Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22461 del 04/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22461
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13986-2015 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA
82, presso lo studio dell’avvocato LEONIDA CARNEVALE, rappresentato
e difeso dall’avvocato EMILIO BADILE giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
P.T.F., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso
lo studio dell’avvocato STEFANO ISIDORI, rappresentato e difeso
dall’avvocato CLAUDIO VERINI, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 410/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
emessa il 10/03/2015 e depositata il 18/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI;
udito l’Avvocato Caterina Mosca, per il ricorrente (delega Avvocato
Emilio Bafile) che si riporta agli scritti e chiede che il
procedimento sia discusso alla Pubblica Udienza.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.;
“Ritenuto che:
– C.A. convenne in giudizio P.T.F., chiedendo la divisione di un appartamento in comproprietà tra le parti;
– nella resistenza del convenuto, il Tribunale di L’Aquila dichiarò che l’immobile non era comodamente divisibile e ne dispose la vendita all’incanto, con attribuzione della somma ricavata secondo le quote di proprietà;
– sul gravame proposto da C.A., la Corte di Appello di L’Aquila confermò la pronuncia di primo grado;
– per la cassazione della sentenza di appello ricorre C.A. sulla base di un unico motivo;
– resiste con controricorso P.T.F.;
Atteso che l’unico motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello ritenuto l’immobile non comodamente divisibile) appare inammissibile, in quanto l’accertamento della comoda divisibilità di un bene immobile è rimesso all’insindacabile valutazione del giudice di merito e si risolve in un giudizio di fatto che, quando – come nel caso di specie – sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità (Sez. 2^, Sentenza n. 604 del 09/03/1970, Rv. 345731; Sez. 2^, Sentenza n. 1455 del 17/05/1974, Rv. 369550; Sez. 2^, Sentenza n. 1410 del 21/04/1976, Rv. 380119); non senza considerare che il denunciato vizio di motivazione è inammissibile in sede di legittimità non essendo compreso tra i motivi di ricorso previsti dall’art. 360 c.p.c., nel testo applicabile catione temporis;
Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi dichiarato inammissibile”;
Considerato che:
– il difensore di parte ricorrente ha depositato memoria (oltre che istanza di pubblica udienza), nella quale evidenzia l’errore materiale contenuto nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., laddove si dice che oggetto di divisione sarebbe un appartamento, e non un più vasto immobile;
il Collegio rileva la fondatezza del rilevo difensivo, risultando dagli atti che oggetto della divisione è un ampio fabbricato, costituito da diverse unità immobiliari;
– la parziale diversità dell’oggetto della divisione – rispetto a quanto indicato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., – non muta i termini del problema sul piano della legittimità della decisione impugnata, in quanto la Corte territoriale ha considerato esattamente la consistenza dell’immobile ed è pervenuta ad un giudizio di non comoda divisibilità dello stesso sulla base di un giudizio in fatto esente da errori logici e giuridici, che – in quanto tale – non è sindacabile in sede di legittimità;
– il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;
– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis;
PQM
La Corte Suprema di Cassazione.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016