Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22441 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 16/11/2017, dep. 24/09/2018), n.22441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28820/2013 proposto da:

C.S., quale coerede e prelegatario della propria madre

M.G., nonchè quale coerede e prelegatario del proprio padre

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23, presso

lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati LUIGI PAOLO COMOGLIO, PAOLO BASSO;

– ricorrente –

contro

CA.MA., B.E., B.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA DOMENICO PETRACCA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato EUGENIO REMUS;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 446/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2027 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANDREA SOLFANELLI, con delega orale dell’Avvocato

NICOLA DOMENICO PETRACCA, che ha chiesto l’accoglimento delle difese

in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2001 C.S. conveniva in giudizio la sorella Ca.Ma. affermando che rispetto alla successione del padre, morto nel (OMISSIS), era stata lesa, a seguito di disposizioni testamentarie e di donazioni dirette e indirette, la sua quota di legittima e chiedendo quindi che fosse accertata la lesione e disposta la riduzione delle disposizioni e, se necessario, delle donazioni per poi procedere alla divisione dei beni.

La causa è stata riunita a un’altra iniziata dalla madre M.G., che esponeva che le disposizioni testamentarie del de cuius violavano la sua quota di legittima e proponeva le stesse domande del figlio S., aggiungendo che dovevano essere riunite ai beni relitti anche due donazioni fatte alla nipote B.F. e al genero B.E.. Vi è poi stata la riunione con una terza causa, iniziata nel 2002 da C.S. e dalla madre M.G., sempre nei confronti di Ca.Ma..

Il Tribunale di Vercelli ha pronunciato una prima sentenza non definitiva con la quale ha respinto l’eccezione proposta, nei confronti dell’azione di riduzione avanzata da M.G., ai sensi dell’art. 564 c.c. (per il quale il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio di inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati): M.G. – ha affermato il Tribunale – era stata pretermessa dall’eredità e quindi non poteva, prima di esercitare l’azione di riduzione, accettare l’eredità con beneficio di inventario; il Tribunale ha poi accertato la natura di donazioni indirette di alcuni atti di acquisto di Ca.Ma. dal padre. La sentenza, non oggetto di riserva e di immediata impugnazione, è passata in giudicato.

E’ stata poi pronunciata una seconda sentenza non definitiva con la quale il Tribunale ha anzitutto rilevato d’ufficio – dopo aver sottoposto la questione al contraddittorio delle parti – la mancata rinuncia da parte di M. al legato, che ha qualificato in sostituzione di legittima, e ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di riduzione fatta valere dalla medesima; ha poi accertato che la somma del valore dei beni lasciati a C.S. non raggiunge la quota di legittima a lui spettante e rimesso la causa in istruttoria per procedere alla riduzione delle disposizioni testamentarie lesive ed eventualmente delle donazioni e poi alla divisione dell’asse ereditario.

2. Deceduta nel frattempo M.G., la seconda sentenza è stata impugnata da C.S.. La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 5 marzo 2013, ha rigettato l’appello e ha confermato la sentenza impugnata.

3. C.S. ricorre in cassazione con ricorso articolato in tre motivi e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Ca.Ma., B.E. e F. resistono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia nullità della sentenza, per avere la Corte d’appello “inammissibilmente statuito, confermando la sentenza appellata non definitiva e parziale di merito, in totale contrasto con il precedente giudicato interno, esplicito ed implicito, formatosi, per difetto di tempestiva impugnazione, sulla precedente sentenza non definitiva e parziale di merito, pronunziata inter partes dallo stesso giudice di primo grado nel 2005, il tutto in violazione dei principi fondamentali che disciplinano l’autorità, formale e sostanziale, della cosa giudicata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: il giudice d’appello, che pure – come afferma il ricorrente – ha dato atto in sentenza dell’esistenza di un giudicato interno, sarebbe poi “rimasto colpevolmente cieco” dinanzi alla sua portata preclusiva. La prima sentenza non definitiva del Tribunale aveva rigettato l’eccezione ex art. 564 c.c., affermando che M. fosse erede legittimario pretermesso, dando quindi per sussistente ogni altra condizione di ammissibilità o di proponibilità delle azioni esperite e delle domande di riduzione proposte, e aveva poi qualificato quale donazione indiretta determinati atti di liberalità, così decidendo questioni di merito stricto sensu la cui risoluzione incideva sulla determinazione della quota disponibile e sui modi esperibili per la riduzione delle donazioni. A fronte del passaggio in giudicato di tale decisione, era precluso al Tribunale il rilievo d’ufficio di una diversa causa di inammissibilità della domanda di riduzione ai sensi dell’art. 554 c.c., ossia la mancata formale rinuncia di M.G. al lascito devolutole a titolo particolare dal de cuius.

