Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22461 del 27/10/2011

Cassazione civile sez. I, 27/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 27/10/2011), n.22461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11750/2010 proposto da:

S.A. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GASPERINA 188, presso lo studio dell’avvocato SILLA

Valeria, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.A. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GASPERINA 188, presso lo studio dell’avvocato SILLA

VALERIA, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso il decreto n. 268/09 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

19/01/09, depositato il 28/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’Avvocato Silla Valeria, difensore del ricorrente eh si

riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso principale e

il rigetto di quello incidentale;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha

concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con il decreto impugnato la Corte di appello di Perugia ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta da S.A. nei confronti del Ministero della Giustizia in relazione alla durata irragionevole di un processo penale instaurato nei suoi confronti dinanzi al Tribunale di Roma, nel quale aveva acquisito la veste di indagato nel febbraio 1998 e che si era concluso nell’ottobre 2007.

La Corte di merito ha accertato il superamento del termine ragionevole del processo presupposto nella misura di anni 6 e mesi 8 e ha liquidato per danno non patrimoniale la somma di Euro 12.000,00 in favore del ricorrente mentre ha rigettato la domanda relativa al danno patrimoniale costituito dalle maggiori spese inerenti la difesa dell’imputato.

Contro il decreto della Corte di appello l’attore ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo con il quale denuncia violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento del danno patrimoniale costituito dalle maggiori spese processuali sostenute nel processo penale presupposto.

Il Ministero intimato ha notificato controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi con i quali denuncia vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla determinazione del termine ragionevole in considerazione della complessità delle indagini, all’enorme posta in gioco e all’erronea unificazione del termine per le indagini preliminari e di quello relativo al giudizio.

Il ricorrente ha resistito con controricorso.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.- Il ricorso incidentale è fondato perchè la Corte del merito ha – con accertamento privo di adeguata motivazione – accertato in tre anni il periodo di durata ragionevole del processo, in esso comprese le indagini preliminari a far tempo dalla conoscenza dell’accusa da parte del ricorrente (1998), così come si evince detraendo dalla durata complessiva (9 anni e 8 mesi) la durata ritenuta irragionevole (6 anni e 8 mesi).

Per contro va ricordato che:

La L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, dispone che la ragionevole durata di un processo va verificata in concreto, facendo applicazione dei criteri stabiliti da detta norma all’esito di una valutazione degli elementi previsti da detta norma (per tutte, Cass. n. 6039, n. 4572 e n. 4123 del 2009; n. 8497 del 2008) e in tal senso è orientata anche la giurisprudenza della Corte EDU (tra le molte, sentenza 1^ sezione del 23 ottobre 2003, sul ricorso n. 39758/98), la quale ha tuttavia stabilito un parametro tendenziale che fissa la durata ragionevole del giudizio, rispettivamente, in anni tre, due ed uno per il giudizio di primo, di secondo grado e di legittimità;

siffatto parametro va osservato dal giudice nazionale e da esso è possibile discostarsi, purchè in misura ragionevole e sempre che la relativa conclusione sia confortata con argomentazioni complete, logicamente coerenti e congrue, restando comunque escluso che i criteri indicati nell’art. 2, comma 1, di detta legge permettano di sterilizzare del tutto la rilevanza del lungo protrarsi del processo (Cass., Sez. un., n. 1338 del 2004; in seguito, tra le tante, Cass. n. 4123 e n. 3515 del 2009);

Peraltro, benchè sia possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, deve sempre procedersi ad una valutazione sintetica e complessiva, anche quando esso si sia articolato in gradi e fasi (tra le molte, Cass. n. 23506 del 2008; n. 18720 del 2007; n. 17554 del 2006; n. 8717 del 2006; n. 28864 del 2005; n. 6856 del 2004), ciò che può fare escludere la sussistenza del diritto, qualora il termine di ragionevole di una fase risulti violato, senza tuttavia che lo sia stato quello concernente l’intera durata del giudizio (nelle due fasi di merito e di legittimità).

Inoltre, è stato anche affermato che “non rientra nella disponibilità della parte riferire la sua domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando evidentemente per quello in cui si sia prodotto sforamento dal limite di ragionevolezza e segmentando a propria discrezione la vicenda processuale presupposta” (Cass. n. 23506 del 2008).

In particolare, per ciò che attiene al processo penale, nella valutazione della durata ragionevole del processo si deve tener conto della fase delle indagini preliminari dal momento in cui l’indagato abbia avuto concreta notizia della pendenza del procedimento nei suoi confronti, valutando come imputabile all’organizzazione giudiziaria il tempo eccedente la durata massima delle indagini preliminari prevista per ciascun reato dalla legge (cfr., per un’ipotesi di valutazione come ragionevole della durata delle indagini preliminari in sei mesi, in sede di decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., Sez. 1, Sentenza n. 19870 del 20/09/2010).

3.- Anche il ricorso principale è fondato alla luce del principio per il quale “in tema di equa riparazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, le spese legali sostenute dall’imputato in relazione ad inutili udienze ricadenti in periodi eccedenti il termine di durata ragionevole del giudizio penale presupposto, costituiscono un effetto dannoso riconducibile alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, tenuto anche conto che il relativo esborso, trattandosi di procedimento penale, non può trovare rimedio mediante il recupero a carico della controparte, in base al principio della soccombenza. Pertanto, non può escludersi il danno patrimoniale per le spese legali in ragione della sua esclusiva dipendenza da una particolare complessità della controversia, dovendosi invece individuare quanta parte dell’attività defensionale si sia tradotta in assistenza cagionata dall’individuata irragionevole durata del processo, ed a tale durata esclusivamente riferibile, e quali esborsi si siano sostenuti per essa” (Sez. 1, Sentenza n. 25521 del 16/12/2010; conf. n. 19887 del 2005).

4.- In decreto impugnato deve, dunque, essere cassato con rinvio per nuovo esame diretto ad accertare la durata ragionevole del processo alla luce dei criteri enunciati sub 2 nonchè “quanta parte dell’attività defensionale si sia tradotta in assistenza cagionata dall’individuata irragionevole durata del processo, ed a tale durata esclusivamente riferibile, e quali esborsi si siano sostenuti per essa”.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e quello incidentale nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e anche per le spese alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2011

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