Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2244 del 30/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2244 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 14793-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2017
1625

contro

AUTOSERVIZI FVG SAF SPA;
– intimato –

Data pubblicazione: 30/01/2018

Nonché da:
AUTOSERVIZI FVG SAF SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA OVIDIO 32, presso lo

dall’avvocato MASSIMO MALENA giusta delega a
margine;
– controricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

avverso

la

COMM.TRIB.REG.

sentenza , n.
ei– TRIES-Tg,,

475/2015
della
.,,
depositata
il

17/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 08/11/2017 dal Consigliere
Dott. FRANCESCO FEDERICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito il
ricorso incidentale;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MALENA

STUDIO MALENA & ASSOCIATI, rappresentato e difeso

che ha chiesto il rigetto.

Svolgimento del processo
Con ricorso tempestivamente notificato l’Agenzia delle Entrate, sulla base
di sette motivi, impugnava la sentenza n. 475/09/15, depositata dalla
Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia il 17.12.2015.
Riferiva che la Autoservizi FVG s.p.a. – SAF, società di autotrasporti
esercente l’attività di trasporto pubblico locale nelle province di Udine e di

titolo di Irap relativamente all’anno d’imposta 2009, assumendo di avere diritto
alla riduzione della base imponibile dichiarata in applicazione delle deduzioni
introdotte dall’art. 1, co. 266, I. 296/2006 (cd. riduzione del cuneo fiscale
prevista dalla Legge Finanziaria 2007), che aveva modificato l’art. 11, co. 1,
lett. a), n. 2, del d.lgs. n. 446 del 1997. Al silenzio-rifiuto opposto dalla
Amministrazione finanziaria, che riteneva la società operante in regime di
concessione e a tariffa, e dunque compresa nelle categorie escluse dal
beneficio, era seguito il contenzioso promosso dalla contribuente. La
Commissione tributaria provinciale di Udine, con sentenza n. 128/1/2014,
rigettava la domanda di rimborso, mentre la Commissione tributaria regionale
del Friuli, con la sentenza ora impugnata, in totale riforma delle statuizioni del
giudice di primo grado accoglieva l’istanza di rimborso.
La ricorrente censura la sentenza lamentando:
con il primo motivo la nullità della sentenza per inosservanza degli artt.
112, 115 c.p.c., 7 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4,
c.p.c., perché la pronuncia esclude che il servizio di trasporto pubblico prestato
dalla società sia inquadrabile nello schema della concessione, collocandolo
invece nell’appalto, in contrasto con il sistema di remunerazione descritto dalla
medesima contribuente;
con il secondo motivo la nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 36
del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per
motivazione carente o apparente;
con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 c.c.,
2697, 2727, 2729 c.c., 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.
RG N 14793/2016

i

I

Belluno, aveva chiesto il rimborso della somma di C 267.122,00, versata a

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perché era onere della contribuente dimostrare di non operare in concessione,
e perché, emergendo una duplice voce remunerativa, doveva escludersi la
natura di appalto, collocandosi correttamente nella concessione;
con il quarto motivo la nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 36
d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., perché
incomprensibile la motivazione nella parte in cui tratteggia le caratteristiche del

con il quinto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1655 c.c.,
nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3,
c.p.c., per le medesime ragioni della precedente censura;
con il sesto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c.,
2727, 2729 c.c., 115 c.p.c., 1655 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3
c.p.c., perché anche l’insieme degli elementi rilevati dal giudice di merito non
sarebbe sufficiente ad escludere la presenza della concessione e a ritenere
presente il contratto d’appalto nel rapporto de quo;
con il settimo motivo la violazione e falsa applicazione dei principi generali
in materia di concessione, dell’art. 11, d.lgs. n. 446/1997, degli artt. 18 e 19
del d.lgs. n. 422/1997, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3,
c.p.c., per aver erroneamente escluso il giudice d’appello la presenza di una
concessione traslativa di pubblico servizio, ostativa al conseguimento dei
benefici fiscali introdotti per l’abbattimento del cuneo fiscale.
Chiedeva dunque l’accoglimento del ricorso.

