Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22463 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 16/10/2020), n.22463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12366/2013 R.G. proposto da:

Metalrossetti spa in liquidazione in concordato in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Rosario

Calì, con domicilio eletto in Roma, via Ludovisi n. 35 presso lo

studio dell’avv. Marisa Pappalardo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 140/42/2012 del 24 ottobre 2012, depositata il 6

novembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno

2019 dal Consigliere Enrico Manzon.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva parzialmente il ricorso di Metalrossetti s.p.a. contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2004 notificatole dall’Agenzia delle Entrate di Milano, riducendo la ripresa fiscale di costi indeducibili, basata sulla contestazione dell’inesistenza delle operazioni passive correlate, dall’importo di Euro 9.306.990,35 a quello di Euro 375.000 ed annullando integralmente quella di perdite su crediti, per l’importo di Euro 1.262.319, basata sull’assenza di “definitività e certezza” di tali sopravvenienze passive.

La sentenza, appellata da entrambe le parti, è stata riformata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che ha accolto in massima parte il gravame dell’Agenzia mentre ha respinto quello di Metalrossetti (seppure dichiarando erroneamente, anche in dispositivo, il suo parziale accoglimento, in ragione della fondatezza di una censura di nullità della pronuncia impugnata ininfluente sulla decisione).

Per quanto in questa sede rileva, la CTR ha osservato che:

– era infondata l’eccezione preliminare della società contribuente, di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia perchè non contenente la specifica impugnazione della statuizione del primo giudice di invalidità dell’atto impositivo, nella parte concernente le perdite su crediti, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, posto che detta statuizione non integrava una ratio decidendi autonoma, suscettibile di passare in giudicato;

– pur dovendosi accogliere il motivo d’appello con il quale Metalrossetti aveva dedotto la nullità della sentenza impugnata, per difetto assoluto di motivazione sulle eccezioni di invalidità dell’avviso di accertamento proposte con il ricorso introduttivo della lite (nullità della notifica dell’atto impositivo, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54), le eccezioni, riproposte dall’appellante nel grado, erano infondate;

– nel merito, quanto alla pretesa erariale relativa ai costi indeducibili, l’appello dell’Agenzia andava integralmente accolto, in quanto la prova dell’inesistenza delle operazioni in contestazione e della consapevolezza di tale circostanza da parte dei legali rappresentanti della società contribuente doveva ritenersi raggiunta in via presuntiva, in ragione degli esiti delle indagini condotte dalla GdF, trasfuse nei verbali del 9.5.2006, 28.6.2007 e del 16/21.10.2008, che avevano accertato: la assenza di strutture organizzative (sede, depositi materiali, beni strumentali, personale) delle società 2R s.r.l., Metalberio s.a.s., 2Q s.r.l., Metalcenter s.r.l. e VT Alluminio s.r.l., emittenti delle fatture, nonchè la loro pacifica qualità di “evasori totali”; la falsità o l’incompletezza dei documenti relativi al trasporto delle merci, confermata dalle dichiarazioni di colui che, in alcuni casi, era indicato come conducente dei mezzi; la frequente triangolazione delle operazioni commerciali (con le quali una delle predette società, attraverso l’interposizione fittizia di un’ altra, finiva con l’acquistare merce già in suo possesso); la contestualità fra messa all’incasso degli assegni emessi a pagamento delle fatture e prelievo delle somme in essi accreditate (fatto che confortava le dichiarazioni rese in sede penale dal legale rappresentante di 2R, circa l’immediata restituzione di tali somme, in contanti e previo trattenimento di una provvigione, all’amministratore di fatto di Metalrossetti); l’assenza di alcuna attività di verifica dell’effettività delle prestazioni da parte della contribuente, nonostante i rapporti illeciti così accertati avessero avuto notevole ripetitività e fossero durati anni;

– per contro, la contribuente non aveva fornito alcuna prova idonea a vincere la presunzione, non potendo ritenersi rilevante in tal senso – stante il potere dell’Agenzia di valutare autonomamente, ai fini del proprio accertamento, i fatti emersi dalle indagini della GdF e non sussistendo un nesso di pregiudizialità fra processo penale e processo tributario – nè che l’Ufficio si fosse discostato dalle non condivisibili conclusioni raggiunte dalla GdF (che aveva escluso di poter contestare le operazioni per le quali la prova della restituzione dei pagamenti si basava solo sulle dichiarazioni di terzi) nè che il GIP avesse archiviato il procedimento penale promosso, per i medesimi fatti, a carico del legale rapp.te di Metalrossetti;

– infine, quanto alla pretesa concernente le perdite su crediti ritenuti indeducibili – ribadito che la statuizione della sentenza appellata concernente la violazione del contraddittorio endoprocedimentale (L. n. 212 del 2000, art. 12) era priva di autonoma valenza decisoria – il gravame agenziale era parzialmente fondato, dovendo essere imputata ad un esercizio successivo la sopravvenienza passiva rappresentata credito per Euro 869.391 verso (OMISSIS), fallita nel (OMISSIS).

