Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22462 del 04/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22462
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14155-2015 proposto da:
D.D.R., D.D.G., elettivamente domiciliati in ROMA
PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’Avvocato ANTONIO BATTAGLIA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
C.B., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato MARCO
NAPOLI giusta procura in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1434/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
emessa il 18/03/2014 e depositata il 09/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.;
“Ritenuto che:
– C.B. convenne in giudizio D.D.G. e D.D.R., chiedendo la condanna degli stessi a cessare di esercitare la servitù di passo sulla sua proprietà per accedere al loro orto;
– nella resistenza dei convenuti, il Tribunale di Varese (Sezione distaccata di Luino) rigettò la domanda;
– sul gravame proposto dall’attrice, la Corte di Appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, condannò i convenuti a cessare l’esercizio del passaggio sulla proprietà esclusiva dell’attrice;
– per la cassazione della sentenza di appello ricorrono D.D.G. e D.D.R. sulla base di due motivi;
– resiste con controricorso C.B., che propone altresì ricorso incidentale affidato a un motivo;
Atteso che:
– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di Appello ritenuto che il pianerottolo di arrivo della scala e dello scivolo fossero di proprietà esclusiva dell’attrice) appare inammissibile, risolvendosi in una doglianza circa l’interpretazione di un atto negoziale (l’atto di divisione del 1989), che – per pacifica giurisprudenza di questa Corte – costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e segg. c.c. o di motivazione insufficiente o illogica, nella specie insussistenti (cfr., ex multis, Sez. L, Sentenza n. 17168 del 09/10/2012, Rv. 624346; Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010, Rv. 613151);
– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di Appello non considerato la sussistenza di un fatto notorio) appare manifestamente infondato, in quanto il fatto notorio consiste in un “fatto conosciuto dalla generalità dei cittadini di media cultura in un dato tempo e luogo” e, dunque, non può ravvisarsi in una situazione di fatto relativa alle sole parti (senza considerare che il preteso fatto notorio non è neppure precisato dai ricorrenti);
– l’unico motivo del ricorso incidentale (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte di Appello omesso di provvedere sulle spese del giudizio di primo grado) appare manifestamente fondato, in quanto la Corte di Appello ha applicato il principio della soccombenza per il grado di appello, senza provvedere sulle spese del primo grado del giudizio, in relazione al quale si è limitata a condannare i convenuti a restituire all’attrice le somme percepite in forza delle sentenza del primo giudice;
Ritenuto che il procedimento può essere avviato alla trattazione camerale, perchè sia rigettato il ricorso principale e sia accolto il ricorso incidentale”;
Considerato che:
– entrambe le parti hanno depositato memoria;
– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 – bis c.p.c., non sussistendo la dedotta violazione – da parte dei giudici di merito – dei canoni di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., con riferimento all’interpretazione del contratto di divisione (su cui si insiste nella memoria di parte ricorrente), violazione – peraltro – indicata in termini del tutto generici dai ricorrenti in via principale;
– il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato;
– va invece accolto il ricorso principale per le ragioni evidenziare nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., non avendo la Corte territoriale, nel riformare la sentenza del Tribunale, provveduto in ordine alla spese del primo grado del giudizio;
– la sentenza impugnata va cassata con rinvio in relazione alla censura accolta di cui al ricorso incidentale;
– il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti principali, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis;
PQM
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso incidentale; rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta – 2 Sezione Civile, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016