Si costituiva la società, che contestava puntualmente con controricorso le
avverse prospettazioni; con ricorso incidentale impugnava a sua volta la
sentenza della commissione tributaria regionale, censurando, con unico
motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, oggetto di
discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per non
essersi pronunciata la sentenza sulla inesistenza di una tariffa remuneratoria.

RGN 14793/2016
RO,i-kedyrici
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contratto che ne impedirebbero la sussunzione nell’alveo delle concessioni;

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Alla pubblica udienza dell’8.11.2017, sentito il P.G., che chiedeva il rigetto
del ricorso principale con assorbimento di quello incidentale, e le parti, la causa
era decisa.

Motivi della decisione
Con i numerosi motivi l’Agenzia esamina da più angolazioni la medesima

sinallagrnatico tra gli enti pubblici territoriali e la società di autoservizi, offerta
dal giudice tributario regionale, il quale ha negato la collocazione del servizio di
trasporto pubblico locale nel rapporto concessorio con tariffa remuneratoria,
escluso dai benefici introdotti dalla I. n. 266 del 2006 in tema di cuneo fiscale,
inquadrandolo invece nell’appalto pubblico;
la sentenza della C.T.R. friulana, dopo aver illustrato l’oggetto della
controversia e le rispettive posizioni, osserva che «…si è in presenza di una
concessione quando l’operatore assume i rischi connessi alla realizzazione e
gestione del servizio, traendo la propria remunerazione direttamente
dall’utilizzatore. In sintesi le concessioni sono caratterizzate dal trasferimento
di una responsabilità di gestione. Su questo aspetto specifico, oltre a
confermare i principi comunitari evocati dall’appellante, va precisato che la
modalità di remunerazione è il tratto distintivo: nella concessione l’operatore si
assume i rischi rifacendosi sull’utenza tramite la riscossione di un canone o
tariffa; nell’appalto l’onere del servizio grava sull’amministrazione».

Dopo

questa premessa, mostrando di volere in concreto esaminare i rapporti vigenti
tra l’ente territoriale conferente e la società di esercizio del trasporto pubblico,
la sentenza prosegue nell’affermare che

«i contratti prodotti dalla società

appellante, escludevano un regime concessorio mentre palesavano l’esistenza
di un appalto pubblico, in quanto regolamentavano un corrispettivo annuo per
l’erogazione del servizio di trasporto. Inoltre, mancava un atto unilaterale
(tipico invece delle concessioni), nell’impegno di esclusiva garantito alla
società, nella previsione di penali, premi e cause di decadenza o revoca e
infine, nel rinvio alla normativa del codice civile e alla legislazione in materia di
trasporti».
RGN 14793/2016
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fr
i

questione, ossia l’inadeguatezza della ricostruzione relativa al rapporto

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Dunque il giudice tributario, con esame sia pur sintetico, fa una valutazione
concreta, in fatto, del rapporto giuridico in essere tra le parti, giungendo a
conclusioni opposte rispetto a quanto sostenuto dalla Amministrazione
finanziaria e aderenti invece a quanto assertito dalla contribuente.
Questi i passaggi salienti della pronuncia impugnata, è allora innanzitutto
infondato il primo motivo di ricorso. L’Amministrazione lamenta che il giudice

