Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22448 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 14/03/2019, dep. 16/10/2020), n.22448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25401-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ULIVIERI RICAMBI SRL, CAD ITALIA SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente

domiciliati in ROMA P.ZZA GONDAR 22 presso lo studio dell’Avvocato

MARIA ANTONELLI che li rappresenta e difende unicamente agli

Avvocati CRISTINA ZUNINO, VALENTINA PICCO;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 476/2014 della COMM.TRIB.REG. della LIGURIA,

depositata il 22/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.

Per la cassazione della sentenza della commissione tributaria

regionale della Liguria n. 476/2014 depositata il 22.4.2015, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2019

dal relatore, cons. Francesco Mele.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– La predetta sentenza – accogliendo l’appello proposto da Ulivieri Ricambi srl e da Centro Assistenza Doganale Italia srl (CAD), previa riunione delle due cause nate da separati ricorsi- riformava le sentenze con cui la commissione tributaria provinciale di La Spezia aveva rigettato i ricorsi separatamente proposti dalla società contribuente (che svolge attività di commercio di accessori e ricambi per carrelli elevatori) e da CAD (quale spedizioniere doganale) avverso avvisi di rettifica (facenti seguito ad informativa dell’OLAF) di accertamento con i quali l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva disconosciuto l’origine tailandese della merce (transpallet manuali) acquistata dall’esportatore GT Mover, ed aveva conseguentemente richiesto i dazi d’importazione al 46% e l’IVA all’importazione per un totale di Euro 77.301,42;

– La CTR accoglieva il quinto motivo, dopo avere rigettato gli altri (tutti proposti a sostegno dei ricorsi introduttivi e disattesi dalla CTP); tale motivo denunciava la violazione degli artt. 220 e 239 del C.D.C.;

– Per la cassazione della predetta sentenza l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso affidato ad un motivo;

– Resistono con controricorso sia la società contribuente che CAD, spiegando, a loro volta, entrambe, ricorso incidentale – affidato per ciascun controricorrente a quattro motivi – per la cassazione della sentenza della CTR;

– Entrambe le controricorrenti hanno depositato memoria;

– Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Il ricorso principale consta di un unico motivo recante “Violazione e falsa applicazione dell’art. 220 par. 2 lett. B) del Codice Doganale Comunitario (Reg. CEE 12.10.1992 n. 2913), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

– I ricorsi incidentali constano di quattro motivi (identici) recanti, nell’ordine:

1) “Violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

2) “Violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

3) “Violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 23,24 e 25 Reg Cee 12.10.92 n. 2913 (c.d.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

4) “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

– Il ricorso principale è fondato e merita pertanto accoglimento.

Prima di esporre i motivi su cui si basa la decisione appena anticipata, occorre dare conto delle eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate in sede di controricorso, che vanno rigettate.

Infatti – diversamente da quanto eccepito dalla società resistente – il ricorso dell’Ufficio non reca una doglianza circa il libero apprezzamento, da parte del giudice di merito, delle prove e dei documenti prodotti in causa nè la ricorrente, tanto meno, si duole del fatto che le motivazioni della CTR non siano in sintonia con la propria ricostruzione dei fatti.

L’Agenzia ha evidenziato le condizioni, sussistendo le quali l’art. 220 reg. Cee 2913/92 tutela il legittimo affidamento del debitore consentendo la contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali; la ricorrente ha rilevato che, nella specie, la CTR ha fatto propria (errando) la posizione della società oggi resistente sollevando l’importatore dalla sua responsabilità per l’adempimento dell’obbligazione doganale per il solo fatto di avere agito in buona fede, tralasciando, in particolare, di considerare che – in tema di certificati di attestazione dell’origine preferenziale della merce, il cui rilascio “ove esso si riveli inesatto, costituisce….un errore che non poteva ragionevolmente essere scoperto” (art. 220 par. 3 CDC) – che l’errore di cui si parla deve derivare da un comportamento attivo delle autorità che hanno rilasciato il certificato, giacchè solo un siffatto errore è in grado di suscitare quel legittimo affidamento del debitore che è condizione essenziale, insieme alle altre, per integrare l’esimente di cui all’art. 220, mentre nella specie il certificato si basa su una situazione fattuale riferita dall’esportatore.

Detto che la giurisprudenza nazionale e quella unionale (i relativi precedenti sono richiamati più avanti) confortano la presente decisione, può scrutinarsi il merito del ricorso.

