Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22453 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 22/03/2018, dep. 24/09/2018), n.22453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23532/2017 proposto da:

Q.B., rappresentato e difeso dall’Avvocato SERGIO

TREDICINE;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.p.A., nuova denominazione di Fondiaria Sai

S.p.A., quale incorporante di Unipol Assicurazioni S.p.A., Compagnia

di Assicurazioni Milano S.p.A., Premafin Finanziaria S.p.A., in

persona del legale procuratore speciale Dr. F.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO DELLA VALLE 4, presso

lo studio dell’avvocato MARIO TUCCILLO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4721/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 24/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/03/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

lette le considerazioni del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso:

salvo eventuale accertamento presso gli Uffici finanziari competenti

in ordine ai requisiti reddituali di ammissione al gratuito

patrocinio (dove ciò risulti) e, se provvisoriamente concessa (dove

ciò risulti nel singolo giudizio), previa revoca dell’ammissione

provvisoria al patrocinio a spese dello Stato a norma del D.P.R. n.

112 del 2002, art. 136, comma 2, ovvero previo diniego della

richiesta ammissione se formulata solo nell’ambito del giudizio di

cassazione, trattandosi di domanda e di impugnazione promossa con

colpa grave;

– per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli, decidendo in grado di appello, in riforma di sentenza del locale Giudice di Pace, dichiarò improponibile la domanda proposta dal perito assicurativo Q.B. nei confronti della compagnia Fondiaria Sai Assicurazioni (oggi UnipolSAI Assicurazioni spa), per ottenere il pagamento del compenso relativo a un incarico esperito per conto della società.

Per quanto ancora interessa, il Tribunale, disattesa la doglianza sulla mancata riunione dei numerosi giudizi instaurati dall’attore, ha ravvisato, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità anche a sezioni unite, un abusivo frazionamento del credito, posto che gli incarichi professionali, seppur diversi (in quanto riguardanti ciascuno un distinto sinistro), erano tutti riconducibili ad un unico rapporto contrattuale d’opera esistente tra la compagnia di assicurazioni e il Q.. Secondo il Tribunale, proprio la circostanza che il Q. si adeguava alle modalità previste per il pagamento delle spettanze attraverso un particolare sistema informatico, che accettava le parcelle solo se conformi ai criteri amministrativi elaborati, portava ad escludere che tra le parti venisse concluso di volta in volta un contratto autonomo. Inoltre, rileva il Tribunale che non risultava dimostrata l’esistenza di alcun interesse meritevole di tutela alla base della operata parcellizzazione.

Il Q. ricorre per cassazione con plurime censure, riassunte nel sommario posto all’incipit della esposizione dei motivi in sette punti, ma, in realtà enucleabili (superando il disordine espositivo: il ricorso dopo aver individuato e numerato fino al terzo motivo ed esposto, senza numerarla, una quarta censura, a quest’ultima assegnando anche le critiche attribuite nel sommario al quinto, numera sesto e settimo motivo) in sei.

Resiste con controricorso la società UnipolSAI Assicurazioni spa.

Il sost. P.G. C. Sgroi ha concluso per l’inammissibilità.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Prima di procedere al vaglio del ricorso in via di preliminarietà deve disattendersi l’istanza di riunione del presente giudizio ad altri analoghi chiamati nella stessa adunanza camerale, non ricorrendo esigenze di economia processuale che giustifichino l’opzione.

2. Sempre preliminarmente deve parimenti respingersi l’istanza di rimessione alle Sezioni Unite, non emergendo la necessità di risolvere contrasto tra diverse sezioni della Corte, nè si configurano questioni di massima di particolare importanza. Val la pena soggiungere che per quanto concerne le sentenze di questa Sezione n. 18808/2016, n. 18809/2016 e n. 18810/2016, invocate dal ricorrente, le stesse risultano superate dalla giurisprudenza di questa stessa Sezione successiva alla sentenza SSUU n. 4090/2017 (cfr. sentt. nn. 3738/2018, 1356/2018, 1355/2018, 1354/2018, 1353/2018, 1352/2018, 1351/2018, 717/2018, 491/2018, 490/2018, 489/2018, 163/2018, 162/2018, 161/2018, 160/2018, 159/2018, 158/2018, 31167/2017, 31166/2017, 31165/2017, 31164/2017, 31163/2017, 31162/2017, 31161/2017, 31017/2017, 31016/2017, 31015/2017, 31014/2017, 31013/2017, 31012/2017, 31011/2017).

