qui ancora rileva la condanna degli stessi a rimuovere i vasi collocati nelle parti comuni (terrazzo e scala) dell’edificio, ad eliminare le infiltrazioni provenienti dal loro appartamento e a risarcire il danno;

– nella resistenza dei convenuti, il Tribunale di Tivoli condannò i convenuti al risarcimento dei danni relativi alle infiltrazioni e rigettò le altre domande, condannando l’attore al pagamento delle spese processuali;

– sul gravame proposto dall’attore, la Corte di Appello di Roma confermò la pronuncia di primo grado, ad eccezione della statuizione sulle spese processuali, che pose a carico del R. solo nei limiti dei quattro quinti;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre R.A. sulla base di due motivi;

– resistono con controricorso C.R., M.M. e C.A.;

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di Appello ritenuto che i vasi posti dai convenuti sul terrazzo e sulla scala comuni non limitassero l’uso e il godimento dell’attore) appare inammissibile, trattandosi di censura di merito che verte sull’accertamento e apprezzamento del fatto, come tale insindacabile nel giudizio di legittimità;

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 5, – l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, relativamente alla mancata ammissione delle prove per testi e al mancato richiamo dei C.T.U.) appare inammissibile, in quanto: 1) il vizio della motivazione non è compreso tra i motivi di ricorso di cui all’art. 360 nel testo applicabile ratione temporis; 2) il motivo difetta di autosufficienza per non avere il ricorrente dedotto di aver lamentato la mancata ammissione dei mezzi di prova con apposito motivo di gravame e trascritto il relativo motivo, in modo da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” (Sez. 2, Sentenza n. 17049 del 20/08/2015, Rv. 636133); 3) il motivo difetta di autosufficienza anche per non avere il ricorrente riportato le circostanze sulle quali ha dedotto la prova per testi; 4) il rigetto della istanza di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in cassazione;

Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi dichiarato inammissibile”;

Considerato che:

– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 – bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis;

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta – 2 Sezione Civile, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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