Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2245 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2022, (ud. 05/10/2021, dep. 26/01/2022), n.2245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10740-2017 proposto da:

M.V., C.G., D.F., G.C.,

M.A., S.B., Z.A., tutti domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE MARZIALE,

PATRIZIA TOTARO;

– ricorrenti –

contro

ECOAMBIENTE SALERNO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI

210, presso lo studio dell’avvocato ROSA VOLINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCO BIANCHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 779/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 12/10/2016 R.G.N. 456/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/10/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di Appello di Salerno ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto le domande avanzate da alcuni lavoratori, già dipendenti di ASER s.p.a., posta in liquidazione con atto (OMISSIS), dirette alla costituzione, in forza del disposto di cui all’art. 2112 c.c., di un rapporto di lavoro subordinato in capo a Ecoambiente Salerno s.p.a., subentrata nell’appalto gestito da Aser, con la quale quest’ultima società aveva stipulato contratto di affitto di azienda l'(OMISSIS);

2. la Corte territoriale, pur rilevando che la Ecoambiente era società a totale partecipazione pubblica, con assoggettamento al regime pubblicistico in materia di assunzioni, rilevava che, in ragione della non mutata natura giuridica di diritto privato della stessa, occorreva verificare in concreto se, nel caso in esame, potesse evidenziarsi la violazione da parte di Ecoambiente della disciplina di cui all’art. 2112 c.c..

2.2. osservava a riguardo la Corte che tra Aser s.p.a. ed Ecoambiente Salerno s.p.a. non vi era mai stato alcun effettivo trasferimento di azienda, tant’e’ che la Ecoambiente sottoscriveva il contratto di affitto “prodromico e strumentale alla riattivazione del compendio aziendale” con la precisa puntualizzazione, all’art. 4, che occorreva riattivare le autorizzazioni amministrative necessarie per l’esercizio del compendio aziendale affittato e, all’art. 6, che l’affitto poteva essere revocato senza incorrere in penalità, revoca che poi era intervenuta con comunicazione del (OMISSIS), cui era seguita accettazione della locatrice e rituale comunicazione alla CCIAA;

2.3.rilevava, inoltre, che con il verbale di accordo del (OMISSIS) la Ecoambiente, lungi dall’assumere da subito la gestione delle attività esercitate dalla Aser, prendeva solo l’impegno “nel rispetto della L. n. 26 del 2010, e dei criteri in essa contenuti, di ricollocare il lavoratori ex ASER nel ciclo integrato dei rifiuti della provincia di Salerno” e rilevava, quanto all’operatività dell’art. 6 CCNL, del settore igiene ambientale, che, in caso di passaggio di gestione di servizio era previsto un mero obbligo di intavolare le trattative finalizzate al mantenimento dei livelli occupazionali, essendo l’eventuale accordo, in concreto mai stipulato, l’unico atto deputato a stabilire eventualmente i criteri del diritto alla assunzione da parte della società subentrante;

3.avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione i lavoratori in epigrafe sulla base di tre motivi;

4.resiste, con controricorso, la società.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 202, comma 6, del D.L. n. 90 del 2008, art. 6 bis, convertito in L. n. 123 del 2008, dell’ordinanza Presidenza del consiglio n. 3685/2008 e n. 3693/2008, del D.Lgs. n. 195 del 2008, art. 11, v. 1 e 2, (convertito in L. n. 26 del 2010), della L.R.C. n. 4 del 2007, art. 20, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, inteso anche come esame apparente e o perplesso o incomprensibile;

1.2. osservano i ricorrenti, quanto al primo profilo, che era rivendicato il diritto alla declaratoria del rapporto di lavoro alle dipendenze di Ecoambiente s.p.a. anche in ragione del combinato disposto della richiamata normativa e che la Corte nulla argomentava su questo autonomo motivo di ricorso, che pure avrebbe potuto condurre di per sé all’accoglimento della domanda;

2. con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1362,1363,1366,2112 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che la motivazione è frutto di un totale travisamento del materiale probatorio in atti e, segnatamente, del dato letterale desumibile dal contratto di affitto di azienda sottoscritto tra Aser s.p.a. ed Ecoambiente s.p.a.;

