Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22444 del 06/08/2021

Cassazione civile sez. I, 06/08/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 06/08/2021), n.22444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14195/2017 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cristoforo Colombo n.

436, presso lo studio dell’avvocato Riccardo Riedi, rappresentata e

difesa dall’avvocato Gregorio Anastasi, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

BENETTON GROUP S.r.l., (già Bencom S.r.l.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla

via Giosue’ Carducci n. 4, presso lo studio dell’avvocato Alfredo

Irti, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marco De

Rosa, giusta procura in calce al controricorso;

-controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 816/2017 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA,

pubblicata il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal cons. Dott. LUCA SOLAINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1) La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 2.5.2017, ha respinto il reclamo L.Fall., ex art. 18 proposto da (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata l’11.10.2016 dal Tribunale di Treviso, su domanda di Benetton Group s.r.l. (già Bencom s.r.l.).

La corte territoriale ha in primo luogo ritenuto Benetton Group legittimata a proporre l’istanza L.Fall., ex art. 6, in quanto titolare nei confronti di (OMISSIS) di un credito per canoni di locazione di circa 17.000 Euro, non contestato, e di un ulteriore credito, di oltre 285.000 Euro, per forniture di merce, portato da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che, benché contestato in via di opposizione al provvedimento monitorio, doveva ritenersi sussistente sulla scorta della stessa documentazione contabile dimessa dalla reclamante, laddove, per contro, non poteva ritenersi provato l’eccepito, maggior credito risarcitorio da questa vantato in ragione di un supposto abuso di posizione dominante di Benetton.

Il giudice del reclamo ha quindi accertato la ricorrenza dello stato di insolvenza di (OMISSIS), che, oltre ad essere priva delle liquidità necessarie al pagamento del debito, non era stata rintracciata presso la sede sociale, dove Benetton aveva tentato di eseguire un pignoramento mobiliare, e presentava sin dall’esercizio 2014 un patrimonio netto negativo, dissimulato mediante l’appostazione all’attivo di sopravvenienze straordinarie (il credito risarcitorio) e la sottovalutazione dei debiti verso banche ed erario. Ha aggiunto che lo stato di insolvenza non poteva ritenersi superato dal fatto che la reclamante, dopo essere rimasta inattiva per più di un anno, nel 2016 aveva aperto altri due punti vendita di abbigliamento a marchio di società ad essa collegata, atteso che quest’ultima si era avvalsa della facoltà di sciogliersi dal contratto il 28.7.2016.

Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, cui Benetton Group srl ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Il Fallimento di (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L.Fall., art. 5. Sostiene che la corte d’appello l’ha erroneamente ritenuta fallibile sulla sola scorta del contestato inadempimento – peraltro attribuendo rilevanza ad un pignoramento mobiliare illogicamente tentato presso la sua sede, anziché presso il negozio ove svolgeva l’attività commerciale – in difetto di ulteriori indici esteriori sintomatici della sua insolvenza (protesti, esecuzioni, segnalazioni alla Centrale Rischi ecc.) e senza tener conto che essa vantava un sicuro controcredito nei confronti di Benetton, tenuta a rifonderle il prezzo degli arredi del negozio, a fronte del quale, all’udienza del 12.7.2016, aveva offerto all’istante, banco iudicis, la somma sostanzialmente satisfattoria di Euro 100.000, da questa rifiutata; che, inoltre, dopo l’arbitraria interruzione unilaterale del rapporto da parte della creditrice, si era ricollocata sul mercato, aprendo due nuovi punti vendita per i quali si prospettava un fatturato annuo di 1.000.000 di Euro. Osserva, ancora, che il bilancio dell’esercizio 2015 evidenziava un patrimonio netto positivo e debiti esigui sia nei confronti delle banche che dell’erario e che ancor migliori erano le previsioni del bilancio 2016.

2) Col secondo motivo, che denuncia violazione della L. n. 192 del 1998, art. 9 in relazione alla L.Fall., art. 5 e all’art. 41 Cost., la ricorrente torna a ribadire l’erroneità della decisione, per avere la corte d’appello ravvisato lo stato di decozione in presenza della ben diversa situazione di sua temporanea illiquidità, peraltro determinata esclusivamente dall’abuso perpetrato da Benetton Group nei suoi confronti, profittando della sua dipendenza economica; sostiene, inoltre, che il giudice avrebbe escluso la sussistenza dell’abuso, il quale può manifestarsi anche attraverso l’arbitraria interruzione del rapporto, aderendo sic et simpliciter alla tesi della creditrice istante e trascurando di considerare la pendenza di ben due giudizi di merito (uno dei quali instaurato dalla curatela) volti a verificare la fondatezza delle sue contrapposte pretese creditorie.

