Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22454 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 27/09/2017, (ud. 08/03/2017, dep.27/09/2017),  n. 22454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24741-2015 proposto da:

T.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TUSCOLANA 404, presso lo studio dell’avvocato MAURO DE CARO, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ATER – AZIENDA TERRITORIALE PER EDILIZIA RESID. PUBBLICA DEL COMUNE

ROMA, in persona del Direttore Generale pro tempore, Arch.

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLUCCI DE’ CALBOLI

20-E, presso l’AVVOCATURA di ATER, rappresentata e difesa

dall’avvocato EDMONDA ROLLI giusta procura a margine del

controricorso;

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore Prof.

I.R.M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, via TEMPIO DI

GIOVE 21, presso gli uffici dell’Avvocatura CAPITOLINA,

rappresentata e difesa dall’Avvocato GUGLIELMO FRIGENTI giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2646/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 8/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 4381/13 n Tribunale di Roma rigettò la domanda proposta da T.M.A. nei confronti di dell’ATER – Azienda Territoriale Edilizia Residenziale pubblica del Comune di Roma (di seguito indicata, per brevità ATER) e di Roma Capitale volta all’accertamento del suo diritto a subentrare a S.E. nell’assegnazione dell’alloggio sito in (OMISSIS), ai sensi della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11, comma 5 e art. 12, comma 1, e condannò l’attrice alle spese di lite.

La Corte di appello di Roma, con sentenza pubblicata il 28 aprile 2015, rigettò l’appello proposto dalla T. avverso la sentenza di primo grado e condannò l’appellante alle spese di quel grado in favore delle appellate.

T.M.A. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo.

Hanno resistito con distinti controricorsi l’ATER e Roma Capitale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. L’unico motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e segnatamente della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11, comma 5 e art. 12, comma 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 preleggi”.

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto che la previsione di cui al comma 5 della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11 secondo cui nel nucleo familiare del richiedente l’assegnazione possono essere incluse anche persone non legate da vincoli di parentela, purchè la convivenza abbia carattere di stabilità, sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale, sia stata instaurata da almeno quattro anni alla data di pubblicazione del bando di concorso e dimostrata nelle forme di legge – è norma pertinente alla fase di assegnazione dell’immobile ed alla individuazione di quello che viene comunemente definito il “nucleo familiare contrattuale”, che i soggetti che possono determinare un ampliamento del nucleo familiare, ai fini del subentro nell’assegnazione dell’alloggio, sono invece individuati dal combinato disposto dell’art. 12, commi 1 e 4, predetta legge regionale e che tale indicazione, essendo finalizzata a garantire il subentro nell’assegnazione dell’alloggio al di fuori dell’ordinaria procedura per bando pubblico, e quindi in termini di eccezione, deve ritenersi assolutamente tassativa e non derogabile nè ampliabile in forza di una interpretazione estensiva o analogica.

Sostiene la ricorrente che secondo l’interpretazione da lei proposta dei predetti artt. 11 e 12, sulla base di una lettura coordinata di tali norme, “al fine di poter verificare la sussistenza del diritto al subentro” occorrerebbe verificare “se la convivenza si sia verificata nel quadriennio antecedente la richiesta di subentro o tuttalpiù nel quadriennio antecedente il decesso dell’assegnatario”.

2.1. Il motivo è infondato.

L’art. 12 della legge in parola, rubricato “Subentro nell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa e ampliamento del nucleo familiare”, nella formulazione ratione temporis applicabile al caso all’esame, stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dai commi 2 e 3 (nella specie non rilevante), in caso di decesso o negli altri casi in cui l’assegnatario non faccia più parte del nucleo familiare, subentrano nell’assegnazione i componenti del nucleo familiare di cui all’art. 11, comma 5, originariamente assegnatario o ampliato ai sensi del comma 4, secondo l’ordine stabilito nel citato art. 11, comma 5.

Il già richiamato comma 4 dell’art. 12 indica dettagliatamente i casi in cui, per i fini di cui al comma 1, si determina l’ampliamento del nucleo familiare.

Come evidenziato nella sentenza impugnata, senza che tale affermazione sia stata censurata in questa sede, è incontestato che l’attuale ricorrente non abbia mai fatto parte del “nucleo familiare contrattuale”, nè la stessa rientra, come pure affermato dalla Corte di appello, senza che sul punto la ricorrente abbia specificamente sollevato doglianze, in una delle categorie di persone che, ai sensi dell’art. 12, comma 4, predetta legge regionale possano dar luogo al cd. ampliamento del nucleo familiare.

Alla luce di quanto precede e del chiaro tenore degli artt. 11 e 12 della norma regionale in parola – che disciplinano, l’uno, i requisiti soggettivi per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa e, l’altro, il subentro nell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa e ampliamento del nucleo familiare -, non sussistono nella specie i vizi della sentenza impugnata lamentati dalla ricorrente che, peraltro, pone pure in sostanza questioni di fatto, non ammissibili in questa sede.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Al rigetto del ricorso consegue l’assorbimento dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva ribadita anche in questa sede da Roma Capitale.

5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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