2.2. rilevano che, in forza del metodo letterale, laddove il significato e’, come nella specie, di evidente univocità, non vi è ragione per disattendere il chiaro contenuto dispositivo contrattuale, secondo cui (art. 4), non è ravvisabile alcuna condizione sospensiva o risolutiva ma piuttosto una mera modalità di erogazione del canone, fissato per i primi sei mesi in Euro 4.000 mensili, sicché non può evincersi da tale dato che non sia intervenuto alcun trasferimento di azienda, né la volontà di non dare esecuzione al contratto o sospenderne l’efficacia in attesa della riattivazione delle autorizzazioni ed, anzi, la circostanza che dieci mesi dopo l’accordo le parti siano addivenute al rogito del contratto di affitto di azienda commerciale ((OMISSIS)) è indice della volontà negoziale volta alla realizzazione dell’affitto di azienda, sicché giammai potrebbe pervenirsi alla configurazione di una sorta di inefficacia della pattuizione contrattuale per effetto di una non espressa condizione, né un tale approdo ermeneutico è consentito dal disposto di cui al contratto, art. 6, essendo del tutto ininfluente ai fini dell’operatività del passaggio dei dipendenti ai sensi dell’art. 2112 c.c., il fatto, dato per notorio, che la conduttrice non avrebbe mai provveduto alla conduzione e gestione dell’azienda, pur se lo si ricolleghi al successivo atto di recesso, comunicato in ogni caso ben sette mesi dopo l’avvenuto affitto ((OMISSIS)), quando i dipendenti avevano già maturato il diritto al passaggio alle dipendenze di Ecoambiente, sicché la circostanza che al contratto di affitto di azienda non sia seguita alcuna attività da parte di Ecoambiente non era preclusiva all’applicazione dell’art. 2112 c.c., quantomeno limitatamente al periodo compreso tra la cessione e la ipotetica retrocessione;

3. con il terzo motivo deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1362,1363,1366,2112 c.c., dell’art. 6 CCNL igiene ambientale, stipulato l’1 dicembre 2004, decorrente dal 30 aprile 2003 nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che dal CCNL Igiene ambientale 30 apruile 2003, art. 6, era da trarsi la sussistenza di un diritto soggettivo perfetto e pieno al passaggio immediato e diretto alle dipendenze della società subentrante nell’appalto, sicché era erronea l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui da tale disposizione collettiva era da trarre che sussistesse un mero obbligo di intavolare trattative finalizzate al mantenimento dei livelli occupazionali, con la conseguenza che solo il successivo accordo conseguente alle trattative medesime, che non risulta mai stipulato, poteva prevedere eventualmente i criteri del diritto all’assunzione;

4. il primo motivo è inammissibile sotto il profilo della carenza di allegazione, proposto poiché i ricorrenti non indicano dove e in che termini abbia proposto la questione che si assume trascurata, neppure riproducendo nelle parti salienti gli atti di parte (ricorso introduttivo e appello) che potrebbero essere rilevanti ai fini di detta allegazione, né è ravvisabile la deduzione di alcun fatto decisivo – nell’accezione definita da SU 8053/2014 – che si assume non essere stato esaminato;

5. anche il secondo motivo è inammissibile.

5.2. posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e ss., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. n. 9461 del 09/04/2021);

5.3. specificamente, con riferimento al criterio dell’interpretazione letterale (Cass. n. 995 del 20/01/2021), è stato affermato che è necessario che sia indicato quale sia l’elemento semantico del contratto che avrebbe precluso l’interpretazione letterale seguita dai giudici di merito e, al contrario, imposto una interpretazione in senso diverso, essendo le censure relative all’interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito prospettabili solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti;

5.4. nel caso in esame la censura non rispetta gli indicati parametri, con la conseguenza che la stessa si risolve nella mera contrapposizione fra l’interpretazione proposta dai ricorrenti e quella accolta dai giudici di merito, non consentita in sede di legittimità;

6. il terzo motivo, prima che infondato (perché la previsione di un obbligo di assunzione da parte della disciplina collettiva non ridonda sulla interpretazione della volontà e della condotta delle parti e, in particolare, sulla intervenuta revoca della cessione, accettata dalla controparte, né è fatta valere azione risarcitoria per la mancata prosecuzione del rapporto con la cessionaria), è inammissibile poiché investe un’argomentazione utilizzata dal giudice d’appello ad abundantiam a sostegno della decisione e non costituente ratio decidendi della medesima (Cass. n. 8755 del 10/04/2018), fondata quest’ultima, in via principale, sulla interpretazione degli accordi intervenuti tra la società e i singoli lavoratori;

8. Il ricorso, conclusivamente, deve essere rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

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