Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22459 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 12/06/2019, dep. 16/10/2020), n.22459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15863-2012 proposto da:

D.M., già titolare della ditta DIGENNARO AUTO, rapp. e

dif., in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

ALESSANDRO CARBONE, unitamente al quale è elett.te dom.to in ROMA,

alla VIA MUZIO CLEMENTI, n. 9, presso lo studio dell’Avv. GIUSEPPE

RAGUSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., legale rappresentante, dom.to ope legis in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/11/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 16/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/06/2019 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle Entrate notificò a D.M., titolare della ditta Digennaro Auto, un avviso di accertamento relativo a riprese I.V.A. per gli anni 2003 e 2004, nonchè a minori costi recuperati per l’anno 2003, contestando allo stesso la partecipazione ad una “frode carosello” nella compravendita di autovetture dall’estero, avvenuta mediante la fatturazione di operazioni soggettivamente inesistenti;

– sulla base dell’avviso fu poi notificata al D. una cartella di pagamento, contenente l’iscrizione a ruolo, a titolo provvisorio, dell’importo di Euro 87.668,72 per maggiori imposte IRPEF, IRAP, IVA, oltre sanzioni ed interessi;

– il contribuente propose separati ricorsi contro i due atti;

– la C.T.P. di Bari, riuniti i giudizi, con sentenza n. 45/12/10 del 2.3.2010, accolse entrambi i ricorsi, con compensazione delle spese; – la decisione fu appellata in via principale dall’Agenzia ed in via incidentale, limitatamente alla statuizione sulle spese, da D.;

– la C.T.R. della Puglia, con sentenza n. 61/11/11 del 16.5.2011, accolse l’appello principale e rigettò quello incidentale, confermando la legittimità dell’operato dell’Ufficio;

– avverso la decisione D.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 1 e art. 19, comma 1, nonchè (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’omessa motivazione in ordine alla ritenuta sua consapevolezza di partecipare al meccanismo fraudolento contestato dall’Ufficio e sotteso alla ripresa per cui è causa;

– il motivo è inammissibile, mirando, nella sostanza, ad una rivalutazione (non consentita in sede di legittimità) delle risultanze istruttorie raccolte nella fase di merito. E’ infatti consolidato il principio in virtù del quale, anche in tema di contenzioso tributario, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 8.1.2015, n. 101, Rv. 634118-01): orbene, nella specie, la C.T.R., nell’affermare la consapevolezza (effettiva o, quantomeno, possibile) del D. di partecipare ad un’operazione soggettivamente inesistente, ha – senza con ciò dar luogo ad alcuna inversione dell’onere della prova (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 6-5, 28.2.2019, n. 5873, Rv. 653071-01) – ampiamente e congruamente dato conto sia delle ragioni (cfr. motivazione, in specie p. 5) per cui gli elementi addotti a sostegno della tesi dell’Ufficio inducono a tale conclusione, sia dell’irrilevanza delle difese, di senso contrario, articolate dalla difesa del contribuente (cfr. ivi, p. 6 e 7, in specie, terzultimo cpv.), in perfetta aderenza, peraltro, all’orientamento di questa Corte di legittimità, per cui, è priva di rilievo tanto la prova sulla regolarità formale delle scritture, quanto sulle evidenze contabili dei pagamenti quanto, infine, sull’inesistenza di un dimostrato vantaggio perchè i prezzi di vendita erano conformi o superiori alla media di mercato, trattandosi di circostanze, le prime, già insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente (e relative a dati e documenti facilmente falsificabili) e, l’ultima non decisiva, perchè riferita ad un dato di fatto esterno alla fattispecie tipica ed inidoneo di per sè a dimostrare l’estraneità alla frode (v. Cass. n. 20059 del 2014 cit.; Cass. n. 428 del 14/01/2015; Cass. n. 29002 del 05/12/2017; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C277/14, che precisa che “in circostanze del genere il soggetto passivo deve essere considerato (…) partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle”);

– con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis, come sostituito del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, conv. dalla L. n. 44 del 2012, per non essere i costi riferiti ad operazioni soggettivamente inesistenti indeducibili tout court, come invece ritenuto dall’Ufficio e confermato dalla C.T.R.;

– il motivo è fondato;

– in tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, nella formulazione novellata dal cit. art. 8, che opera, in ragione del precedente comma 3, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono infatti deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti – ma tale indagine non risulta affatto svolta dalla C.T.R. – di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (cfr., Cass., Sez. 5, 24.7.2018, n. 19617, Rv. 649858-01, Cass., Sez. 6-5, 6.7.2018, n. 17788, Rv. 649801-01);