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 274 c.p.c., per avere il Giudice dell’appello ricusato di riunire il processo agli altri pendenti fra le medesime parti, facendo applicazione di un’affermazione di principio oramai superata dalla più recente giurisprudenza di legittimità.

3.1. La censura è inammissibile per difetto d’interesse, non avendo il ricorrente individuato in cosa sia consistito il pregiudizio che gli è derivato dalla scelta del Tribunale di non far luogo alla invocata riunione.

4. Con il secondo, il terzo e il quarto (includente il quinto) motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e art. 111 Cost. e la erronea interpretazione dei principi nomofilattici enunciati con le pronunce n. 18808/2016, 18809/2016, 18810/2016, n. 23726 del 15.11.2007, n. 5491/2015 e n. 4090 del 13.2.2017.

Il Q. analizzando le decisioni di cui detto, osserva che il frazionamento abusivo (e la conseguente violazione del principio di buona fede, correttezza e giusto processo) ricorre solo in presenza di un unico rapporto obbligatorio, di un’unica causa petendi, ipotesi non ravvisabile nel caso in esame in cui si discute di una attività di perito assicurativo svolta in favore della Fondiaria SAI spa attraverso singoli incarichi ricevuti. Ritiene irrilevante l’invio delle parcelle in conformità dello schema predisposto dalla società assicuratrice, rispondendo tale modalità solo ad una necessità organizzativa interna della convenuta. Ribadisce la sussistenza di distinti contratti d’opera professionale e quindi la possibilità di instaurare tanti giudizi quanti sono i sinistri nei quali egli aveva eseguito le perizie.

4.1. La critica è, nel suo complesso, infondata, pur rendendosi necessaria, ex art. 384 c.p.c., u.c., la correzione della motivazione della sentenza impugnata, essendo il dispositivo conforme a diritto.

Partendo dalla ricostruzione del rapporto operata dal Tribunale deve ritenersi che, benchè alla base delle varie obbligazioni vi sia un unico rapporto di durata pluriennale (per usare la stessa espressione del ricorrente), non può da ciò farsi discendere un’unica prestazione professionale e, correlativamente, un’unica obbligazione di pagamento, essendosi invece in presenza di una pluralità di prestazioni, aventi peraltro il medesimo contenuto ed i medesimi caratteri. Risulta accertato infatti che il singolo incarico indicava gli elementi identificativi della stima da effettuare e la remunerazione del perito era collegata unicamente al numero dei sinistri periziati, con accettazione delle parcelle mediante il sistema informatico della compagnia.

Su tali basi, deve ritenersi che i distinti crediti maturati dal Q. siano inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati su un medesimo rapporto di durata.

Ebbene, le sezioni unite di questa Corte, intervenute di recente sul tema della possibilità di frazionamento giudiziale del credito, hanno affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101 c.p.c., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111).

Sulla scorta di tale principio e venendo al caso di specie, occorre pertanto verificare se la mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo improponibilità) abbia nel giudizio di merito: considerazione della convenuta improntata domanda per abusivo come è evidente, giudice e posta a base della pronuncia di formato oggetto di precedente deduzione la risposta non può che essere positiva in linea difensiva adottata dalla società principalmente sulla improponibilità della frazionamento del credito, concetto che, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza di un interesse meritevole di tutela a tale modalità di esercizio del diritto di azione, anche in relazione al principio di proporzionalità nell’uso della giurisdizione (Cass. 21 dicembre 2016 n. 26464).

E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si limita ad un generico richiamo al rischio di prescrizione, ma non allega alcun concreto elemento a sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua scadenza), nè deduce l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie. Di conseguenza, il fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini che qui interessano, anche perchè sarebbe stato sufficiente l’invio di un mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine (art. 2943 c.c., u.c.).

L’intervento chiarificatore delle sezioni unite costituisce elemento sufficiente a giustificare la diversa soluzione qui adottata rispetto a quella cui è pervenuta, tra le stesse parti, la sentenza di questa Corte n. 18810 del 2016, resa in fattispecie in cui il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della odierna resistente non aveva consentito, al contrario di quanto avvenuto nel presente giudizio, di identificare la riconducibilità delle diverse controversie, separatamente instaurate dall’odierno ricorrente, al medesimo ambito oggettivo, e dunque, in buona sostanza, in assenza di un apprezzabile interesse al frazionamento, l’esistenza di una pratica abusiva, in ordine alla quale il giudice di rinvio di quel giudizio dovrà svolgere le proprie valutazioni.