Avverso la sentenza, depositata il 6.11.2012, Metalrossetti spa propone ricorso per cassazione deducendo otto motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la ricorrente lamenta violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art.132 c.p.c.) e vizio motivazionale, per aver la CTR rigettato il motivo d’appello con il quale essa aveva eccepito la nullità della sentenza di primo grado, per mancanza di un’effettiva motivazione, (anche) con riguardo al capo che aveva ritenuto fondata la pretesa erariale relativa ai costi indeducibili.

2) Il motivo non merita accoglimento.

E’ principio cardine del nostro ordinamento che, salve le ipotesi di inammissibilità, improcedibilità o improponibilità del gravame, la sentenza d’appello ha effetto sostitutivo di quella di primo grado (nelle parti non coperte da giudicato) non solo in caso di sua riforma, ma anche in caso di sua conferma integrale o parziale (fra molte, Cass. nn. 29021/018, 9202/018, 9161/013).

L’appellante che abbia denunciato un vizio di nullità della sentenza impugnata non comportante la rimessione della causa al primo giudice (quale quello di violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), non ha pertanto interesse a dolersi, col ricorso per cassazione, del rigetto del relativo motivo: infatti, stante l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, ciò che unicamente rileva nel giudizio di legittimità è il se e il come il giudice di secondo grado (che non può limitarsi ad accertare la nullità, ma deve decidere nel merito) abbia esaminato le questioni rispetto alle quali il vizio era stato dedotto ed abbia pronunciato sulle stesse (cfr. Cass. n. 1323/018). Si deve, in conclusione, ribadire e dare seguito al principio secondo cui “E’ inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello che abbia omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, qualora il vizio di questa, laddove esistente, non avrebbe comportato la rimessione della causa al primo giudice, in quanto estraneo alle ipotesi tassative degli artt. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello abbia deciso nel merito su tutte le questioni controverse, senza alcun pregiudizio per il ricorrente conseguente alla omessa dichiarazione di nullità” (Cass., n. 18578 del 21/09/2015, Rv. 637095 – 01).

3) Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la ricorrente deduce la violazione/falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e vizio motivazionale, per avere la CTR rigettato la sua eccezione di incongruenza/insufficienza della motivazione dell’avviso, che faceva generico riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. b) e d), ma non precisava quale metodo fosse stato in concreto seguito dall’Ufficio in relazione a ciascuna pretesa.

4) Il motivo va respinto sotto entrambi i profili dedotti.

4.1) La CTR ha chiaramente indicato le ragioni di rigetto dell’eccezione, rilevando che l’omessa, specifica indicazione del metodo accertativo utilizzato dall’Agenzia non integrava il vizio di nullità dedotto, in quanto, da un lato, il riferimento al ragionamento presuntivo sul quale si fondava la ritenuta inesistenza delle operazioni triangolari rendeva chiaro che l’accertamento in questione era stato compiuto ai sensi del citato art., lett. d), e, dall’altro, la contestata violazione degli artt. 101 e 106 TUIR con riguardo alle perdite indeducibili era idonea ad esplicitare che, in ordine a tale pretesa, era stata applicata la previsione di cui alla lettera b) della disposizione.

Va dunque escluso che si versi in ipotesi riconducibile al disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012).

4.2) Deve altresì escludersi che la CTR, nel ritenere idoneamente motivato l’atto impositivo, sia incorsa nella dedotta violazione di legge.

L’assunto di Metalrossetti, a cui dire l’obbligo di motivazione dell’avviso è soddisfatto solo se l’Ufficio dà atto della metodologia utilizzata con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie, trova infatti smentita nel principio secondo cui “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), non esclude che l’Amministrazione finanziaria possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico del cit. D.P.R. n. 600, ex art. 39, comma 1, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie” (Cass. n. 13350 del 10/06/2009, Rv. 608513 – 01).

Del resto, ciò che rileva al fine della corretta motivazione dell’atto è che questo, oltre che gli estremi del titolo e della pretesa impositiva, indichi i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo giustificano con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che valgano a porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” (Cass. n. 16836 del 24/7/2014).

Pertanto, ad ulteriore conferma della conformità a diritto del capo della decisione in esame, va rilevato che non risulta che la ricorrente abbia lamentato una violazione del proprio diritto di difesa dipendente dall’omessa, specifica indicazione, nell’avviso, del metodo utilizzato dall’Ufficio per ciascun accertamento.

5) Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – Metalrossetti denuncia la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su due motivi di appello nonchè per illegittimo assorbimento di motivi del ricorso introduttivo della lite non trattati nella sentenza appellata.

Il motivo, nei suoi variegati profili, deve essere respinto.

5.1) Come si è esposto nella parte narrativa della presente sentenza, la CTR ha ampiamente motivato le ragioni del proprio convincimento circa la piena legittimità del recupero dei costi relativi a fatture per operazioni inesistenti, sicchè il fatto che non abbia espressamente dichiarato infondate le difese (impropriamente definite eccezioni) svolte da Metalrossetti per contrastare la pretesa in questione (nullità del recupero perchè fondato unicamente su prova testimoniale; illegittimità dell’avviso per carenza di analisi critica dei dati raccolti dalla GdF, loro uso improprio e illogicità manifesta del risultato) non integra il vizio denunciato, il quale ricorre unicamente quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto” (Cass. n. 7653 del 16/05/2012).

