Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22430 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 04/11/2016, (ud. 12/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2394-2013 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, in persona del Responsabile Area Territoriale di

(OMISSIS) e legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA GERMANICO 197, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA

NAPOLEONI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PISELLI

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

RIETI INFORMATICA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e

in quanto tale legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 102, presso lo studio

dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 250/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 28/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza n. 250/21/12 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto nei confronti di Equitalia Gerit SPA dalla società Rieti Informatica SRL, già Intecs Sistemi SRL, avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto l’impugnazione dell’intimazione di pagamento n. (OMISSIS), con cui era stato richiesto il pagamento della somma di Euro 608.944,02, relativo a cartella di pagamento notificata il 28.12.06, divenuta definitiva per mancata impugnazione.

2. Secondo la CTR la notifica della cartella di pagamento, atto presupposto, non era stata eseguita in maniera regolare, in quanto il messo notificatore, oltre ad affiggere l’avviso nella casa comunale avrebbe dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, inviare alla società avviso di deposito con raccomandata con ricevuta di ritorno e ciò non era avvenuto. La CTR riconosceva inoltre che la carenza di motivazione dell’avviso di intimazione.

3. Il concessionario alla riscossione propone ricorso per cassazione nei confronti della società Rieti Informatica SRL in liquidazione, già denominata Intecs Sistemi SRL, su due motivi, corredato da memoria ex art. 378 c.p.c.; la contribuente replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Il ricorrente lamenta l’errata attribuzione di un difetto alla notifica della cartella di pagamento, atto presupposto: si duole che la CTR abbia ritenuto che, per la regolarità della notificazione dell’atto, il messo notificatore, oltre ad affiggere l’avviso alla casa comunale, avrebbe dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, inviare alla società l’avviso di deposito con raccomandata con ricevuta di ritorno.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la nullità della sentenza per carenza assoluta ovvero apparenza della motivazione dell’atto di intimimazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 sulla motivazione per relationem degli atti tributari.

2.1. Il primo motivo è inammissibile.

2.2. Come già affermato da questa Corte “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.” (Cass. sent. n. 8315/2013).

2.3. Con riferimento alla fattispecie notificatoria è opportuno ricordare che, con consolidata giurisprudenza, questa Corte ha più volte ribadito che la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perchè questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perchè risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune (Cass. nn. 14030/2011, 27677/2013, 24260/2014): pertanto, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario nel comune ove è situato il domicilio fiscale del contribuente, senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non sia un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune e che ricorra una irreperibilità assoluta, le modalità da seguire sono quelle di cui all’art. 140 c.p.c..

2.4. Da tali principi si evince che la ricorrenza della attestazione di irreperibilità non è dirimente per valutare la corretta individuazione della modalità seguita, essendo necessario comprendere dalla complessiva attività svolta ed attestata dal soggetto notificatore se l’irreperibilità corrisponde ad una temporanea assenza, rendendo doverosa l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 140 c.p.c., ovvero – all’esito delle prescritte ricerche – ad una irreperibilità assoluta, alla quale consegue l’applicazione della disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e.

2.5. Passando al caso in esame, pur volendo superare un palese difetto di autosufficienza del motivo, dovuto alla mancata trascrizione integrale della notificazione nel ricorso, va considerato che la doglianza, articolata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, pone come suo presupposto il fatto consistente nella avvenuta attestazione di irreperibilità assoluta della società da parte del messo notificatore, fatto che, al contrario, non solo non è stato così accertato nel giudizio, ma risulta implicitamente escluso proprio dalla statuizione della CTR in merito alla necessità di invio dell’avviso di deposito a mezzo raccomandata presso la sede della società, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., e ciò senza che alcuna censura venga svolta sul piano motivazionale, come sarebbe stato corretto gìacchè si palesa una evidente discrasia nella ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze processuali assunta data parte per fondare la doglianza e quanto statuito dalla CTR.

2.6. La censura quindi non coglie nel segno in quanto si fonda su un fatto, la irreperibilità assoluta della società, che non è stato accertato in sentenza.

2.7. L’esame del secondo motivo è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità del primo.

3.1. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte di cassazione, rigetta il ricorso per inammissibilità del primo motivo, assorbito il secondo;

condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di Euro 7.500,00, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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