sull’assunto che i contratti esaminati prevedevano solo un corrispettivo annuo
a carico dell’ente conferente, inconciliabile con il rapporto concessorio, mentre
la contribuente stessa aveva riferito che il corrispettivo della società di
trasporto era composto in parte da una tariffa a carico dell’utenza e in parte da
un contributo a carico dell’ente territoriale. Per questo denuncia un error in
procedendo. Ebbene, premesso che l’error in procedendo può essere invocato
in ipotesi di omessa pronuncia su un motivo di appello (tra le tante, Cass., Sez.
3, sent. n. 26155/2014), laddove nel caso di specie emerge che il motivo è
stato trattato (la natura giuridica del rapporto instaurato tra ente e società)
sebbene, a dire della ricorrente, con analisi incompleta o contraddittoria dei
fatti e degli elementi emergenti dagli atti di causa (al più sussumibile, quando
ancora vigente la vecchia formulazione dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. nella
contraddittoria o insufficiente motivazione), nel caso che ci occupa le
conclusioni cui perviene il giudice di merito non sono solo ancorate alla fonte
del corrispettivo percepito dalla società di autotrasporti (tariffa, o
contribuzione, o entrambi), ma all’insieme degli elementi che, sia pur
sinteticamente, sono indicati tra i righi 10 e 15 di pag. 3 della sentenza
impugnata. Si aggiunga, per mera completezza, che in nessuna parte della
sentenza si afferma che il corrispettivo consistesse “solo” nel contributo
versato dall’ente, apprezzandosi invece la previsione e regolamentazione di un
corrispettivo (evidentemente da parte dell’ente), il che ontologicamente non
esclude l’esistenza di una plurima composizione del medesimo.
Infondato è anche il secondo motivo, con il quale si denuncia l’error in
procedendo per l’apparenza o l’apoditticità della motivazione. Anche questa
censura non trova accoglimento. Come già rilevato, la sentenza perviene alla
RGN 14793/2016
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L

di merito avrebbe escluso l’esecuzione del servizio di trasporto in concessione

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esclusione del rapporto concessorio esaminando la documentazione in atti e
ritenendo che da essa emerga un rapporto giuridico tra ente conferente e
società esercente il servizio pubblico di autotrasporto inquadrabile nell’appalto.
Trattasi dunque con evidenza di un giudizio di fatto. Rispetto ad esso tutte le
critiche mosse dalla Amministrazione pretendono, inammissibilmente, di
censurare la motivazione denunciandone una inesistenza, che è

dal che si desume, sotto il profilo logico, che essa è esistente ancorchè non
coincidente, nell’argomentare, con la ricostruzione dei rapporti e con le
conclusioni che l’Amministrazione vorrebbe.
Tenendo conto delle censure in concreto rivolte alla sentenza, deve
pertanto affermarsi che il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni:
perché è erroneamente invocata la violazione dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.,
laddove, per quanto già prima chiarito, non di omissione di pronuncia si tratta,
ma di una ricostruzione dei fatti, resa dal giudice tributario, criticata nel merito
dalla ricorrente Amministrazione; perché è insindacabile in sede di legittimità
l’apprezzamento di merito operato dal giudice sulla base dei fatti e degli atti
disponibili; perché, se anche la censura fosse stata ricondotta nell’alveo del n.
5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., essa avrebbe superato il perimetro dei
vizi di motivazione contestabili a seguito della riforma introdotta dall’art. 54 del
d.l. n. 82 del 2012, convertito con modificazioni dalla I. n. 134 del 2012, ormai
limitata all’omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di
discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della
controversia.
Inammissibili infine sono tutti gli altri motivi di ricorso, che sotto più profili,
anche ridondanti, invocano la nullità della sentenza per violazione e falsa
applicazione di norme (terzo, quinto, sesto e settimo motivo) o errores in
procedendo (quarto motivo), poiché si tenta di introdurre, mediante
l’invocazione di diritto o errori processuali, una critica sulla ricostruzione dei
fatti resa dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in sede di
legittimità se non nei limiti appena chiariti e comunque denunciando la
violazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.
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Rf) F7lerici

inequivocamente contraddetta proprio dalle plurime critiche al suo contenuto,

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In conclusione l’intero ricorso della Amministrazione è infondato e va
rigettato.

Le conclusioni appena enunciate assorbono l’unico motivo formulato dalla
contribuente nel ricorso incidentale, proposto infatti in via subordinata ove non

All’esito della controversia la ricorrente va condannata alla rifusione delle
spese processuali sostenute dalla contribuente, che si liquidano nella misura
specificata in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale,
condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore della Autoservizi
F.V.G. s.p.a – SAF delle spese di causa, che si liquidano in C 4.200,00, oltre
spese forfettarie nella misura del 15%, nonché accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il giorno 8 novembre 2017.

rigettato il ricorso principale.

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