3) Con il terzo motivo (OMISSIS) denuncia la violazione dell’art. 1375 c.c., in combinato disposto con l’art. 2 Cost., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che il comportamento di Benetton Group srl fosse stato rispettoso del precetto di buona fede contrattuale e del principio di solidarietà economica, nonostante il rapporto fosse stato interrotto all’improvviso, avendo la creditrice arbitrariamente cessato di tollerare le dilazioni nei pagamenti (sempre onorati) delle forniture, accettate per oltre otto anni.

4) Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, nonché la violazione degli artt. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 in combinato disposto con la L.Fall., art. 5, per aver la corte del merito omesso di pronunciare sulla questione, che le era stata devoluta, dell’esistenza di una prassi consolidata in virtù della quale essa, per ben otto anni, aveva sempre pagato le forniture stagionali con dilazione semestrale (prassi che, ove accertata, avrebbe disvelato che il rapporto intercorso non era riconducibile ad un mero contratto di vendita, ma aveva assunto tutti gli aspetti della fattispecie negoziale del franchising o di altro negozio ad esso assimilabile) e per aver omesso di accertare se, secondo quanto ulteriormente eccepito, una parte delle fatture ex adverso azionate fossero state pagate.

5)Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia violazione della L.Fall., art. 5, del proprio diritto di difesa e dei principi del giusto processo, ex art. 111 Cost., perché la corte d’appello avrebbe utilizzato un differente metro di valutazione delle prove documentali allegate dalle parti ed avrebbe negato ingresso alle sue richieste istruttorie, che avrebbero evidenziato l’insussistenza di una sua posizione debitoria.

6) Il primo motivo, che peraltro muove dall’infondata premessa che lo stato d’insolvenza non possa essere desunto dall’esistenza di un unico debito, è inammissibile in quanto, sotto l’apparente denuncia di un vizio di violazione di legge, solleva censure di merito in ordine all’accertamento compiuto dalla corte distrettuale, pretendendo (oltretutto in via meramente assertiva) per un verso una valutazione del complesso delle risultanze istruttorie difforme da quella- insindacabile nella presente sede di legittimità – operata in sentenza e lamentando, per l’altro, l’omessa considerazione di elementi (l’offerta di una somma banco iudicis; l’esistenza di un controcredito per la cessione degli arredi; l’apertura di nuovi negozi) che il giudice del reclamo ha invece esaminato (v. pag. XIX e XXVI della sentenza impugnata), ma non ha ritenuto sufficienti a sovvertire il giudizio d’incapacità – strutturale ed irreversibile – della ricorrente ad adempiere alle proprie obbligazioni.

7)Identiche considerazioni vanno svolte in ordine al secondo ed al terzo motivo, anch’essi volti a sovvertire (senza che sia stato indicato un solo fatto decisivo omesso) la valutazione di merito in base alla quale la corte d’appello ha escluso che il dissesto fosse stato determinato dall’abuso di dipendenza economica posto in essere da Benetton Group.

7.1) Può aggiungersi che, in ogni caso, ai fini dell’accertamento dello stato d’insolvenza, consistente nell’incapacità di adempiere regolarmente e con mezzi normali alle proprie obbligazioni, è irrilevante ogni indagine sull’imputabilità o meno all’imprenditore dichiarato fallito delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all’impresa, così come sull’effettiva esistenza ed entità dei crediti fatti valere nei suoi confronti (Cass. sez. un. 115/01).

8) Il quarto motivo di ricorso è anch’esso inammissibile: nella sua prima parte (ai sensi del comb. disp. Dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto non specifica in quale esatta sede processuale ed in quali esatti termini, la questione inerente l’accettazione da parte di Benetton Group della dilazione dei pagamenti sia stata dibattuta in giudizio, né chiarisce la decisività di tale circostanza ai fini della revoca della sentenza dichiarativa; nella sua seconda parte perché lamenta l’omessa pronuncia su un’eccezione, di parziale pagamento, che il giudice ha invece esaminato, dichiarandola infondata (cfr. pagg. XXI, XXII sentenza impugnata).

9) Inammissibile, infine, è anche il quinto motivo di ricorso, che invoca in via astratta e generica la violazione dei principi del giusto processo, ma non censura alcuna ratio decidendi della sentenza impugnata, né precisa quali siano i documenti non esaminati e quali le istanze istruttorie non ammesse dalla corte del merito.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di Benetton Group srl delle spese processuali, che liquida in Euro 5.400,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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