Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2243 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/02/2021, (ud. 20/11/2020, dep. 02/02/2021), n.2243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24490/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

SPINELLI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa per procura speciale dagli Avv.ti Sara

Armella e Maria Antonelli, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultima in Roma, piazza Gondar, n. 22;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 83/13/2012, depositata il 30 luglio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 novembre

2020 dal Consigliere Dott. Michele Cataldi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate, vista la L. 25 gennaio 2006, n. 29, ha proceduto ad accesso, presso la sede della Spinelli s.r.l., volto alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione, a favore di quest’ultima, dell’agevolazione fiscale in materia di investimenti effettuati in Comuni colpiti da eventi calamitosi, di cui al D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5-sexies, convertito dalla L. 21 febbraio 2003, n. 27, che ha prorogato per determinate imprese i benefici previsti dalla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 4, comma 1, ed è stata dichiarata della decisione della Commissione Europea 20 ottobre 2004, n. 2005/315/CE, aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, fatti salvi i singoli aiuti concessi nella misura in cui non superino il valore netto dei danni effettivamente subiti da ciascuno dei beneficiari a causa degli eventi calamitosi di cui al predetto D.L. n. 282 del 2002, art. 5-sexies, tenuto conto degli importi ricevuti a titolo di assicurazione o in forza di altri provvedimenti.

All’esito della verifica, l’Ufficio, ritenuto che non sussistessero in radice i presupposti della predetta agevolazione, della quale la contribuente si era avvalsa, ha emesso avviso d’accertamento, relativo all’anno d’imposta 2003, con il quale ha determinato di conseguenza la maggiore Irpeg, contestualmente irrogando la sanzione per l’indebito utilizzo dello stesso beneficio.

2. La contribuente ha proposto ricorso avverso l’atto impositivo e sanzionatorio dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Genova, che lo ha accolto solo in parte, annullando le sanzioni irrogate, rigettandolo per il resto.

Proposti appello principale dall’Ufficio ed incidentale dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Liguria, con la sentenza n. 83/13/2012, depositata il 30 luglio 2012, ha rigettato entrambi.

L’Amministrazione ha quindi proposto ricorso principale, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza d’appello, e la contribuente si è costituita con controricorso, introducendo altresì ricorso incidentale, affidato a sette motivi.

La controricorrente ha inoltre depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso principale, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5 e 6; del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 8, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, per avere il giudice a quo ritenuto inapplicabili le sanzioni irrogate alla contribuente, erroneamente ritenendo sussistente l’esimente delle obbiettive condizioni d’incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie rilevanti nel caso di specie.

2. Con il secondo motivo di ricorso principale, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vigente ratione temporis in relazione alla data di deposito della sentenza impugnata, l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla ricorrenza fattuale dei presupposti dell’obbiettiva condizione di incertezza normativa, rilevanti ai fini della ritenuta esimente in materia di sanzioni.

3. Appare opportuno premettere alla trattazione dei due motivi di ricorso principale, ammissibili, quella del secondo motivo di ricorso incidentale della contribuente, il cui eventuale accoglimento sarebbe potenzialmente assorbente sia dei motivi del ricorso principale che di quelli ulteriori di ricorso incidentale.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, infatti, la contribuente censura la sentenza impugnata per la violazione della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, avendo il giudice a quo erroneamente escluso che l’atto impositivo e sanzionatorio impugnato fosse nullo per violazione del contraddittorio, sebbene, all’esito dell’accesso presso i locali della contribuente, non sia stato redatto e consegnato alla parte privata alcun processo verbale di constatazione, e nonostante la notifica dell’accertamento sia intervenuta comunque prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dalla data dello stesso accesso, previsto dal ridetto L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Nè, assume la ricorrente incidentale, l’omesso rispetto del termine dilatorio potrebbe essere giustificata, come invece argomentato dalla CTR, dalla circostanza che l’accesso presso i locali della contribuente sarebbe stato soltanto “mirato (…) per appurare la sussistenza dei requisiti di legge per ottenere l’agevolazione”, e non si sarebbe risolto in una più ampia attività di verifica vera e propria, con la conseguenza che la denunciata violazione del contraddittorio si sarebbe esaurita piuttosto in un “semplice mancato rispetto formale di una procedura”.

