Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2246 del 01/02/2010

Cassazione civile sez. III, 01/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 01/02/2010), n.2246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10387/2009 proposto da:

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO

IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO GUIDO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAZZACUVA NICOLA e

FRANZONI MASSIMO, giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore e

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA ARCHIVI NOTARILI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

e contro

CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTUALE DI BOLOGNA, PROCURATORE GENERALE

DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

6/2/08, depositata il 27/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE;

La Corte:

Letti gli atti depositati.

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 29 aprile 2009 Z.P. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 27 febbraio 2009 dalla Corte d’Appello di Bologna, confermativa della decisione della Commissione Regionale di Disciplina della Regione Emilia Romagna che lo aveva sanzionato disciplinarmente.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso, mentre il Consiglio Notarile Distrettuale di Bologna non ha espletato attività difensiva.

2- Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 3, per la assolutamente inadeguata esposizione dei fatti di causa, con particolare riferimento alla descrizione dei fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare, otre che allo svolgimento del medesimo.

Occorre al riguardo ribadire che (Cass. n. 4403 del 2006; Cass. n. 13550 del 2004), ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto a pena di inammissibilità per il ricorso per cassazione è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, onde acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si collocano le decisioni censurate e i motivi delle doglianze prospettate.

3. – In secondo luogo i sei motivi (nel ricorso il quarto motivo viene indicato due volte) del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la C motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Invece con i quesiti primo e secondo motivo, che ipotizzano vizi di motivazione, non vengono formulati momenti di sintesi redatti secondo il criterio sopra indicato, necessari non solo per circoscrivere i fatti controversi, ma anche per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli rispettivamente omessa, insufficiente e contraddittoria.

Le stesse considerazioni valgono per tutti gli altri motivi con i quali, oltre alle violazioni di legge di cui appresso, viene lamentato anche il vizio di motivazione. I temi della violazione e falsa applicazione di norme di diritto (con il terzo motivo dell’art. 57 L. not.; con il quarto dell’art. 519 c.c.; con il quinto – erroneamente indicato ancora come quarto – degli artt. 136, 58 e 28 L. not. e art. 519 c.c.; con il sesto – erroneamente indicato come quinto – dell’art. 144 L. not.) si concludono con quesiti che non distinguono tra violazione e falsa applicazione (che non sono sinonimi) delle norme di diritto, non postulano l’enunciazione di principi di diritto che, oltre ad essere decisivi per il caso di specie, siano di applicabilità generale, non contengono adeguati riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non inducono a diversa statuizione poichè non risulta rispettato l’onere processuale prescritto dall’art. 366 bis c.p.c..

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 1.300,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010

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