L’art. 220 del reg. Cee 2913/92 tutela il legittimo affidamento del debitore e consente la contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali quando sussistono le seguenti quattro condizioni: a) sussistenza di errore delle autorità doganali che ha dato luogo alla mancata contabilizzazione dei dazi; b) errore che non poteva essere ragionevolmente scoperto dal debitore; c) comportamento del debitore in buona fede; d) conformità del comportamento del debitore a tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana.

Nella specie, la sentenza gravata ha accolto l’appello per il solo fatto che la società contribuente avrebbe agito in buona fede. Ma a tale elemento non può riconoscersi la decisiva rilevanza affermata dalla CTR, atteso che “è irrilevante lo stato soggettivo di consapevolezza della irregolarità della introduzione della merce in capo all’importatore, in considerazione dell’obbligo che grava su quest’ultimo di vigilare sulla esattezza della informazione fornita alle autorità dello Stato di esportazione dall’esportatore, al fine di evitare abusi (cass. 24675/2011, richiamata da cass. 2176/2019), soprattutto quando, come, prospetta la CTR neanche le autorità dello Stato di esportazione avrebbero potuto rilevare l’insussistenza dei presupposti per beneficiare del trattamento preferenziale (Corte Giustizia causa C-47/16, punti 31 e 32).

Non emerge infatti dalla sentenza che ricorressero le condizioni CUMULATIVE previste dal diritto unionale che comportano una condivisione del rischio derivante da errori o irregolarità in funzione del comportamento e della diligenza delle autorità competenti dello Stato di esportazione e di quello di importazione, dell’esportatore e dell’importatore (Corte Giustizia causa C. 47/16, punto 25). D’altronde ai fini della configurazione dell’obbligo di valenza (Ndr: testo originale non comprensibile) previsto dal successivo punto 39, rileva che l’autorità (Ndr: testo originale non comprensibile) ha invalidato i certificati.

Il riferito principio trova ulteriore conferma nella giurisprudenza unionale, la quale ha affermato che “il debitore non può nutrire un legittimo affidamento quanto alla validità dei certificati EUR 1 per il fatto che essi siano stati ritenuti inizialmente veritieri dall’autorità doganale di uno Stato membro dato che le operazioni effettuate da detti uffici nell’ambito dell’accettazione iniziale delle dichiarazioni non ostano affatto all’esercizio di controlli successivi” (Corte Giustizia 9.3.2006, C-293/04 Beemsterboer Coldstore Services BV, richiamata da Corte giustizia 8.11.2012, C-438/11, Lagura, in relazione ai certificati FORM A, documenti giustificativi utili a fruire delle preferenze generalizzate unilateralmente concesse dalla UE).

Occorre, quindi, un più approfondito esame del procedimento.

Così motivato l’accoglimento del ricorso principale, può ora procedersi all’esame dei ricorsi incidentali.

Con il primo motivo, i controricorrenti in via incidentale si dolgono della sentenza laddove ha disatteso l’eccezione relativa all’omessa previa notifica di un processo verbale di constatazione.

Il motivo non è fondato. Come correttamente affermato dalla CTR, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile la L. n. 212 del 2000, invocato art. 12, comma 7 operando in tale ambito lo “ius specialis” di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11 nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio degli avvisi di cui si parla (ex multis cass. n. 12832 del 23.5.2018; ord. n. 2176 del 25.1.2019 e ord. n. 4061 del 12.2.2019); nè sussiste una violazione dei principi unionali in materia di contraddittorio preventivo, con conseguente disapplicazione delle norme in esame in quanto l’orientamento giurisprudenziale sopra indicato è in linea con i suddetti principi.

La Corte di Giustizia (3.7.2014 Kamino), dopo avere ricordato che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è parte integrante, ha rilevato che, quando il diritto dell’Unione non fissa nè le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa nè le conseguenze della violazione di tali diritti, condizioni e conseguenze dette rientrano nella sfera del diritto nazionale, purchè i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendono in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Siffatta soluzione è applicabile alla materia doganale nella misura in cui l’art. 245 codice doganale rinvia espressamente al diritto nazionale, precisando che “le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri”, fermo restando che questi ultimi possono legittimamente consentire l’esercizio dei diritti della difesa secondo le stesse modalità previste per la disciplina delle situazioni interne purchè esse siano conformi al diritto dell’Unione.