Il motivo, che attinge a monte la validità dell’atto impositivo nel suo complesso, è fondato e va accolto.

Deve premettersi che le medesime censure in rassegna sono state proposte dalla contribuente nel ricorso introduttivo e nell’appello incidentale, come risulta non solo dalla sentenza impugnata, ma dallo stesso ricorso principale erariale.

Deve inoltre darsi atto che sono incontestati (ed anzi concordemente riportati dalle parti) i dati fattuali e cronologici rilevanti ai fini della decisione del motivo, ovvero che in data 31 ottobre 2006 vi è stato (e si è esaurito) accesso dell’Agenzia presso i locali della contribuente; e che in data 11 dicembre 2006 è stato notificato a quest’ultima il controverso accertamento. Non è quindi in discussione che tra le due attività dell’Ufficio sia intercorso un numero di giorni (41) inferiore a quello (60), dettato come termine dilatorio dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Non è neppure controverso che l’avviso di accertamento in questione rientri tra gli atti che, ove preceduti dall’accesso, siano compresi nella portata della norma in questione, della quale la sentenza impugnata ha infatti escluso l’applicazione non in relazione alla natura dell’atto impositivo infine emesso, ma in considerazione della ritenuta ridotta rilevanza delle operazioni “mirate” eseguite dall’Amministrazione presso la contribuente, che non integrerebbero il presupposto della “verifica”.

Tuttavia, questa Corte ha già avuto occasione di precisare che ” In tema di verifiche fiscali, la regola in base alla quale l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, si applica anche nel caso di accessi brevi finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni, sia perchè, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autoritativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato art. 12″ (Cass. 21/11/2018, n. 30026). Per le medesime ragioni si è poi ribadito che: “In tema di accertamento, la garanzia del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, quale espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente, si applica anche agli accessi cd. istantanei, ossia quelli volti alla sola acquisizione della documentazione posta a fondamento dell’accertamento, sicchè, anche in detta ipotesi, è illegittimo, ove non ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’atto impositivo emesso “ante tempus”.” (Cass. 12/04/2019, n. 10388, conformi Cass. 17/04/2015, n. 7843 e Cass. 11/05/2017, n. 11613).

Pertanto, nel caso di specie, nè la circostanza che l’accesso si sia esaurito in solo giorno, nè la natura “mirata” (rispetto al fine di verificare la sussistenza o meno dei presupposti dell’agevolazione) e di acquisizione documentale dell’attività svolta presso i locali della contribuente sono idonei ad escludere l’applicabilità del termine dilatorio in questione, alla cui violazione consegue necessariamente la nullità dell’atto impositivo.

Infatti, nel caso di specie si verte in materia di accertamento non “a tavolino”, ma a seguito di un accesso, e, come questa Corte ha già chiarito, ” In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.” (Cass. 15/01/2019, n. 701, conforme Cass. 11/09/2019, n. 22644).

Peraltro, con riferimento ai tributi, quale l’Irpeg, non armonizzati, questa Corte aveva comunque già affermato che ” In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali nei propri locali, la nullità per violazione del termine dilatorio, prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per i tributi non armonizzati, non è subordinata alla cd. prova di resistenza, a differenza di quanto richiesto per i tributi armonizzati: tale maggior grado di tutela è costituzionalmente legittimo perchè in piena armonia con il principio della massimazione delle tutele, che consente ad un singolo ordinamento di apprestare livelli di protezione di un diritto fondamentale – nella specie quello al contraddittorio (endoprocedimentale) – rispetto a quelli garantiti dal sistema Eurounitario per i tributi non armonizzati.” (Cass. 25/01/2017, n. 1969).

