Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22458 del 27/09/2017
Cassazione civile, sez. III, 27/09/2017, (ud. 19/04/2017, dep.27/09/2017), n. 22458
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10068-2016 proposto da:
T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,
presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
O.A., G.M.V., O.I., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 73, presso lo studio
dell’avvocato ARNALDO DEL VECCHIO, che li rappresenta e difende
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 21520/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 26/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/04/2017 dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avvocato NICOLA STANISCIA per delega non scritta;
udito l’Avvocato ARNALDO DEL VECCHIO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
T.E., in forza di titolo esecutivo nei confronti del deceduto O.G., ha intimato precetto di pagamento ai chiamati all’eredità O.A., O.I. e G.M.V. ed è successivamente intervenuto in una procedura esecutiva avente ad oggetto un immobile del de cuius compreso nell’eredità giacente. Avverso tale atto di intervento gli O.- G. hanno proposto ricorso in opposizione “ex art. 615 c.p.c., comma 2 e art. 617 c.p.c., comma 2”, ottenendo la sospensione del processo esecutivo.
Il T. ha introdotto il giudizio di opposizione nel merito. Con la sentenza pubblicata il 26 ottobre 2015 il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda del T., condannandolo altresì per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.
Il T. ricorre per la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi. Gli O.- G. resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod proc. civ..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Sebbene ciò non sia espressamente specificato, il T. adisce questa Corte con ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., sul presupposto che la questione decisa dal Tribunale sia qualificabile come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. e quindi sia inappellabile.
Tale presupposto è errato. La sentenza del tribunale (che nell’intestazione reca la contraddittoria dicitura “opposizione all’esecuzione ex art. 617 c.p.c.”, frutto di un evidente e riconoscibile errore materiale) perviene alla rigetto della domanda del creditore opposto esclusivamente sulla base del rilievo, implicitamente ritenuto assorbente di ogni altra questione dedotta, della carenza di legittimazione passiva di O.A., O.I. e G.M.V., in quanto gli stessi non hanno accettato l’eredità di O.G. e i beni relitti costituiscono tuttora un’eredità giacente per la quale lo stesso T. aveva richiesto la nomina di un curatore speciale.
L’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dal debitore esecutato integra gli estremi dell’opposizione all’esecuzione, poichè si risolve nella contestazione del diritto del creditore ad agire in executivis, quanto meno nei suoi confronti. Infatti, il diritto ad agire in sede esecutiva – essendo correlato, sul piano sostanziale, alla titolarità di un diritto di credito risultante da un titolo esecutivo – presuppone sempre la corretta individuazione del soggetto effettivamente tenuto all’adempimento.
Consegue, che il suddetto diritto può essere contestato, ai sensi e nelle forme previste dall’art. 615 cod. proc. civ., tanto in caso di inesistenza assoluta del credito, quanto in caso di esercizio dello stesso nei confronti di soggetto carente di legittimazione passiva.
In considerazione di quanto sopra esposto, la sentenza impugnata ha deciso su un’opposizione all’esecuzione e non su un’opposizione agli atti esecutivi.
Com’è noto, in materia di esecuzione forzata, quando le contestazioni della parte si configurino, nello stesso procedimento, come opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, si deve ritenere che la sentenza, formalmente unica, contenga due decisioni distinte, soggette rispettivamente ad appello ed a ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (da ultimo: Sez. 3, Sentenza n. 12730 del 21/06/2016, Rv. 640277 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20816 del 29/09/2009, Rv. 609576 – 01).
Nella specie, il ricorso degli opponenti conteneva alcune doglianze qualificabili come opposizione all’esecuzione ed altre come opposizione agli atti esecutivi. Tuttavia, avendo il Tribunale deciso soltanto sulle prime e avendo ritenute assorbite le seconde, ha pronunciato una sentenza che era solamente appellabile, ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., nella versione successiva alla L. 18 giugno 2009, n 69, applicabile al presente giudizio, instaurato nel merito nel 2011.
Poichè contro la sentenza impugnata era esperibile il rimedio dell’appello, il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. è inammissibile.
Tale rilievo preliminare determina l’assorbimento di tutte le censure prospettate dal ricorrente.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti perchè il ricorrente sia condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto egli ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza.
Sussistono infine i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).
La motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, nonchè al pagamento, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., in favore della controparte, della somma di Euro 2.000,00.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017