5.2) La censura con la quale si lamenta il difetto dei presupposti per ritenere assorbiti “gli altri motivi di ricorso” è invece inammissibile per difetto assoluto di specificità, avendo la ricorrente omesso sia di richiamare detti motivi sia di illustrare le ragioni per le quali la CTR (che peraltro non ha emesso un’espressa pronuncia di assorbimento) avrebbe dovuto esaminarli.

6) Con il quarto, quinto e sesto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5 – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione dell’ art. 2697 c.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e artt. 41 e 42, e vizio motivazionale, poichè la CTR ha ritenuto adeguatamente suffragate sul piano probatorio, e perciò fondate, le riprese per costi indeducibili riferiti alle fatture per operazioni inesistenti.

6.1) I motivi, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono in massima parte inammissibili in quanto volti ad ottenere una diversa valutazione, nel merito, delle risultanze istruttorie, senza che sia chiarito su quale punto decisivo della controversia la motivazione sarebbe omessa, insufficiente o contraddittoria.

6.2) Va rilevato, per altro verso, che nei suoi snodi argomentativi la sentenza impugnata è pienamente rispettosa del principio di diritto, applicabile in materia, secondo cui “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili” (Cass., n. 428 del 14/01/2015, Rv. 634233 – 01).

6.3) Pienamente corretta sul piano giuridico è anche l’affermazione della piena autonomia, rispetto alle conclusioni raggiunte dalla GdF, delle valutazioni operate dall’Amministrazione, essendo evidente la distinzione di poteri e responsabilità tra organo istruttorio ed organo accertativo, spettando per legge solo a quest’ultimo la competenza di definire i termini di fatto e di diritto della pretesa creditoria fiscale azionata.

Sul punto il Collegio aderisce ed intende dare seguito al principio di diritto che “In tema di violazione di norme finanziarie (nella specie, in materia di IVA), il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dalla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi o meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento” (Cass. n. 27711 del 11/12/2013, Rv. 629501 – 01).

6.4) Infine risulta infondato il profilo di censura, reiterato nei mezzi in esame, di mancata valutazione del provvedimento di archiviazione del procedimento penale avviato nei confronti di Enrico Rossetti, legale rappresentante della ricorrente.

La CTR lombarda infatti ha dato puntuale riscontro a questo argomento difensivo, sostanzialmente rivendicando la propria autonomia di giudizio, secondo le regole probatorie del processo tributario di merito.

Così decidendo, il giudice tributario di appello ha prestato fedele ossequio al consolidato principio di diritto che “In tema di violazione di norme finanziarie (nella specie, in materia di IVA), il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dalla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi o meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento” (Cass. n. 27711 del 11/12/2013, Rv. 629501 – 01) ed altresì a quello ancor più specifico che “Nel processo tributario, l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente per insussistenza del reato di esposizione di elementi passivi fittizi mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non opera automaticamente per i fatti relativi alla correlata azione di accertamento fiscale nei confronti della società, poichè in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella testimoniale del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna. Pertanto, stante l’evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio” (Cass. n. 19786 del 27/09/2011).

8) Con il settimo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la ricorrente deduce la violazione/falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè il vizio di motivazione, in relazione al rigetto dell’eccezione di giudicato interno formatosi sul capo della sentenza di primo grado, non impugnato in appello dall’Agenzia delle entrate, che ha ritenuto che nella parte concernente il recupero a tassazione delle perdite su crediti l’avviso di accertamento fosse stato emesso in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12.

8) La censura è fondata.

La sentenza impugnata deve infatti considerarsi erronea sul punto decisionale in questione, dato che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale è stata oggetto di apposita eccezione, proposta da Metalrossetti con il ricorso introduttivo della lite, sulla quale la CTP milanese ha pronunciato, accogliendola.

La statuizione, concernente una ragione di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato pregiudiziale e dirimente, costituiva un’autonoma ratio decidendi, da sola sufficiente all’accoglimento del ricorso sul punto, ed avrebbe pertanto dovuto essere specificamente impugnata dall’Agenzia delle entrate, che di contro, pacificamente, non lo ha fatto.

Vanno in conseguenza rilevati l’inammissibilità dell’appello agenziale con riguardo alla ripresa fiscale relativa alle “perdite su crediti” e il passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado che ha annullato l’avviso in parte qua.

8) All’accoglimento del motivo consegue la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto il gravame dell’Agenzia con riguardo alle perdite su crediti, atteso che l’appello sul punto non poteva essere proseguito.

Resta assorbito l’ottavo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta che la CTR abbia ritenuto parzialmente fondata, nel merito, la relativa pretesa.

Stante la reciproca soccombenza delle parti, le spese dell’intero giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo motivo del ricorso, assorbito l’ottavo, e rigetta nel resto; dichiara inammissibile l’appello dell’Agenzia delle Entrate in punto di perdite su crediti e cassa senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui lo ha accolto; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

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