3.1. L’integrale caducazione per invalidità dell’atto impugnato dalla contribuente, con il venir meno dell’accertamento della violazione della norma tributaria nella quale si sostanzia la condotta sanzionata, incide direttamente anche sulla contestuale irrogazione delle sanzioni correlate al tributo, assorbendo pertanto i motivi di ricorso principale dell’Amministrazione.

Giova peraltro aggiungere che comunque la nullità dell’accertamento impugnato si estende anche alle sanzioni correlate al tributo cui si riferiscono ed irrogate, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, in deroga alle previsioni del precedente art. 16, senza previa contestazione e ” con l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità”.

Ed invero il rinvio effettuato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, all’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo cui le sanzioni sono correlate conduce, nel caso di specie, all’applicazione, per quanto qui interessa, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e dell’invalidità conseguente alla sua violazione, anche al contestuale atto di irrogazione delle sanzioni.

Non contrasta con tale conclusione la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale:” In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’irrogazione della sanzione amministrativa (nella specie D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 8, comma 3-bis), non è assoggettata al termine dilatorio di sessanta giorni, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per gli atti di natura impositiva, trovando, invece, applicazione la disciplina speciale di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, ove sono indicate le peculiari modalità con le quali viene garantito il principio del contraddittorio rafforzato.” (Cass. 09/05/2017, n. 11391; nello stesso senso Cass. 17/03/2020, n. 7380; arg. altresì da Cass. 22/07/2020, n. 15581, che in motivazione, parla di “formalità di anticipata contestazione e conseguente contraddittorio anticipato previsti dall’art. 16, invocato dalla contribuente”; sulla specificità del procedimento di contestazione, prima dell’irrogazione, di cui all’art. 16, cfr. altresì Cass. 15/07/2015, n. 14848, in motivazione).

Infatti, tale orientamento ha per oggetto un atto di contestazione, che si inserisca nel contesto del procedimento per l’irrogazione di sanzioni amministrative tributarie di sanzioni disciplinato nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16. All’interno di tale procedimento il legislatore ha già disegnato, con norme speciali, uno specifico spazio di contraddittorio con il contribuente, preventivo – rispetto all’eventuale successiva irrogazione delle sanzioni- ed anche rafforzato, con la conseguenza che ad esso non è applicabile la disciplina del contraddittorio dettata in generale dallo Statuto del contribuente.

Dunque il contraddittorio, rafforzato, è disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, come posteriore all’atto di contestazione, ma preventivo rispetto al successivo atto che incide effettivamente sui diritti del contribuente, ovvero l’eventuale ulteriore atto di irrogazione delle sanzioni che l’Amministrazione emetta, “se del caso”, ai sensi della disposizione, comma 7, (salvo che lo stesso contribuente, dopo la contestazione, non abbia prodotto deduzioni difensive, ovvero non abbia utilizzato la facoltà di contraddittorio conferitagli, nel qual caso soltanto “l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione”, ai sensi del predetto art. 16, comma 4, ultimo periodo).

Invece, quando, come nel caso di specie, le sanzioni siano direttamente irrogate con atto contestuale all’avviso di accertamento, l’espressa deroga del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, alla disciplina speciale del precedente art. 16, esclude l’applicabilità del contraddittorio, preventivo e rafforzato, garantito da quest’ultima disposizione (cfr. Cass. 22/07/2020, n. 15581, in motivazione), cui sostituisce, in quanto compatibili, le disposizioni che regolano il procedimento di accertamento dello specifico tributo cui le sanzioni siano correlate.

4. Per effetto dell’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale, restano assorbiti, oltre ai motivi di ricorso principale, anche tutti gli ulteriori motivi di ricorso incidentale.

5. Accolto il secondo motivo di ricorso incidentale, la sentenza impugnata va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso introduttivo della contribuente.

6. Le spese del merito si compensano e quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbiti i restanti; dichiara assorbiti i motivi del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

 

 

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