5. Con il quinto motivo (numerato come sesto) viene allegata violazione falsa applicazione dell’art. 2223 c.c. e art. 36 Cost., in quanto il giudice non avrebbe potuto rigettare la domanda, anche ad ammettere che la pretesa non fosse stata determinata nel quantum, essendo tenuto, in difetto di tariffe professionali e di usi riscontrabili, a liquidare il compenso equitativamente, in applicazione degli artt. 2225 e 2233 c.c..

5.1. La doglianza è inammissibile. Con la stessa, infatti, il ricorrente non si fa carico di contrapporre al ragionamento della sentenza d’appello un’alternativa ricostruzione giuridica, così finendo per dolersi del mancato auspicato risultato senza peritarsi di contestare il percorso giuridico attraverso il quale la sentenza avversata gli ha dato torto. Nella specie, è del tutto evidente che l’esigenza prospettata, senza necessità di ponderarne la fondatezza, risulta non sussistere, poichè il Tribunale ha, esattamente al contrario rispetto ai desiderata del Q., individuato un patto, maturato per fatti concludenti, attraverso il quale veniva regolata l’entità del compenso per ogni incarico.

6. Con l’ultimo motivo il Q. denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo, assumendo che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che per fatti concludenti l’esponente avesse accettato di essere remunerato con un compenso assai inferiore alle previsioni di tariffa professionale. Al fine di esaminare il punto produce con il ricorso, invocando l’art. 372 c.p.c., sei moduli identificativi di pagamento emessi dalla controparte nell’anno 2010, dai quali sarebbe dato trarre che il ricorrente percepiva importi diversi e maggiori rispetto all’ammontare di 40 Euro, individuato dalla sentenza d’appello.

6.1. Anche quest’ultimo motivo non supera la soglia dell’ammissibilità.

a) Dell’art. 360 c.p.c., n. 5, post riforma operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella L. 7 agosto 2012, n. 134, consente il ricorso solo in presenza di omissione della motivazione su un punto controverso e decisivo (pur dovendosi assimilare alla vera e propria omissione le ipotesi, che qui non ricorrono, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914), omissione che qui non si rileva affatto, avendo la Corte territoriale preso in considerazione gli elementi salienti e significanti del fatto.

d) L’omissione, come questa Corte ha ripetutamente affermato, deve concernere un fatto materiale, primario o secondario, avente il carattere qualificante della decisività (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 5133, 5/3/2014, Rv. 629647; Sez. 1, n. 7983, 4/4/2014, Rv. 630720; Sez. 3, n. 23940, 12/10/2017, Rv. 645828; Sez. 6-5, n. 23238, 4/10/2017, Rv. 646308), che nella fattispecie al vaglio non ricorre e deve consistere in elementi fattuali, giammai può essere succedaneamente individuata nell’esercizio del potere motivazionale (cfr., Sez. 3, n. 5795, 8/3/2017, Rv. 643401), come, all’evidenza propone il ricorrente.

e) La pretesa d’introdurre solo davanti alla Corte di legittimità documenti sottratti all’intero dibattito di merito sotto il manifestamente improprio usbergo dell’art. 372 c.p.c., deve essere fermamente sconfessata. Deve, infatti, affermarsi che i documenti indicati nella norma in esame sono solo quelli “che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso”. Senza necessità di soffermarsi sulla seconda categoria, che qui non ha rilievo alcuno, non è dubbio che la prima categoria concerne esclusivamente i documenti che assumono rilievo sul giudizio che investe la nullità della sentenza per vizi in procedendo. Ipotesi che qui non è congetturabile proprio per ragioni di logica basica: l’omesso esame, infatti riguarderebbe, secondo l’assunto censuratorio, documenti che non erano stati dalla parte stessa prodotti.

Consegue pertanto il rigetto del ricorso.

Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

Con delibera del 18.9.2017 il ricorrente risulta ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Pertanto, lo stesso non è tenuto, rigettata l’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (cfr., Sez. 6, n. 7368, 22.3.2017, Rv. 643484; Sez. L., n. 18523, 21.9.2014, Rv. 632638).

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 645,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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