– con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 56, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto calato il giudicato interno sul motivo di ricorso concernente la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per carenza di motivazione, stante la mancata allegazione ad esso delle risultanze delle indagini svolte a carico della Euro Car Import Export srl e della Embassy Motors s.r.l.;

– il motivo è, sì come proposto, inammissibile;

– la motivazione della gravata decisione fonda, in parte qua, su due rationes decidendi: la prima, relativa alla mancata tempestiva riproposizione della censura in appello; la seconda, concernente l’infondatezza, in ogni caso, della stessa, nel merito (oggetto del quarto motivo di ricorso – cfr. infra). Rispetto alla prima di tali motivazioni va tuttavia evidenziato che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del contribuente (cfr. ricorso, pp. 42 e 46), la riproposizione di domande ed eccezioni rimaste assorbite in prime cure – la quale deve avvenire in maniera chiara ed univoca, non essendo sufficiente il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale (Cass., Sez. 5, 27.11.2015, n. 24267) – non può manifestarsi “in un qualsiasi atto del giudizio di secondo grado”, occorrendo, al contrario, che tale volontà sia “espressa, a pena di decadenza, nell’atto di controdeduzioni da depositare nel termine previsto per la costituzione in giudizio, e non può essere manifestata in atti successivi (quali le memorie del citato D.Lgs. n. 546, ex art. 32, comma 2, depositate dal contribuente in data 14.4.2011, in virtù di quanto previsto dal successivo art. 61), che esplicano una funzione meramente illustrativa” (così Cass., Sez. 5, 18.12.2014, n. 26830, Rv. 634237-01): orbene, nella specie è la stessa difesa del D. a chiarire di non avere specificamente riproposto la questione in seno all’atto di controdeduzioni (i.e. l’atto di costituzione nel grado di appello), contenente anche l’appello incidentale sulla regolamentazione delle spese (cfr. ricorso, p. 47);

– è, d’altra parte, il combinato disposto degli artt. 54 e 56 cit. che impone di perimetrare entro gli indicati limiti temporali la facoltà dell’appellato di riproporre domande ed eccezioni rimaste assorbite in prime cure, laddove (a) l’ultima disposizione menzionata chiarisce che “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate”, mentre (b) il precedente art. 54 evidenzia che “le parti diverse dall’appellante debbono costituirsi nei modi e termini di cui all’art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni. Nello stesso atto depositato nei modi e termini di cui al precedente comma può essere proposto, a pena d’inammissibilità, appello incidentale”. Tale interpretazione, inoltre, è conforme a quanto di recente affermato da Cass. Sez. U, 21.3.2019, n. 7940, Rv. 653280-01 a proposito dell’art. 346 c.p.c. (norma – e relativa interpretazione – cui è possibile fare riferimento per effetto del rinvio contenuto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49), per cui “nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla L. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell’autoresponsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado”;

– consegue a quanto precede l’assorbimento del quarto motivo di ricorso, con cui parte ricorrente si è doluta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e della L. n. 121 del 2000, art. 7, comma 1, per essere l’avviso di accertamento impugnato nullo per carenza di motivazione, stante la mancata allegazione ad esso delle risultanze delle indagini svolte a carico della Euro Car Import Export srl e della Embassy Motors s.r.l.;

– con il quinto motivo, infine, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, e dell’art. 329 c.p.c., comma 2, per essere la CTR incorsa in un vizio di ultrapetizione, laddove ha pronunciato sul capo della sentenza di prime cure con cui era stato accertato l’errore di calcolo commesso dall’Ufficio nella determinazione dell’I.V.A. indebitamente detratta, che non era stato impugnato dall’appellante principale e che era pertanto coperto da giudicato interno;

– il motivo è fondato;

– dalla lettura dell’atto di gravame, consentita a questa Corte quale giudice del “fatto” processuale e secondo quanto, peraltro, ricavabile dalla stessa esposizione dei motivi di appello contenuta alla pag. 3 della pronunzia impugnata, emerge infatti che l’Agenzia ebbe a censurare la sentenza di primo grado solo nella parte in cui aveva affermato la mancanza di consapevolezza del D. di partecipare ad un meccanismo fraudolento; ne consegue che, rigettando l’eccezione di D. – espressamente accolta dal primo giudice – volta a contestare l’errore di calcolo commesso dall’Ufficio nella determinazione dell’imposta evasa, la CTR ha pronunciato ultra petita, riformando erroneamente il relativo capo della sentenza della CTP che era coperto da giudicato interno;

– l’accoglimento del secondo e del quinto motivo del ricorso comportano la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, affinchè, tenuto conto dell’accertamento della C.T.P coperto da giudicato e verificata la detraibilità dei costi documentati da D., ridetermini la base imponibile sulla quale calcolare le imposte evase e le relative sanzioni; il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il quinto motivo del ricorso e rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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