Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22446 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 04/11/2016), n.22446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2695/2013 proposto da:

LA CAPPUCCINA DI BO.MA. & C. SAS, (OMISSIS), in persona

del socio accomandatario e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BUCCARI 3, presso lo studio

dell’avvocato FABRIZIO PROIETTI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TIZIANO ADITASCO giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R., (OMISSIS);

– intimati –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/05/2016 dal Relatore Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Adelasco Tiziano difensore del ricorrente che si

riporta al ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in opposizione, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170, depositato in data 5.1.2012, la S.a.s. La Cappuccina di Bo.Ma. e C., in persona del socio accomandatario A.P., chiedeva al Tribunale di Milano l’annullamento e la successiva rideterminazione del compenso liquidato a favore della Dott.ssa B.R., nominata ctu nel procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso nei confronti della ricorrente dal (OMISSIS).

La ricorrente lamentava la ripartizione delle spese per la procedura di a.t.p., posta a carico di entrambe le parti in solido anzichè a carico del richiedente Condominio. Censurava il quantum del compenso, liquidato al ctu sulla base di un’errata applicazione del criterio delle vacazioni.

La B. si costituiva ritualmente in giudizio e il Condominio veniva dichiarato contumace.

Il Tribunale di Milano, con provvedimento emesso in data 27.6.2012, dichiarava cessata la materia del contendere in relazione alla ripartizione delle spese effettuata nel procedimento di a.t.p., e respingeva il ricorso.

2) La società La Cappuccina ha proposto ricorso straordinario in cassazione, articolato su due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

2.1) Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Secondo quanto lamentato dalla società, la cessazione della materia del contendere statuita dal Tribunale contrasta con l’interesse della stessa ad ottenere l’annullamento del decreto di liquidazione del compenso al ctu, in quanto posto illegittimamente a suo carico, erroneamente lasciandola obbligata in via solidale.

Il motivo risulta fondato.

Occorre premettere che la “cessazione della materia del contendere” – creata dalla prassi giurisprudenziale – postula che “sopravvengano, nel corso del giudizio, eventi di natura fattuale o atti volontari delle parti idonei a determinare la totale eliminazione di ogni posizione di contrasto” (Cass. 5390/2000), restando incontestato “l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito” (Cass. 8390/2015).

Nel caso di specie il Tribunale ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, in quanto il Condominio aveva integralmente liquidato il compenso al ctu; ha sostenuto che, nonostante la riserva del Condominio a pretendere la rifusione dell’intera somma “in altra e più competente sede”, nessuna lesione aveva subito la società, la quale, sulla base di quanto risultava dai documenti dalla medesima prodotti, era esposta al rischio che le venisse chiesto il rimborso delle spese sostenute negli stessi limiti in cui lo sarebbe stata se, sin dall’inizio, le spese fossero state poste integralmente a carico del Condominio anche nel provvedimento impugnato.

2.2) Viene così trascurato il principio generale in base al quale “in tema di obbligazioni solidali passive, l’avvenuto pagamento determina l’estinzione ipso iure del debito anche nei confronti di tutti gli altri obbligati” (Cass. 12174/2004), ma non elimina il diritto del coobligato solidale, che ha già effettuato un pagamento valido ed efficace a favore del creditore, di proporre l’azione di regresso ex art. 1299 c.c. (Cass. 2540/75).

Nel caso in esame, a prescindere da un eventuale giudizio di merito in cui può chiedere la rifusione dell’intera somma versata, il Condominio, sulla base della pronuncia del giudice a quo, potrebbe esercitare in via immediata l’azione di regresso nei confronti della società per la quota del 50%, poichè entrambe le parti sono state condannate al pagamento provvisorio in solido dal giudice che ha effettuato la liquidazione.

Per conseguenza, poichè il provvedimento qui impugnato, che conferma il riparto delle spese in solido, consente a quello tra i condebitori che abbia soddisfatto il creditore comune nell’ambito di un’obbligazione solidale, di agire in ogni momento nei confronti del condebitore in solido, il Tribunale non poteva dichiarare la cessazione della materia del contendere, poichè anche dopo il pagamento al professionista permaneva il contrasto tra le parti su questo decisivo profilo.

Il tribunale avrebbe quindi dovuto comunque pronunciarsi sula questione relativa all’addebitabilità delle spese dell’a.t.p. in via provvisoria e alla solidarietà – negata dall’opponente società – di esse.

Pertanto il motivo merita accoglimento.

3) Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione della L. n. 319 del 1980, art. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La ricorrente sostiene che nella motivazione del Tribunale “l’attività espletata dal ctu risulta solo genericamente descritta”, che il giudice “si è limitato a stigmatizzare la congruità dell’importo liquidato”. Secondo la ricorrente infatti il giudice aveva applicato il criterio legale delle vacazioni all’attività del professionista, “senza alcuna specifica puntualizzazione”, nè “dettaglio del tempo” effettivamente impiegato dallo stesso.

Ne desume che poichè 120 vacazioni corrispondono a 240 ore, non si potrebbe “ragionevolmente sostenere che questi abbia, per l’appunto, dedicato 30 giornate lavorative allo svolgimento dell’incarico conferitogli”.

La censura è infondata.

Come ha rilevato la relazione preliminare, la doglianza si risolve in una censura motivazionale in ordine alla congruità delle argomentazioni spese per quantificare il compenso in base alle vacazioni.

Invano parte ricorrente ripete anche in memoria che essa aveva chiesto al tribunale il riesame quantitativo del calcolo in relazione al disposto dell’art. 4, secondo cui il magistrato deve liquidare le vacazioni con rigoroso riferimento al numero delle ore necessarie per l’espletamento dell’incarico e che il giudice ha soltanto risposto che l’onorario è proporzionato al lavoro svolto e ai compensi abituali.

Questo tipo di censura non costituisce un’ipotesi di violazione di legge, perchè non è denunciato un errore nell’interpretazione della norma, nè un’ipotesi di falsa applicazione di legge, perchè la fattispecie non è stata sussunta sotto altra norma diversa da quella invocata.

Il giudice ha infatti esaminato la censura ben inquadrandola secondo il suo contenuto, riassunto a pag. 2 della sentenza, costituito dalla lamentela sulla eccessività delle ore e dall’invocazione della L. n. 319 del 1980, art. 4.

Ha congruamente risposto sul punto, poichè certamente la norma non può essere interpretata nel senso che sia richiesta in sede giudiziale un’analisi ora per ora, vacazione per vacazione, dell’attività svolta, computando i minuti impiegati dal consulente per studiare il caso, aggiornarsi, riflettere sul quesito, sugli atti di causa, sul testo da scrivere, sulla correzione, sulle note critiche delle parti.

Il giudice ha operato secondo legge, esaminando la relazione del tecnico, apprezzando la difficoltà delle operazioni, il corredo fotografico necessario, le risposte alle note critiche dei consulenti di parte, l’allineamento dell’istanza di liquidazione ai parametri di calcolo di compensi (ovviamente da intendere per vacazioni) “liquidati per quel tipo di operazioni”.

Trattasi di valutazione adeguata, in relazione alla modestia della materia del contendere e alla mancanza di specifiche considerazioni critiche.

In questa sede la ricorrente non ha infatti offerto indicazioni specifiche su circostanze e elementi rispetto a cui essa aveva dedotto e su cui ora invoca il controllo. Non vi sono elementi per far emergere, dalle stesse deduzioni qui svolte, l’illogicità del riconoscimento delle vacazioni liquidate.

Alla Corte di Cassazione non è infatti conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (SU Cass. 13045/1997), compito che spetta al giudice di merito (cfr. Cass. 20322/05 tra le tante).

L’accoglimento del primo motivo di ricorso consente la decisione di merito della causa relativa al rapporto con il Condominio (OMISSIS), con la statuizione che in accoglimento dell’opposizione proposta, di cui alla causa n. 691/2012 del tribunale di Milano, decisa con provvedimento del 27 giugno 2012, le spese dell’accertamento tecnico preventivo per cui è causa vanno poste provvisoriamente a carico del Condominio, parte istante nel procedimento per a.t.p..

E’ rigettato il motivo di ricorso relativo alla liquidazione del compenso.

Nei rapporti tra odierna ricorrente e Condominio, può essere confermata la compensazione delle spese di lite del giudizio svoltosi davanti al tribunale di Milano e possono essere compensate le spese relative a questo giudizio, atteso che non risulta che il Condominio abbia mai formulato istanza per il rimborso della quota che ha anticipato e che si è riservato di ripetere “in altra e più competente sede”, evidentemente in esito al giudizio di merito. Pertanto non ha dato ragione immediata all’iniziativa giudiziaria, intrapresa dalla società per far modificare i provvedimenti giurisdizionali ritenuti inappropriati.

Ferma la liquidazione delle spese del giudizio di opposizione in favore del consulente, non v’è luogo a liquidare in suo favore le spese relative al giudizio di cassazione, in mancanza di attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso.

Accoglie il primo motivo di ricorso; cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, pone le spese dell’accertamento tecnico preventivo per cui è causa provvisoriamente a carico del Condominio intimato.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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