Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22451 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 04/11/2016), n.22451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9078/2015 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato FRANCESCA FOSCHINI, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

LA BETULLA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata presso la CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA

CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dagli Avvocati ELENA MINZONI,

SILVIA PEGGI, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2754/2014 del TRIBUNALE di BOLOGNA del

30/07/2014, depositata il 21/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. Relatore ANTONINO SCALISI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Betulla srl proponeva appello avverso la sentenza n. 1432 del 2008 con la quale il Giudice di Pace di Imola accoglieva la domanda del sig. C. di risoluzione del contratto di compravendita concluso il (OMISSIS) avente ad oggetto l’acquisto di un satellitare al prezzo di Euro 611,90, condannando la società Betulla a restituire all’attore il prezzo dallo stesso pagato. Il C. aveva chiarito di aver acquistato un navigatore con espressa richiesta che contenesse la mappatura dell’Europa, ivi compresa la Grecia, paese nel quale avrebbe trascorso da l(a poco un periodo di ferie. Una volta acquistato l’apparecchio il C. constatava l’assenza della mappatura stradale della Grecia e recatosi presso il negozio La Betulla, restituiva il navigatore e chiedeva la restituzione di quanto versato. La richiesta veniva respinta dal venditore, il quale si limitava a consegnare due ricevute buoni spesa di pari valore, ma tale condotta veniva ritenuta illegittima dal sig. C..

Il Tribunale di Bologna con sentenza n. 2754 del 2014 accoglieva l’appello e in riforma della sentenza rigettava la domanda del C.. Condannava C. al pagamento delle spese del primo e del secondo grado del giudizio. Secondo il Tribunale di Bologna, dalle risultanze del giudizio, emergeva che non si era trattato di contestazione sulla qualità del bene compravenduto, bensì di ripensamento da parte dell’acquirente, circa la bontà dell’acquisto e tanto avrebbe legittimato il venditore a rifiutare la restituzione del bene. Sennonchè, l’accettazione da parte del venditore del navigatore e la consegna dei buoni spesa di pari valore del prezzo versato dal compratore erano univoci elementi probanti di un intervenuto accordo atto a risolvere il contatto e ripristinare il sinallagma contrattuale.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.L. per due motivi. La società Betulla ha resistito controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso C.L. lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe considerato che con la risoluzione del contratto parte acquirente non avrebbe accettato in sostituzione o in garanzia i due buoni acquisto di pari valore del prodotto e, dunque, avrebbe omesso di esaminare un fatto e, cioè la richiesta della restituzione del prezzo decisivo per il giudizio che sè considerato avrebbe portato ad altra soluzione.

1.1.- Il motivo è infondato non solo perchè si risolve nella richiesta di una nuova valutazione del comportamento delle parti contrattuali e dei dati processuali, non proponibile nel giudizio di cassazione, se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dal Giudice del merito non presenta vizi logici o giuridici, ma soprattutto perchè il Giudice del merito, come ha spiegato con adeguata motivazione, ha tenuto conto dell’intero comportamento delle parti ed ha chiarito che il mancato rifiuto della consegna di due buoni acquisto di pari valore del prodotto, integrava gli estremi di una concordata modalità restitutoria. Come ha avuto modo di chiarire il Tribunale di Bologna: (…) l’accettazione da parte del venditore del navigatore e la consegna dei buoni spesa di pari valore del prezzo versato da controparte, sono univoci elementi probanti l’intervenuto accordo atto a risolvere il contratto e ripristinare l’originario sinallagma. Trattasi di legittima espressione dell’autonomia negoziale che non necessita di particolari forme e che proprio perchè espressione della volontà delle parti di porre nel nulla il precedente accordo, ben può caratterizzarsi anche relativamente alle modalità restitutorie. Non vi è alcuna prova circa la natura di garanzia dei buoni spesa ricevuti dal C., il quale avrebbe dovuto rifiutare di riceverli, procedendo a contestazione dell’inadempimento. Non solo la consegna dei buoni spese in luogo della restituzione delle somme versate appartiene alla consuetudine del commercio al minuto ma risponde all’esigenza di venire incontro alle mutate esigenze del cliente”.

E’ di tutta evidenza, dunque, che secondo il Tribunale di Bologna la risoluzione del contratto, nel caso in esame, era dovuta ad un mutuo consenso delle parti, le quali avevano anche concordato le modalità della risoluzione contrattuale, indicando nella consegna dei buoni spesa il ripristino dell’originario sinallagma.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1493 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Bologna, erroneamente, avrebbe ritenuto sussistente un diverso accordo sulla modalità della restituzione del prezzo corrisposto per l’acquisto del satellitare, perchè non avrebbe considerato che alla risoluzione contrattuale ex art. 1493 c.c., il compratore avrebbe diritto alla restituzione del prezzo pagata e come contropartita avrebbe dovuto restituire la cosa.

2.1.- Il motivo è inammissibile perchè muove da un presupposto non esistente e cioè che la risoluzione del contratto conseguiva ad un inadempimento e/o ad un difetto di conformità del bene, ma, per mutuo consenso e, come ha specificato il Giudice del merito: “(….) tale inquadramento snatura ogni argomentazione del Giudice (di Pace) fondata erroneamente sulla ritenuta sussistenza di un difetto di conformità del bene, tanto è vero che la sentenza richiama l’art. 130 Codice del consumo, nonostante il C. non avesse affatto provato la sussistenza del difetto ed, altrettanto, erroneamente negando di dare ingresso alla prova circa l’informazione fornita del venditore in ordine alle caratteristiche del bene. Dalle risultanze di questo giudizio, dunque, emerge che non si è trattato di contestazione sulla qualità del bene compravenduto, bensì di ripensamento da parte dell’acquirente circa la bontà dell’acquisto, quanto avrebbe legittimato il venditore a rifiutare la restituzione del bene (…)”.

Pertanto, al caso di specie, non poteva esser applicata la normativa di cui all’art. 1493 c.c., richiamata dal ricorrente, che riguarda gli effetti della risoluzione, ossia la restituzione del prezzo, nel caso in cui la risoluzione del contratto fosse conseguenza di riscontrati vizi della cosa venduta, cui il venditore ha l’obbligo di garanzia ex art. 1490 c.c..

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

Il Collegio, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge; dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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