Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22436 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18398-2019 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LEONARDO BARDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;

– intimato –

avverso il decreto n. 3939/2019 del TRIBUNALE di MILANO, depositato

il 26/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, A.K., cittadino del Ghana, ha adito il Tribunale di Milano- Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

il ricorrente, proveniente da Dormaa Ahenkro in Ghana, di etnia bono e religione cristiana, aveva riferito che il 4/12/2013 stava bruciando nel suo terreno alcune cose che non gli servivano più quando era divampato un incendio che aveva bruciato le case dei vicini; di essere subito fuggito prima ad Accra e poi in Libia; di temere la vendetta dei vicini e l’arresto;

con decreto del 26/4/2019 comunicato il 9/5/2019 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria;

avverso il predetto decreto ha proposto ricorso A.K., con atto notificato il 8/6/2109, svolgendo tre motivi e l’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita;

è stata proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 3 80-bis c.p.c..

ritenuto che:

con il primo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a) e b), perchè non era stata fissata udienza per l’audizione del richiedente asilo pur ricorrendo entrambi i presupposti per la sua fissazione, ossia l’indisponibilità della videoregistrazione dell’audizione in sede amministrativa e l’impugnazione si fondava su elementi non dedotti nel corso del procedimento dinanzi alla Commissione territoriale;

il motivo appare manifestamente infondato perchè non pertinente e specifico rispetto a quanto riportato a pagina 5 del decreto impugnato, da cui risulta che l’udienza è stata fissata e il ricorrente è stato sentito, per giunta dando analiticamente atto anche delle dichiarazioni da lui rese;

con il secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 10 Cost.;

con il terzo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, e trattato congiuntamente il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti;

con entrambi i motivi il ricorrente lamenta la mancata considerazione della situazione di instabilità socio-politica del Paese di provenienza e della condizione di vulnerabilità che caratterizzava il richiedente asilo;

il secondo motivo (violazione di legge) si connota per la deduzione del tutto generica della censura, comunque non pertinente alla ratio decidendi (basata sul giudizio di non credibilità del richiedente: pagg.6-7 del provvedimento impugnato) e riversata nel merito (Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, n. 33096 del 20/12/2018, Rv. 652571 – 01);

il terzo motivo (omesso esame fatto decisivo) si risolve in una critica di merito in assenza di rituale individuazione del fatto storico asseritamente non esaminato (Sez. un., 07/04/2014, n. 8053; Sez. un., 22/09/2014, n. 19881; Sez. un., 22/06/2017, n. 15486);

inoltre il Tribunale milanese, dopo aver escluso la credibilità del racconto del richiedente agli effetti della protezione sussidiaria su base individuale, ha valutato specificamente sia la situazione di esposizione dei civili a gravi rischi di violenza indiscriminata derivanti da conflitto armato interno, sia la situazione di vulnerabilità personale soggettiva, escludendole entrambe; ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, senza condanna alle spese in difetto di costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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