Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22428 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 04/11/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 04/11/2016), n.22428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19990-2010 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliata in ROMA VIA POSTUMIA

1, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO MICHELI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GRAZIELLA CALDO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2010 della COMM.TRIB.REG. del Piemonte,

depositata il 21/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per la ricorrente l’Avvocato AMBROSETTI per delega orale

dell’Avvocato CALDO che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

B.E., avvocato, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale del Piemonte, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento della somma di complessivi Euro 1.180,50 a titolo di IRAP per l’anno di imposta 2003.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Deduce di aver esposto, sin dal primo grado di giudizio, di aver svolto la propria attività in qualità di avvocato presso lo Studio Tributario di Milano (sede di (OMISSIS)), in forza di contratto di collaborazione professionale, senza alcuna autonomia gestionale e men che mai decisionale. L’attività professionale veniva retribuita mediante la corresponsione di importi mensili fissi, aventi carattere forfetario – che prescindevano, pertanto, dalla quantità delle pratiche assegnate, dalla loro complessità e dal tempo necessario per seguirle – e non era prevista alcuna forma di partecipazione agli utili di studio, nè tanto meno alle perdite. I compensi professionali venivano percepiti previa fatturazione allo studio e mai direttamente al cliente. Le spese vive di volta in volta effettuate nell’ambito dell’attività professionale ed anticipate dalla ricorrente (per lo più riferibili a trasferte che la stessa doveva settimanalmente affrontare da (OMISSIS)), venivano integralmente rimborsate dalla struttura in sede di fatturazione (ove quindi figurava, oltre all’importo mensile fisso, anche la voce “spese rimborsabili”).

Sostiene la ricorrente che tali circostanze di fatto, documentate in atti, decisive per il giudizio, erano state ignorate o comunque disattese dalla C.T.R. senza adeguata motivazione.

Il motivo è fondato.

Il giudice di appello, nella motivazione della sentenza impugnata, ha rilevato che “dalla dichiarazione dei redditi presentata dalla ricorrente per l’anno 2003, risulta un reddito imponibile di Euro 29.419, spese rimborsate dallo studio per Euro 22.391, spese non rimborsate per Euro 1.505, spese per ammortamenti e acquisti beni per Euro 432, consumi per Euro 90”. Ha quindi concluso che “gli elementi sopra evidenziati (spese sostenute, l’uso di beni strumentali, la sistematicità, la ripetitività, regolarità e sistematicità della attività) coordinati dall’interessata per offrire prestazioni professionali, dimostrano l’esistenza di un’autonoma organizzazione finalizzata alla produzione di reddito”.

A fronte delle specifiche deduzioni formulate dalla contribuente e dei documenti (contratto di collaborazione professionale e fatture) prodotti in atti, la C.T.R. ha omesso di esaminare la natura del rapporto che legava la ricorrente allo studio professionale ed i caratteri che connotavano l’attività dalla stessa prestata; ha omesso, altresì, di valutare la dedotta circostanza che la quasi totalità delle spese dichiarate costituiva rimborso di spese anticipate dalla ricorrente e poi dallo studio rifuse in fattura. L’esame di tali fatti – decisivi al fine di verificare se la contribuente, nell’anno di imposta in considerazione, abbia svolto una attività “autonomamente organizzata” assoggettabile ad IRAP – avrebbe potuto determinare una decisione diversa da quella adottata dalla C.T.R., sicchè sussiste il vizio di motivazione dedotto dalla ricorrente.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli altri motivi di ricorso.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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