Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2245 del 01/02/2010
Cassazione civile sez. III, 01/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 01/02/2010), n.2245
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 3952/2009 proposto da:
N.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli Avvocati
ANGELONE RENATO, PAGNOZZI GIOVANNA, giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente –
contro
AURORA ASSICURAZIONI SPA (subentrante alla soc. Winterthur
assicurazioni spa), P.B.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 166/2008 del TRIBUNALE di NAPOLI, SEZIONE
DISTACCATA di MARANO di NAPOLI, depositata il 02/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO
SCARDACCIONE;
La Corte:
Letti gli atti depositati.
Fatto
OSSERVA
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 12 febbraio 2009 N.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 2 aprile 2008 dal Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Marano – modificativa limitatamente alla liquidazione degli interessi della sentenza del Giudice di Pace, che aveva condannato la Winterthur a pagarle Euro 3.500,00 a titolo di risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale causato da P.B..
Costui e l’Aurora Assicurazioni S.p.A. (già Winterthur Assicurazioni S.p.A.) non hanno espletato attività difensiva.
2- I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso. Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., comma 1, violazione dell’art. 112 c.p.c.;
motivazione contraddittoria e insufficiente.
Formula un quesito finale con il quale sostanzialmente trascura i denunciati vizi di contraddittorietà e insufficienza della motivazione e di falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. incentrando la propria critica sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (e non dei nn. 3 e 5) senza però fare alcun riferimento al punto cruciale della motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva fatto leva su una regola juris così sintetizzabile: ai fini del rispetto del criterio della specificità dei motivi di appello richiesto dall’art. 342 c.p.c., comma 1 non è sufficiente che l’appellante lamenti l’omessa motivazione da parte del primo giudice, ma occorre anche che indichi per quali ragioni il medesimo sarebbe dovuto pervenire a decisione diversa da quella adottata.
La mancanza nel quesito di un qualsiasi riferimento a tal questione rende il medesimo inidoneo. Con il secondo motivo la N. lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Il riferimento è esclusivamente all’art. 360 c.p.c., n. 3 e non all’art. 360 c.p.c., n. 4, necessario per eccepire la violazione dell’art. 112 c.p.c. e al n. 5, relativo al vizio di motivazione.
Il quesito attiene alla mancata risposta da parte del giudice d’appello al motivo concernente l’insussistenza di un potere equitativo del giudice di primo grado.
Dalla parte espositiva della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha attribuito al primo motivo le censure attinenti alla riduzione del grado di danno biologico valutato dal C.T.U. e al principio di equità cui aveva fatto riferimento il Giudice di Pace ed ha individuato il secondo motivo nella questione attinente la liquidazione degli interessi legali.
Ne consegue che il tema cui la ricorrente fa riferimento è stato ricompreso nell’asserita specificità della censura. D’altra parte, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorso non contiene le pertinenti parti nè della sentenza di primo grado, nè dell’atto d’appello, necessari per consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di verificare se il Giudice di Pace abbia fatto ricorso al giudizio di equità ovvero si sia limitato ad un generico richiamo all’equità e in quali termini la statuizione sia stata censurata.
4. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;
visti gli artt. 380-bis e 385 c.p.c..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010