Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22459 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13326-2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 42, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE PAOLIS, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO ERMINI giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato LAURA CAPPELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MINUCCI giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 899/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

emessa il 25/03/2014 e depositata il 18/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Paolo Ermini per il ricorrente che chiede la

rimessione del ricorso alla pubblica udienza.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

“Ritenuto che:

– la Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro (Sezione distaccata di Fano) che ha rigettato la domanda di reintegrazione nel possesso di una cantina proposta da C.G. nei confronti di G.A.;

– per la cassazione di tale sentenza ricorre C.G. sulla base di due motivi;

– resiste con controricorso G.A.;

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 51 c.p.c., n. 4, in relazione alla mancata astensione del consigliere M.G. dalla trattazione della causa in appello per avere egli già conosciuto della medesima) appare manifestamente infondato, in quanto – secondo la giurisprudenza di questa Corte, non considerata dal ricorrente – la sentenza pronunciata da un giudice che abbia violato l’obbligo di astenersi, di cui all’art. 51 c.p.c., è nulla soltanto se quel giudice aveva un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella qualità di parte del giudizio; negli altri casi la violazione dell’obbligo di astensione può costituire solo motivo di ricusazione, con la conseguenza che quella violazione resta ininfluente se la relativa istanza non è tempestivamente proposta (Sez. 3, Sentenza n. 12263 del 27/05/2009, Rv. 608576; Sez. 3, Sentenza n. 23930 del 12/11/2009, Rv. 610235);

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, nonchè l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello ritenuto non provato il possesso della cantina da parte dell’attore) appare inammissibile, in quanto sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione (considerando, tra l’altro, anche la circostanza della disponibilità delle chiavi di accesso alla cantina: cfr. p. 5 della sentenza impugnata, ove si richiama il cambio della serratura che ha reso inaccessibile la cantina all’attore), sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c. operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831), essendo peraltro preclusa dall’art. 348-ter c.p.c., u.c. – in presenza di “doppia conforme” – la proponibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il ricorrente assolto l’onere di dimostrare che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono tra loro diverse (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359);

Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato”;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– le parti non hanno presentato memorie;

il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c.;

– gli argomenti svolti dal difensore di parte ricorrente nel suo intervento orale a sostegno del secondo motivo non spostano i termini del problema, avendo la Corte territoriale ritenuto non provato non solo il possesso esclusivo, ma anche il compossesso della cantina da parte dell’attore, con un giudizio esente da vizi logici e giuridici, ragione questa sufficiente per ritenere la censura infondata;

– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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