Inoltre, la Corte, con la successiva sentenza resa in data 20.12.2017 nella causa C-276/16, Preqù, ha precisato che le disposizioni del diritto dell’Unione, come quello del codice doganale, devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali e che le disposizioni nazionali di attuazione delle condizioni previste dall’art. 244, comma 2, codice doganale per la concessione di una sospensione dell’esecuzione devono, in mancanza di una previa audizione, garantire che tali condizioni non siano applicate o interpretate restrittivamente; se il destinatario di avviso di rettifica dell’accertamento ha la possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impositivo sino alla sua eventuale riforma e se il giudice nazionale verifica che nell’ambito del procedimento amministrativo, le condizioni di cui all’art. 244 codice doganale non sono applicate in modo restrittivo, non può ritenersi pregiudicato il rispetto dei diritti della difesa del destinatario dell’atto.

In definitiva il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima della adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretata nel senso che i diritti di difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo prevede la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’art. 244 del codice doganale comunitario, benchè la proposizione di un ricorso amministrativo non sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione del comma 2 di tale articolo da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione della esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato (ord. 4061/2019 cit).

– Il motivo sub 2) è infondato.

Va in primo luogo osservato che il giudice del gravame ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sufficientemente motivato con la indicazione delle “autorità che hanno rilasciato i certificati di origine preferenziale delle merci esportate”, delle “ragioni per le quali gli stessi non erano ritenuti validi” e dei “motivi per i quali non si era ritenuto che le lavorazioni operate dalla società GT Mover fossero sufficienti a conferire l’origine preferenziale alla merce”. Nè può attribuirsi rilevanza alla circostanza, pure evidenziata con il presente motivo, della mancata allegazione del rapporto OLAF. Al riguardo, questa Corte non può non conformarsi ad un consolidato orientamento (2176/19;10118/17;8399/13), secondo cui “L’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso va inteso, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, in relazione alla “finalità integrativa” delle ragioni che sorreggono l’atto impositivo: il contribuente ha il diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare la motivazione, ma non anche di tutti quelli cui, comunque, vi sia un riferimento ove la motivazione sia già sufficiente oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (nella parte rilevante ai fini della motivazione) sia già riportato nell’atto noto, spettando a lui provare che almeno una parte del contenuto di tali atti sia necessaria ad integrarne la motivazione. Inoltre l’avviso di accertamento in materia doganale, che si fondi su verbali ispettivi OLAF, i quali hanno carattere riservato (art. 8 del Reg CE n. 1073/1999) ma possono essere utilizzati dall’Amministrazione nei procedimenti giudiziari per inosservanza della regolamentazione doganale, è legittimamente motivato ove risponda alle prescrizioni del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, ossia riporti nei tratti essenziali, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, il contenuto di quegli atti presupposti richiamati per relationem ancorchè non allegati, dovendosi ritenere la produzione del rapporto finale OLAF non inclusa tra i requisiti di validità della motivazione dell’atto impositivo”.

– I motivi sub 3) e 4) – per concludere – sono da rigettare.

Con riferimento al dedotto vizio di violazione di legge (motivo 3), lo stesso è articolato come violazione delle regole in materia di onere della prova, ma la pronuncia in esame ha, correttamente, ritenuto che la pretesa dell’Amministrazione doganale era legittima in quanto fondata su idonei elementi di prova, sicchè non sussiste alcuna alterazione delle regole in materia di riparto dell’onere probatorio; con riguardo al ritenuto vizio di motivazione (motivo 4), lo stesso è privo di autosufficienza, in quanto parte resistente si limita ad affermare che nè il rapporto OLAF nè gli altri documenti provavano l’origine cinese della merce, senza tuttavia riportare, a supporto del motivo di censura, il contenuto dei suddetti atti, non consentendo, in tal modo, a questa Corte, di esprimere una valutazione sulla decisività dei fatti indicati ai fini della decisione (in termini: cass. ord. 2176/2019 cit.) e dà per presupposta l’identità delle fattispecie sulle quali si sarebbero pronunciate altre autorità doganali.

Il ricorso principale va accolto e i ricorsi incidentali vanno rigettati; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per il regolamento delle spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.

PQM

Accoglie il ricorso principale e rigetta i ricorsi incidentali; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione. In relazione al rigetto dei ricorsi incidentali dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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