Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22434 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18302-2019 proposto da:

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 10,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE BOCCONGELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositato il

07/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, depositato il 30/3/2018, Z.M., cittadino della Nigeria, ha adito il Tribunale di L’Aquila – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UIC, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

il ricorrente proveniente da Agbor, Delta State, Nigeria, aveva riferito di essere stato costretto a lasciare il proprio Paese a seguito della morte della mamma, uccisa dal padre durante un rituale che costui voleva ripetere anche su di lui;

con decreto del 7/5/2019 notificato in pari data, il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria, a spese compensate; avverso il predetto decreto ha proposto ricorso Z.M., con atto notificato il 6/6/2019, svolgendo unico motivo e l’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita;

dopo la proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

ritenuto che:

con il motivo il ricorrente lamenta violazione delle norme di diritto regolanti la protezione internazionale e difetto e contraddittorietà della motivazione;

il motivo appare totalmente generico e riversato nel merito e oltretutto è completamente privo di specifiche indicazioni delle norme di diritto asseritamente violate e tantomeno delle ragioni della ravvisata violazione;

il vizio motivazionale del provvedimento impugnato è stato dedotto con riferimento alla pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, anzichè l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” mentre al presente procedimento si applica il testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134;

la non riconducibilità dell’episodio narrato dal richiedente asilo ad una ipotesi di atto persecutorio e l’esclusione della sussistenza di una situazione del Paese di origine di un rischio di esposizione indiscriminata dei civili a danni gravi scaturenti da conflitto armato interno sono state contestate dal ricorrente in modo sommamente generico, esprimendo semplicemente il proprio dissenso dalle valutazioni formulate dal giudice del merito;

con la memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c. il ricorrente ha lamentato il fatto che il Tribunale si fosse basato per escludere l’esistenza nella regione di provenienza del richiedente asilo di una situazione di conflitto armato interno o del rischio di esposizione a gravi danni o trattamenti inumani o degradanti sulle informazioni contenute in un non meglio precisato “rapporto COI”, così incorrendo in violazione di legge per la genericità del richiamo alle fonti informative utilizzate, non debitamente citate;

il ricorrente si richiama quindi all’orientamento di questa Corte, secondo il quale il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione. (Sez. 1, n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130 – 01; Sez. 2, n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 – 01; Sez. 1, n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559 – 01; Sez. 1, n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01);

la predetta censura è stata tuttavia proposta tardivamente solo con la memoria illustrativa di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, inidonea a sanare con integrazioni e aggiunte i vizi genetici dell’atto di impugnazione e la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’art. 378 c.p.c., sussistendo identità di ratio – è solo quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Sez. 2, n. 30760 del 28/11/2018, Rv. 651598 – 01; Sez. 2, n. 24007 del 12/10/2017, Rv. 645587 – 01; Sez. 1, n. 26332 del 20/12/2016, Rv. 642766 – 01);

non convince il tentativo del ricorrente di attribuire alla memoria una funzione meramente esplicativa della censura che sostiene già formulata con il ricorso introduttivo grazie alla citazione della pronuncia n. 11312 del 26/4/2019 di questa Corte;

questa citazione infatti si risolve nel richiamo di un principio di diritto non accompagnato dalla debita e puntuale illustrazione dell’addebito mosso al provvedimento impugnato, che avrebbe invece preteso l’indicazione specifica di come e per quali ragioni la pronunciata impugnata aveva violato o falsamente applicato la norma di legge;

è quindi carente nel ricorso introduttivo la doglianza tardivamente formulata circa la mancata citazione della fonte informativa da cui erano state tratte le informazioni utilizzate e la conseguente impossibilità di una verifica del loro contenuto;

anche in punto di protezione umanitaria il ricorrente si limita a dissentire del tutto genericamente dalle valutazioni del Tribunale circa l’insussistenza di una condizione di personale vulnerabilità e di un concreto percorso di integrazione nel territorio nazionale, non ravvisabile nello svolgimento pregresso di attività di volontariato e della frequenza di un corso di base di lingua italiana;

ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, senza condanna alle spese in difetto di costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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