Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22455 del 06/08/2021

Cassazione civile sez. I, 06/08/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 06/08/2021), n.22455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30836/2019 proposto da:

B.R., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Angelo Riccio, per procura speciale apposta a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), fallimento di

B.R., (OMISSIS) s.r.l.;

– intimati-

avverso l’ordinanza n. 10128/2018 della Corte di Cassazione

depositata il 26 aprile 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 aprile 2021 dal consigliere Dott. Marco Vannucci.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza n. 10128/2018, depositata il 26 aprile 2018, questa Corte dichiarò inammissibile, in ragione della sua tardività, il ricorso proposto da B.R. per la cassazione della sentenza emessa il 23 giugno 2016 dalla Corte di appello di Venezia, recante rigetto del reclamo dallo stesso B. proposto contro la dichiarazione del suo fallimento pronunciato, unitamente a quello della (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), con sentenza emessa, su istanza della (OMISSIS) s.r.l., dal Tribunale di Rovigo il 3 marzo 2016.

1.2 La motivazione di tale decisione è nel senso che: il termine per la proposizione del ricorso per Cassazione contro la sentenza definitiva del procedimento di reclamo iniziò a decorrere il 23 giugno 2016 e venne a scadenza lunedì 25 luglio 2016; la notificazione del ricorso venne eseguita alle ore 23,44 dello stesso giorno 25 luglio 2016; in applicazione dell’art. 147 c.p.c. e D.L. n. 179 del 2012, 16-septies convertito, con modificazioni in L. n. 221 del 2012, la notificazione si considerò perfezionata alle ore 7 del 26 luglio 2016.

2. Per la revocazione di tale ordinanza B. propose ricorso contenente un motivo rescindente e cinque motivi rescissori.

3. Gli intimati curatela del fallimento della (OMISSIS) s.n.c., del fallimento di B.R. e della (OMISSIS) s.r.l. non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente deduce che l’ordinanza è affetta dal vizio revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), in quanto: con sentenza n. 75 del 9 Aprile 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies (convertito con modificazione in L. n. 221 del 2012), inserito dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45-bis, comma 2, lett. b), (convertito, con modificazioni, in L. n. 114 del 2014), nella parte in cui prevedeva che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta; l’effetto di tale decisione è “l’inesistenza” della norma di legge processuale speciale dichiarata costituzionalmente illegittima.

1.1 In particolare, secondo il ricorrente: “l’effetto retroattivo della suddetta sentenza della Consulta rende di fatto inesistente sin dall’inizio la precedente disposizione dell’art. 147 c.p.c.; è solo a seguito della declaratoria d’incostituzionalità che esso ricorrente “può dolersi con revocazione dell’ordinanza impugnata che in applicazione della disposizione abrogata ha dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione che era stato notificato via pec dopo le ore 21 e prima delle ore 24 del 25 luglio 2016, sul falso ed erroneo presupposto inesistente con effetto retroattivo alla data della pronuncia dell’ordinanza impugnata – che la notifica dopo le ore 21 si sarebbe perfezionata per il notificante alle ore 7 del giorno successivo 26 luglio 2016 fuori termine”.

2. Il ricorrente non deduce che l’ordinanza impugnata è fondata su errata percezione dei fatti rilevanti in funzione della decisione di inammissibilità, id est: giorni di inizio e di scadenza del termine per la proposizione del ricorso per la cassazione della sopra citata sentenza di reclamo ovvero giorno e ora della notificazione a suo tempo effettuata alle altre parti di tale atto di impugnazione.

Non è quindi, neppure alla lontana dedotta la sussistenza dell’errore revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), consistente proprio nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa; a condizione che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito (in questo senso cfr. per tutte Cass. n. 28143 del 2018).

Il ricorrente sostiene, invece, che il vizio revocatorio invocato deriverebbe dalla “inesistenza” della norma di legge processuale applicata dall’ordinanza dichiarativa di inammissibilità quale conseguenza della relativa dichiarazione di incostituzionalità avutasi con la sopra citata Corte Cost. sent. n. 75 del 2019.

Con tale deduzione il ricorrente oblia di considerare quali sono gli effetti nel tempo della sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale di norma di legge ordinaria.

A partire da Corte Cost., sent. n. 127 del 1966, la Corte costituzionale ha più volte precisato che: la dichiarazione di illegittimità costituzionale colpisce la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall’ordinamento e rendendola inapplicabile ai rapporti giuridici in corso al momento della dichiarazione medesima; essa ha carattere sostanzialmente invalidante della norma ed è produttiva di effetti assimilabili a quelli dell’annullamento, operanti ex tunc sui rapporti sorti anteriormente alla pronuncia di illegittimità, sì che dal giorno successivo alla loro pubblicazione le norme dichiarate incostituzionali non possono più trovare applicazione (salvo quanto discende dall’art. 25 Cost. per la materia penale) in base al disposto dell’art. 136 Cost. confermato dalla L. n. 87 del 1953, art. 30; sono dunque regolati dalla legge dichiarata invalida i rapporti esauriti, cioè quelli che sul piano processuale hanno trovato la loro definitiva conclusione mediante sentenza passata in cosa giudicata i cui effetti non vengono intaccati dalla successiva pronuncia di incostituzionalità (in questo senso, cfr. altresì, fra le molte, Corte Cost. sentt. n. 58 del 1967, n. 139 del 1984, n. 1 del 2014, n. 10 del 2015).

L’ordinanza impugnata ha fatto applicazione di una norma di legge processuale successivamente dichiarata incostituzionale. La formazione del giudicato sul punto rende insensibile tale pronuncia alla statuizione di Corte Cost. sent. n. 75 del 2019. Tale ultimo evento non determina il verificarsi di alcun vizio revocatorio nel senso sopra indicato.

Il ricorso per revocazione è dunque inammissibile e da tale statuizione deriva l’inammissibilità dei motivi rescissori.

3. Non vi è obbligo di pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione non avendo le parti vittoriose svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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