Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22437 del 09/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 09/09/2019), n.22437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5663-2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO ALBERTO MATTANA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 8164/2017 del TRIBUNALE di CAGLIARI,

depositato il 05/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE

LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Cagliari del 5.1.2018, reiettivo del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

– che il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, per non avere il Tribunale, pur in assenza della disponibilità della videoregistrazione dell’audizione dell’odierno ricorrente da parte della Commissione territoriale, proceduto all’audizione della parte;

– che il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 35-bis, comma 13, in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., per avere il giudice di merito deciso sulla domanda avanzata dall’odierno ricorrente in mancanza delle COI;

– che il primo motivo è manifestamente infondato, avendo in tema di protezione internazionale questa Corte chiarito – nell’enunciare il principio secondo cui, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente disporre lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti – che l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza di comparizione, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, non comporta automaticamente la necessità di dar corso alla audizione del richiedente (cfr. Cass., Sez. I, 5 luglio 2018, n. 17717; 13 dicembre 2018, nn. 32318 e 32319; Cass. 31 gennaio 2019, n. 2817; ed altre);

– che tale affermazione trova conforto nella giurisprudenza comunitaria, la quale, pronunciandosi in ordine all’interpretazione degli artt. artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32/CE del 26 luglio 2013, ha precisato che l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità incaricata di procedere all’esame della stessa, e non si applica pertanto nei procedimenti d’impugnazione, in quanto l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente dall’art. 46, par. 3, della direttiva dev’essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura d’impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale dev’essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE, 26 luglio 2017, in causa C – 348/16, Moussa Sucko);

– che il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo il decreto impugnato precisato le fonti da cui trae il suo convincimento ed ampiamente accertato la situazione del paese di provenienza, mentre il motivo di ricorso resta generico, senza affatto sottoporre a censura l’argomentazione del decreto, onde il motivo si risolve nella sottoposizione alla Corte di un’inammissibile questione di fatto;

– che non occorre provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019

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