Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22439 del 26/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 26/09/2017, (ud. 20/04/2017, dep.26/09/2017), n. 22439
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12766-2016 proposto da:
COMUNE DI CASTEL D’AZZANO, – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO
TRIESTE 155, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PECORILLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CHIARELLO;
– ricorrente –
contro
VALLICELLA MARIA ELENA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.
AVEZZANA 3, presso lo studio dell’avvocato STITANO FIORENTINI, che
la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato
RICCARDO FERRARI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1723/15/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DI VENEZIA SEZIONE DISTACCATA DI VERONA, depositata il
16/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, il comune di Castel d’Azzano (VR) impugnava la sentenza della CTR del Veneto, relativa ad un avviso d’accertamento ICI per il 2007 dovuta su terreni posseduti dalla contribuente, che erano stati ripresi a tassazione perchè inseriti come aree edificabili mediante l’adozione di una variante al piano regolatore del consiglio comunale n. 11 del 6.5.2002, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 nonchè dell’art. 3, comma 3 del regolamento per l’applicazione dell’ICI del Comune di Castel d’Azzano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto l’illegittimità dell’atto impositivo ritenendo che vi fossero i presupposti per la tassazione dei terreni oggetto di controversia come agricoli, e non come aree edificabili, come ritenuto dal comune impositore, ai sensi del regolamento ICI di Castel d’Azzano, di cui in rubrica.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Nel caso di specie, la CTR ha reintepretato l’art. 3 del Regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili del comune di Castel d’Azzano, il quale al comma 3 lett. d) fissava tra i requisiti per considerare come agricoli – e, quindi, suscettibili d’agevolazione fiscale – i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, anche quello relativo al reddito prodotto dall’attività agricola da parte del soggetto contribuente e dai componenti del nucleo familiare che doveva essere pari al 70% “del reddito complessivo imponibile Irpef determinato per l’anno precedente” e non, invece, come ritenuto dai giudici d’appello, mediante la predetta “reintepretazione” del testo regolamentare, “del reddito effettivamente percepito come corrispettivo del lavoro agricolo che può essere rilevato a dal volume d’affari IVA o dalla dichiarazione IRAP”.
Infatti, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 tutela la potestà regolamentare dei comuni in materia di agevolazioni e esenzioni delle imposte locali, quali entrate “proprie” degli stessi, demandando alla loro autonomia normativa la fissazione dei requisiti per beneficiare delle predette agevolazioni; nel caso di specie, il comune in questione, per riconoscere l’agevolazione, oggetto del presente giudizio, aveva normativamente fissato un requisito soggettivo e cioè, la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo che esplicano la loro attività a titolo principale, e tale requisito deve essere riscontrato dall’iscrizione negli appositi elenchi, con obbligo di assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia, nonchè un requisito reddituale, che prevede che il lavoro effettivamente dedicato all’agricoltura da parte del soggetto passivo e dei componenti il nucleo familiare doveva fornire un reddito pari al 70% del reddito complessivo imponibile Irpef determinato per l’anno precedente.
La CTR, invece, ha reinterpretato il chiaro dato normativo avendo fatto riferimento al concetto di “reddito effettivo” che non è, invece ricompreso tra i parametri valutativi della disposizione regolamentare.
La sentenza va, pertanto, cassata e la causa rinviata alla Commissione tributaria regionale del Veneto sezione di Verona, in diversa composizione, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia, con riguardo alla dichiarazione dei redditi presentata per l’anno in contestazione dal contribuente, che alle pp. 3 e 4 del controricorso sembrerebbe far ritenere sussistente il requisito reddituale anche secondo la previsione del regolamento comunale.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2017