Il motivo è infondato. E’ vero che la sentenza del 2005 ha rigettato l’eccezione relativa alla mancanza della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, ritenendo che nel caso di specie, essendo M. stata totalmente pretermessa dall’eredità, non trova applicazione la condizione richiesta dall’art. 564 c.c., ma questo non significa, come invece afferma il ricorrente, che abbia dato per sussistente ogni altra condizione di ammissibilità o di proponibilità delle azioni esperite. Non era quindi precluso al Tribunale il successivo rilievo d’ufficio della mancanza di una diversa condizione di proponibilità della domanda, costituita dalla mancata rinuncia da parte di M. del legato in sostituzione di legittima ai sensi dell’art. 551 c.c.. Nè un giudicato implicito può essere ricavato dalla circostanza che la sentenza non definitiva del 2005 non sia limitata a rigettare l’eccezione di mancanza della condizione di cui all’art. 564 c.c., comma 1, ma abbia pure esaminato “una per una le donazioni dedotte da tutte le parti”. La qualificazione quale donazioni indirette di determinati atti, prodromica alla determinazione, ex art. 556 c.c., della quota di cui il de cuius poteva disporre, è indipendente dal riconoscimento a M.G. della legittimazione a proporre l’azione di riduzione azione di riduzione fatta valere pure dal ricorrente – e non poteva quindi precludere il successivo rilievo da parte del giudice della mancanza di una condizione di proponibilità dell’azione.

2. Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per avere la Corte d’appello “omesso del tutto di pronunziarsi sul motivo finale d’appello e comunque per non aver rilevato anche d’ufficio, come era suo preciso dovere, l’esistenza di quel giudicato risultante ex actis, il tutto in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Il motivo, come sottolinea il ricorrente, si pone quale sviluppo consequenziale e complementare del primo motivo nel quale, secondo le parole dello stesso ricorrente, è già sostanzialmente racchiuso. Il rigetto del primo motivo determina pertanto il rigetto del secondo: non essendoci stata, da parte del primo giudice, violazione del giudicato interno, la Corte d’appello bene ha fatto a non rilevare l’esistenza di tale giudicato.

3. Il terzo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione dei principi giuridici attinenti alla disciplina specifica del legato in sostituzione di legittima (art. 551 c.c.) in un rapporto di eccezione-regola con la configurabilità, affermatisi del tutto pacificamente in dottrina e in giurisprudenza, di un mero legato in conto legittima, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo, articolato – secondo le parole del ricorrente – in via secondaria rispetto ai primi due, non può essere accolto. Esso viene presentato come violazione e/o falsa applicazione di legge, ma si sostanzia in una critica alla ricostruzione interpretativa operata dal giudice di merito della scheda testamentaria e della conseguente qualificazione del legato quale legato in sostituzione e non in conto – di legittima, interpretazione che spetta al giudice di merito e che, nel caso di specie, è stata analiticamente e persuasivamente argomentata (cfr. pp. 23-25 del provvedimento impugnato).

4. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese sono liquidate, in dispositivo, seguendo la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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